Come cambiano gli scenari politici a distanza di giorni!
Nella Direzione PD fino a qualche giorno fa era dato per certo che ci sarebbe stato un braccio di ferro tra Veltroni e D’Alema. Si parlava insistentemente, dopo il pizzino di La Torre a Bocchino in tv, di una sfida con strascichi e vittime che dovesse portare ad indebolire il marinaretto del PD. A conti fatti, invece, a dispetto di ciò che si diceva, scoppia quasi la pace tra i due. Solo schermaglie e l’accusa di una fusione mal riuscita. Insieme tornano ad essere come due coppie di gambe di un tavolo che si compattano sui quattro appoggi per reggere il confronto interno e lasciare tutto com’è, rimandando la resa dei conti alla prossima rissa.
Per la gestione della base, divisa tra i due contendenti, se cadesse il primo, cadrebbe anche il secondo e viceversa. E se cadessero insieme, con loro, ad un pezzo alla volta, cadrebbe tutto il PD, come un domino, come un instabile castello di carte.
C’è la consapevolezza tra i due che le responsabilità politiche, soprattutto sulla questione morale, sono equamente distribuite e che, per la presenza dei fuochi incrociati già pronti ad alzo zero, a nessuno conviene liberarsi dell’altro, pena il rischiare di proprio.
La linea nuova, la tutela di Veltroni attraverso una direzione condivisa, che in tanti speravano che emergesse risulta, invece, perdente. La partita non viene neanche giocata per l’impraticabilità del campo. Solo le dimissioni, subito rientrate, del ministro ombra Chiamaparino. Arretrano così le proposte dello stesso sindaco di Torino e di Cacciari per un PD che acquisti una sua fisionomia riformista, che si smarchi da Di Pietro e dalle scorie populiste, per rilanciare nuove proposte, a partire dal partito federale. Si allontanano le speranze di fornire il PD di un progetto politico e gli auspici di veder avviare un serio confronto propositivo con la maggioranza di centrodestra per una stagione di riforme, quanto mai necessarie al Paese.
Il PD, stordito dalla questione morale, indebolito ed attaccato sulle fasce laterali, decide di non potersi permettere di doversi anche difendere dalle incursioni del centravanti di sfondamento Di Pietro che, proprio sulla questione morale, incalza il PD, come un avvoltoio che girandogli attorno bracca la sua preda in agonia.
I nemici per il PD sono sempre gli stessi: la maggioranza del Paese ed il Governo di Berlusconi.
L’avversario, invece, di questa fusione mal riuscita, come sostiene D’Alema, resta il buonsenso: un avversario che viene regolarmente battuto.
Il discorso di Veltroni è sembrato più un arringa difensiva che il rilancio di un’azione politica: “C’è un’offensiva politica contro il PD” – ha sostenuto - perché è la vera alternativa possibile al centrodestra. “Indietro non si torma - Sarebbe un suicidio”. I toni sembrano quelli del richiamo all’orgoglio di partito, come se il loro fosse il fortino dei buoni, accerchiato dai nemici cattivi.
Si consolida la sensazione della volontà di difesa di una scelta già fatta da cui non si possa più indietreggiare. La sensazione è del volersi arroccare intorno ad inesistenti valori di riferimento da consolidare. Tutto questo mentre da più parti nel PD si pongono questioni reali, interrogativi sui riferimenti veri coi quali potersi identificare e farsi riconoscere dal popolo, sui contenuti da dover dare alla propria azione politica: se schierarsi, ad esempio, come sostiene Chiamparino, a fianco degli operai in cassa integrazione o accanto alle aziende in crisi.
Sono tanti i dubbi ed i motivi di confusione che restano irrisolti tra i sostenitori della sinistra democratica che si è trovata trascinata a difendere le caste, i baroni universitari, i piloti, i magistrati, e persino i privilegi di Murdoch; che si è trovata trascinata il 12 scorso in uno sciopero generale senza senso a protestare contro una crisi che ha radici lontane e responsabilità nazionali tutte a sinistra, per la contrazione delle possibilità economiche della famiglie tartassate dal fisco.
Apre a Casini e non chiude a Di Pietro. “Non abbiamo l’illusione di fare da soli - argomenta Veltroni - ma le alleanze devono essere affidabili sulla tenuta di governo…le alleanze, le decideremo lungo il cammino, ma non dovranno essere mai più contro l’avversario”. Cose già vecchie e conosciute e si ritorna a girare come una giostra del Luna Park.
Il PD, ancora una volta, decide di non decidere.
Nella Direzione PD fino a qualche giorno fa era dato per certo che ci sarebbe stato un braccio di ferro tra Veltroni e D’Alema. Si parlava insistentemente, dopo il pizzino di La Torre a Bocchino in tv, di una sfida con strascichi e vittime che dovesse portare ad indebolire il marinaretto del PD. A conti fatti, invece, a dispetto di ciò che si diceva, scoppia quasi la pace tra i due. Solo schermaglie e l’accusa di una fusione mal riuscita. Insieme tornano ad essere come due coppie di gambe di un tavolo che si compattano sui quattro appoggi per reggere il confronto interno e lasciare tutto com’è, rimandando la resa dei conti alla prossima rissa.
Per la gestione della base, divisa tra i due contendenti, se cadesse il primo, cadrebbe anche il secondo e viceversa. E se cadessero insieme, con loro, ad un pezzo alla volta, cadrebbe tutto il PD, come un domino, come un instabile castello di carte.
C’è la consapevolezza tra i due che le responsabilità politiche, soprattutto sulla questione morale, sono equamente distribuite e che, per la presenza dei fuochi incrociati già pronti ad alzo zero, a nessuno conviene liberarsi dell’altro, pena il rischiare di proprio.
La linea nuova, la tutela di Veltroni attraverso una direzione condivisa, che in tanti speravano che emergesse risulta, invece, perdente. La partita non viene neanche giocata per l’impraticabilità del campo. Solo le dimissioni, subito rientrate, del ministro ombra Chiamaparino. Arretrano così le proposte dello stesso sindaco di Torino e di Cacciari per un PD che acquisti una sua fisionomia riformista, che si smarchi da Di Pietro e dalle scorie populiste, per rilanciare nuove proposte, a partire dal partito federale. Si allontanano le speranze di fornire il PD di un progetto politico e gli auspici di veder avviare un serio confronto propositivo con la maggioranza di centrodestra per una stagione di riforme, quanto mai necessarie al Paese.
Il PD, stordito dalla questione morale, indebolito ed attaccato sulle fasce laterali, decide di non potersi permettere di doversi anche difendere dalle incursioni del centravanti di sfondamento Di Pietro che, proprio sulla questione morale, incalza il PD, come un avvoltoio che girandogli attorno bracca la sua preda in agonia.
I nemici per il PD sono sempre gli stessi: la maggioranza del Paese ed il Governo di Berlusconi.
L’avversario, invece, di questa fusione mal riuscita, come sostiene D’Alema, resta il buonsenso: un avversario che viene regolarmente battuto.
Il discorso di Veltroni è sembrato più un arringa difensiva che il rilancio di un’azione politica: “C’è un’offensiva politica contro il PD” – ha sostenuto - perché è la vera alternativa possibile al centrodestra. “Indietro non si torma - Sarebbe un suicidio”. I toni sembrano quelli del richiamo all’orgoglio di partito, come se il loro fosse il fortino dei buoni, accerchiato dai nemici cattivi.
Si consolida la sensazione della volontà di difesa di una scelta già fatta da cui non si possa più indietreggiare. La sensazione è del volersi arroccare intorno ad inesistenti valori di riferimento da consolidare. Tutto questo mentre da più parti nel PD si pongono questioni reali, interrogativi sui riferimenti veri coi quali potersi identificare e farsi riconoscere dal popolo, sui contenuti da dover dare alla propria azione politica: se schierarsi, ad esempio, come sostiene Chiamparino, a fianco degli operai in cassa integrazione o accanto alle aziende in crisi.
Sono tanti i dubbi ed i motivi di confusione che restano irrisolti tra i sostenitori della sinistra democratica che si è trovata trascinata a difendere le caste, i baroni universitari, i piloti, i magistrati, e persino i privilegi di Murdoch; che si è trovata trascinata il 12 scorso in uno sciopero generale senza senso a protestare contro una crisi che ha radici lontane e responsabilità nazionali tutte a sinistra, per la contrazione delle possibilità economiche della famiglie tartassate dal fisco.
Apre a Casini e non chiude a Di Pietro. “Non abbiamo l’illusione di fare da soli - argomenta Veltroni - ma le alleanze devono essere affidabili sulla tenuta di governo…le alleanze, le decideremo lungo il cammino, ma non dovranno essere mai più contro l’avversario”. Cose già vecchie e conosciute e si ritorna a girare come una giostra del Luna Park.
Il PD, ancora una volta, decide di non decidere.
Vito Schepisi
7 commenti:
Caro Vito.
Il Partito Democratico non decide per tutte le ragioni che avevo spiegato prima.
Esso è nato solo per "fusione fredda" tra due partiti, DS e Margherita senza fare sintesi al suo interno.
In pratica, ha fatto il contenitore senza il contenuto.
Cordiali saluti.
Caro Vito.
Il Partito Democratico non decide per tutte le ragioni che avevo spiegato prima.
Esso è nato solo per "fusione fredda" tra due partiti, DS e Margherita senza fare sintesi al suo interno.
In pratica, ha fatto il contenitore senza il contenuto.
Cordiali saluti.
Caro Vito.
Il Partito Democratico non decide per tutte le ragioni che avevo spiegato prima.
Esso è nato solo per "fusione fredda" tra due partiti, DS e Margherita senza fare sintesi al suo interno.
In pratica, ha fatto il contenitore senza il contenuto.
Cordiali saluti.
Caro Antonio, sono d'accordo. Un abbraccio. Vito
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