02 settembre 2010

Aspettando Godot



Samuel Beckett scrivendo la sua opera più nota aveva pensato di sottolineare quanto ci fosse di così insignificante e superfluo nella vita di ciascuno. Nella sua commedia si presentano situazioni in cui c’è chi aspetta un evento senza conoscerne le ragioni, senza comprenderne il significato ed ignorandone l’esito finale. In fin dei conti l’essenziale della vita si risolve sempre in quei pochi episodi che marcano l’esistenza di un uomo. La nascita e la morte, principalmente, e poi un’attesa più o meno lunga di un qualcosa che mai, in nessun momento, nei tempi e per le emozioni, sarà mai possibile stabilire con certezza.
Aspettando Godot nel pensiero dell’autore doveva essere una rappresentazione teatrale noiosa, perché non può che essere noiosa una storia che non interessa nessuno, e noiosa è anche la sensazione di attesa di un qualche episodio che non si sa quale sia e che si lascia far credere, invece, che possa dar significato a qualcosa. Come l’attesa per il discorso di Fini. In definitiva anche questa attesa è inutile e noiosa. Come per un discorso che appare scontato e che non risolverà niente, né allo stato dei fatti potrà risolvere niente. Ci sarebbe solo da prendere atto che si è rotto un rapporto di fiducia. Manca ora solo la lealtà di trarne le conseguenze e di arrivare alle conclusioni. L’opera di Beckett è di quelle che appartengono al cosiddetto “teatro dell’assurdo”. Noi aspettiamo Fini, ed in verità ci annoiamo. E se non è anche questo assurdo?
Dopo giorni di silenzio e d’attesa, come quella di Vladimiro e di Estragone, Fini non si è presentato agli appuntamenti estivi già presi, ed ancora tutti sono nell’attesa che arrivi. Anche perché c’è più di uno che qualche domanda da fargli ce l’ha.
Sulla scena Didi e Gogo aspettano Godot. Per la ripresa della vita politica italiana, tutti aspettano Fini. Tutti ne parlano. S’aprono discussioni su ogni ipotesi, alcune senza senso, altre oziose, muscolose ed inconcludenti. Tutti che discutono e che litigano, e si formulano le congetture più strane. C’è chi difende e chi attacca. Chi richiama al rispetto. Di che? Di cosa? Di chi? E poi c’è chi grida e c’è chi molla, chi minaccia e chi sorride, chi s’indigna e chi si lamenta. C’è anche l’immagine di “Pozzo” che arriva tenendo al guinzaglio il suo “Lucky”: ha le sembianze di un grande vecchio che governa le briglia delle sue bestie. Toh! Queste bestie perché hanno anche i lineamenti di chi dirige le caste!
Tutti sono così in attesa del niente, tutti sono come i personaggi di Didi e Gogo che aspettano che arrivi il signor Godot, senza sapere perché l’aspettano, né cosa si devono aspettare da lui. Ma non per questo rinunciano all’attesa.
Ed il nostro Godot arriverà a Mirabello. Sempre che venga! Non si sa mai! Beckett il suo Godot non l’ha fatto mai arrivare. Il commediografo ha solo acceso la nostra curiosità, facendocelo immaginare sotto più possibili sembianze: buono, severo, giusto, diverso, anche un po’diabolico.
Anche Fini mostra più facce a seconda delle sue ambizioni. Chissà se verrà!
Se Vladimiro ed Estragone , nella commedia, aspettano e discutono tra loro per la durata dei due atti, quasi per tutto uguali, sempre noiosi, mai rivelatori di nulla, sempre ansiosi di andare senza mai dire e sapere dove, l’onere, invece, di dover dar contenuto all’attesa, Beckett lo ha affidato al pubblico che ascolta. C’è stato così chi ha pensato che i personaggi sulla scena aspettassero il Signore, chi la morte, chi una vita migliore. Di certo non c’è chi ha pensato che aspettassero Fini. E non solo perché il Presidente della Camera al tempo, subito dopo l’ultima guerra, non era ancora nato, ma perché questi in qualcosa si dovrà pur materializzare. Non è il personaggio immaginario di una commedia. O che lo sia? Ma si materializzerà lo stesso!
E’ difficile, infatti, che l’ex leader di AN lasci tutto solo nell’immaginario. E’più facile, invece, che scenda nel pratico e che materializzi un progetto, uno scopo, un fine, una conclusione, un’ipotesi. Si pensa anche alla materializzazione di una esplicita richiesta. Il Presidente della Camera non sembra, infatti, uomo dai grossi tormenti esistenziali, alla Beckett. Lo si immagina, al contrario, piuttosto impegnato, con curiosità non solo subacquea, ad aspetti più materiali, alcuni anche un po’ troppo materiali. E se nella commedia Godot rappresenta un avvenimento che sembra urgente e non procrastinabile, ma che resta lontano e che non arriva mai fino alla fine, ci auguriamo che la commedia che, come italiani, ci interessa più da vicino abbia invece finalmente una fine.
Vito Schepisi

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