14 gennaio 2011

Garantismo svenduto

Una volta nella sinistra in Italia emergeva un’area di contestazione verso tutto ciò che poteva essere riferito al conformismo, alle tradizioni, ai valori nazionali. Negli ambienti liberali si seguiva con interesse la demolizione dei luoghi comuni, delle ritualità e si comprendevano persino le ragioni di una necessità rivoluzionaria che sbloccasse le rendite di posizione, le caste, i baronati, gli abusi e le discriminazioni.

Nel distinguersi, si pensava alla sinistra come a uno spazio in cui si formavano gli opportunisti e si strumentalizzavano le carenze e le necessità delle popolazioni, e dove si cavalcavano i bisogni ed i diritti negati per trarne vantaggi politici o sindacali. In molte circostanze, si è pensato che la sinistra coltivasse il malessere per poterlo canalizzare in politica e sfruttarlo. Ricordiamo il “tanto peggio, tanto meglio” di Togliatti. In tanti pensavano che la sinistra italiana fosse diretta da centrali di controinformazione internazionale, per minare la compattezza dell’occidente libero, e che, nel periodo della guerra fredda, la sinistra comunista lavorasse per favorire le mire imperialiste dell’espansionismo sovietico.

Le sintesi, però, portavano anche a pensare che, piuttosto per opportunità e non per scelta, la sinistra fosse inconsapevole portatrice di alcune ricette dell’anticonformismo istituzionale e del disconoscimento di qualsivoglia tentativo di introduzione di gestione di poteri assoluti da parte di servizi o di ordinamenti dello Stato (polizia, magistratura, finanza, editoria).

Si è pensato che la sinistra prestasse grande attenzione verso tutte quelle garanzie che nelle democrazie liberali sono a presidio dell’imparzialità della gestione dei poteri nell’ambito della vita civile dei cittadini. E dalla percezione di una sinistra garantista, emergeva anche quella di pensare che fosse contraria, per scelta, per opportunità, per formazione, per principio, all’ordinamento giurisdizionale inteso come una casta autonoma, priva di riferimenti con la società, di assonanza con il senso comune e di collegamenti con il sentimento popolare.

La sinistra fino all’inizio degli anni 90 ha usato il garantismo giudiziario come un proprio distintivo di riconoscimento. Mai la sinistra avrebbe acconsentito, senza gridare al complotto, che un Organo Istituzionale, quantunque supremo come la Corte Costituzionale, potesse sottomettere la politica e le scelte del Parlamento al giudizio e alle limitazioni di un servizio dello Stato, benché autonomo.

Dinanzi al ribaltamento dei principi, però, non può reggere solo l’antagonismo a Berlusconi, come alcuni provano a sostenere. Non si può, infatti, oggi in Italia pensare di rispolverare i principi del male assoluto che giustifichino le soluzioni assolute. La democrazia ha ragione di essere se la sovranità popolare mantiene la sua supremazia e se il Parlamento, espressione del popolo, abbia facoltà di legiferare senza subire ipoteche e ricatti.

Non è pensabile una democrazia ove un magistrato, se non gli va bene una legge, si rivolge alla Consulta - dove sa che c’è una maggioranza che è espressione politica contraria a quella che ha approvato la legge - per farla cassare. Non può che destare inquietudine un Organo Istituzionale che si cimenti a mettere sotto tutela il Parlamento.

E’ cambiata la sinistra o è mutato lo scenario politico? Sono cambiati i personaggi o è mutata la strategia della sinistra, dopo aver acquisito il controllo del potere giudiziario?

E’ evidente che il presunto garantismo della sinistra sia stato svenduto. La sinistra riscuote un’attività distratta e assolutoria per la sua parte, che diventa, invece, inquisitoria e intimidatoria verso gli avversari politici, e ricambia con l’azione di freno verso ogni tentativo di riforma dell’amministrazione giudiziaria. E’ almeno dal famoso decreto Biondi del 1994 che ogni tentativo di intervenire su temi che riguardino la giustizia e il ruolo dei magistrati e ogni tentativo di modificarne i privilegi, di intervenire sulle carriere, di modificare l’impianto organizzativo della giustizia cozza contro una barriera formata dall’alleanza tra magistratura e sinistra.

“La Magistratura è la più grave minaccia allo Stato Italiano”. L’avrebbe detto D’Alema all’ambasciatore USA, stando a quanto rivelato da Wikeleaks. Peccato che per l’unica cosa verosimile detta dal leader PD ci sia stata poi la smentita!
Vito Schepisi

1 commento:

pfrassini ha detto...

Il riferimento alle vicende connesse al decreto Biondi 1994, è importante in quanto segnò l'incipit di un esecrabile modo di agire della Magistratura che, in quella occasione presentò sui media
quei quattro del pool di Milano, muniti di cartellonistica di contenuto avverso al decreto stesso
Il valente presidente Scalfaro non ebbe niente ad eccepire e purtroppo
seppur vivace, la reazione di Biondi e del Governo non si rivelò
adeguatamente perentoria, che si trattava di UNA GRAVE ED INDEBITA
INTERFERENZA dell'organo giudicante nei confronti di quello
legislativo.Poi c'è stato il triplice "Resistere" di quell'altro bel tomo di Milano