Il mio cappello è nel guardaroba dell’ingresso di casa mia e niente mi potrà spingere a portarlo altrove. Questo ho pensato questa mattina alle prime notizie della corsa dei politici e dei giornalisti italiani alla notizia della larga vittoria di Barack Obama alle Presidenziali degli USA.
Era da tempo che mi andavo convincendo della probabile vittoria dei democratici negli USA, ben prima che il fenomeno Obama emergesse. La consideravo naturale ed anche auspicabile per l’affermazione dell’alternanza in una democrazia compiuta come quella degli Stati Uniti. L’era Bush si è compiuta dopo l’11 settembre e dopo le guerre in Afghanistan ed in Iraq. Le guerre non portano consensi elettorali ed, anche se le motivazioni possono essere forti, alla lunga risultano sempre impopolari.
Mi sono chiesto, pertanto, quale delle affermazioni può essere quella più vicina alla realtà tra le due seguenti: “io ho tifato per Obama” ovvero l’altra “no! Tu hai tifato per McCain”. Ed ho stabilito che le due affermazioni sono tutte e due sostanzialmente sbagliate. Non ho tifato per nessuno, infatti. Sapevo che le maggiori chances erano per Obama e mi ha irritato la campagna di McCain che mi è sembrata nostalgica e senza richiami al nuovo ed ai tempi mutati.
E’ mancato nel programma dei repubblicani il riferimento alle riforme, soprattutto in campo economico ed in quello sociale, per stabilizzare la potenza americana in un mondo che cambia e che necessita di nuovi contenuti e soprattutto di attenzione verso le fasce più deboli. Ho pensato che, in questa lunga campagna elettorale americana, ai repubblicani siano mancati i riferimenti alle garanzie, ai giovani, alle regole di un liberismo economico e finanziario che si è modificato in peggio, come abbiamo visto per la recente crisi delle banche americane.
Non serve allo sviluppo ed all’economia un liberismo senza regole e senza crescita produttiva che attraverso le leve finanziarie finisce con l’essere solo un espediente per creare ricchezza fittizia a beneficio di pochi ed a spese della povera gente che, invece, alla fine vede azzerare i propri risparmi.
In qualche momento ho persino pensato che la vittoria di Obama potesse essere salutare. Ho pensato che il nuovo Presidente, sostenuto dal consenso opportunista e conformista, se non codino e strumentale - come quello di Walter Veltroni - della sinistra europea, e dalla non inimicizia degli ambienti islamico-palestinesi, potesse risolvere una volta per tutte sia le frizioni con il fondamentalismo islamico, con i venti di guerra dell’Iran, sia la pace in Palestina con la formula delle due terre e dei due popoli. Ho pensato che il multilateralismo del democratico Obama, da non confondere con quello di D’Alema, che invece è sembrato molto unilaterale, potesse convincere i signori della guerra dell’est e del medio oriente a ricercare la via del negoziato riconoscendo il rispetto dei diritti di tutti.
Ci sono missioni militari che impiegano uomini, mezzi e risorse che potrebbero essere invece utilizzate per gli interventi legati all’ambiente, al clima, alle acque, alla fame nel mondo. Necessitano gli investimenti da destinare alle nuove fonti energetiche. C’è persino un flusso migratorio che muta le radici dei popoli, genera scontri di civiltà, fomenta la xenofobia ed il razzismo, imbriglia le economie e la politica. I popoli ed i paesi devono essere aiutati a risolvere i loro problemi sul proprio territorio e per farlo occorrono politiche di cooperazione e di stabilità. Il mondo di oggi non può infatti permettersi diatribe e conflitti se non pregiudicando il suo sviluppo e la sua capacità di diffondere interventi di sicurezza sociale.
E’ su questi pensieri che mi sono convinto che McCain non sarebbe stato il candidato ideale per gli USA. Non posso non dire, però, che la vittoria di Obama mi infastidisce per la carica di strumentalizzazione che il provincialismo italiano vuole innescare su questa vittoria.
Gli elettori statunitensi hanno scelto per il rinnovamento e le riforme, hanno scelto per la politica che il centrodestra in Italia va sostenendo in antitesi alla politica sclerotica e conservatrice del PD.
Il popolo americano, dopo le elezioni, è unito nel sostenere le politiche del suo Presidente, il Partito Repubblicano per bocca del senatore McCain si è detto disposto a collaborare nell’interesse degli States e del suo Presidente.
Possibile che nessuno senta lo stridore della propria coerenza con la realtà dei modi di una educazione alla democrazia, che invece non riesce ad assimilare, esultando per la nuova leadership degli USA?
Era da tempo che mi andavo convincendo della probabile vittoria dei democratici negli USA, ben prima che il fenomeno Obama emergesse. La consideravo naturale ed anche auspicabile per l’affermazione dell’alternanza in una democrazia compiuta come quella degli Stati Uniti. L’era Bush si è compiuta dopo l’11 settembre e dopo le guerre in Afghanistan ed in Iraq. Le guerre non portano consensi elettorali ed, anche se le motivazioni possono essere forti, alla lunga risultano sempre impopolari.
Mi sono chiesto, pertanto, quale delle affermazioni può essere quella più vicina alla realtà tra le due seguenti: “io ho tifato per Obama” ovvero l’altra “no! Tu hai tifato per McCain”. Ed ho stabilito che le due affermazioni sono tutte e due sostanzialmente sbagliate. Non ho tifato per nessuno, infatti. Sapevo che le maggiori chances erano per Obama e mi ha irritato la campagna di McCain che mi è sembrata nostalgica e senza richiami al nuovo ed ai tempi mutati.
E’ mancato nel programma dei repubblicani il riferimento alle riforme, soprattutto in campo economico ed in quello sociale, per stabilizzare la potenza americana in un mondo che cambia e che necessita di nuovi contenuti e soprattutto di attenzione verso le fasce più deboli. Ho pensato che, in questa lunga campagna elettorale americana, ai repubblicani siano mancati i riferimenti alle garanzie, ai giovani, alle regole di un liberismo economico e finanziario che si è modificato in peggio, come abbiamo visto per la recente crisi delle banche americane.
Non serve allo sviluppo ed all’economia un liberismo senza regole e senza crescita produttiva che attraverso le leve finanziarie finisce con l’essere solo un espediente per creare ricchezza fittizia a beneficio di pochi ed a spese della povera gente che, invece, alla fine vede azzerare i propri risparmi.
In qualche momento ho persino pensato che la vittoria di Obama potesse essere salutare. Ho pensato che il nuovo Presidente, sostenuto dal consenso opportunista e conformista, se non codino e strumentale - come quello di Walter Veltroni - della sinistra europea, e dalla non inimicizia degli ambienti islamico-palestinesi, potesse risolvere una volta per tutte sia le frizioni con il fondamentalismo islamico, con i venti di guerra dell’Iran, sia la pace in Palestina con la formula delle due terre e dei due popoli. Ho pensato che il multilateralismo del democratico Obama, da non confondere con quello di D’Alema, che invece è sembrato molto unilaterale, potesse convincere i signori della guerra dell’est e del medio oriente a ricercare la via del negoziato riconoscendo il rispetto dei diritti di tutti.
Ci sono missioni militari che impiegano uomini, mezzi e risorse che potrebbero essere invece utilizzate per gli interventi legati all’ambiente, al clima, alle acque, alla fame nel mondo. Necessitano gli investimenti da destinare alle nuove fonti energetiche. C’è persino un flusso migratorio che muta le radici dei popoli, genera scontri di civiltà, fomenta la xenofobia ed il razzismo, imbriglia le economie e la politica. I popoli ed i paesi devono essere aiutati a risolvere i loro problemi sul proprio territorio e per farlo occorrono politiche di cooperazione e di stabilità. Il mondo di oggi non può infatti permettersi diatribe e conflitti se non pregiudicando il suo sviluppo e la sua capacità di diffondere interventi di sicurezza sociale.
E’ su questi pensieri che mi sono convinto che McCain non sarebbe stato il candidato ideale per gli USA. Non posso non dire, però, che la vittoria di Obama mi infastidisce per la carica di strumentalizzazione che il provincialismo italiano vuole innescare su questa vittoria.
Gli elettori statunitensi hanno scelto per il rinnovamento e le riforme, hanno scelto per la politica che il centrodestra in Italia va sostenendo in antitesi alla politica sclerotica e conservatrice del PD.
Il popolo americano, dopo le elezioni, è unito nel sostenere le politiche del suo Presidente, il Partito Repubblicano per bocca del senatore McCain si è detto disposto a collaborare nell’interesse degli States e del suo Presidente.
Possibile che nessuno senta lo stridore della propria coerenza con la realtà dei modi di una educazione alla democrazia, che invece non riesce ad assimilare, esultando per la nuova leadership degli USA?
Vito Schepisi su l'Occidentale
3 commenti:
Caro Vito.
Per capire la differenza tra noi e gli Usa, ti basta andare sul forum di "Affari Italiani".
Negli Usa c'è un popolo unito, un popolo vero che non permette a "carti sentimenti di fazione" di creare delle divisioni!
Qui in Italia, sembra che le divisioni politiche siano un fatto etnico!
Cordiali saluti.
Antonio Gabriele Fucilone
Caro Vito.
Ti sono arrivati i miei articoli scritti su "Italia chiama Italia"?
Cordiali saluti.
Antonio Gabriele Fucilone
Ciao Antonio...si hai ragione. Negli USA dopo le elezioni si procede a lavorare tutti insieme nell'interesse del Paese. In Italia, purtroppo, non è così.
Si i tuoi articoli sono arrivati..., ma credimi non ho avuto il tempo di aprirli. In questi giorni non ho un attimo di tregua. Ora ti sto rispondendo in tutta fretta in un ritaglio di tempo.Un abbraccio e buona domenica. Vito
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