A corto di argomenti seri e di proposte su ciò che è utile al Paese, l’opposizione non trova di meglio che rilanciare il vecchio metodo del tanto peggio, tanto meglio. Il leader dell’opposizione moderata - che poi tanto moderata non appare - recupera i toni dello scontro, contraddicendo i propositi con cui alle elezioni ha cannibalizzato la sinistra alternativa.
L’idea è che siano prevalsi più i toni da opposizione al sistema, che la serenità dell’opposizione nel merito dei provvedimenti. Non emerge affatto lo spirito di una opposizione costruttiva, come avviene nelle democrazie più evolute. Sembra più una gara di fuochi d’artificio incrociata con Di Pietro per chi la spara più in alto.
Gli italiani dinanzi alla cagnara di questa inconcludente opposizione avvertono la sensazione di vivere in un Paese diverso da quello in cui consumano le abitudini della loro quotidianità.
Tra accostamenti senza senso a uomini del passato, tra sindacati che rischiano di mettere in mezzo alla strada migliaia di lavoratori, tra accuse di putinismo, fascismo, autoritarismo ed evocazione del regime argentino, in Italia sembra di vivere tra colpi di fucili sparati dai tetti e tra le autovetture riempite di tritolo.
La verità è che la gente ha davvero paura, ma non di questo governo che si possa trasformare in regime autoritario, ma ha paura di uscire di casa. L’attenzione dell’opposizione è rivolta più ai casi in cui la stupidità dei singoli possa far emergere sospetti di razzismo, che ai soprusi ed alle violenze a danno dei cittadini italiani da parte di una popolazione clandestina che riempie le piazze delle nostre città e che si rivela spesso coinvolta in attività criminose.
Le carceri italiane sono piene di extracomunitari ed il numero è davvero preoccupante se si pensa che in valore assoluto sfiora il 35% della popolazione carceraria.
Il sindacato italiano si è nuovamente spaccato. Dopo la questione Alitalia e la strana faccenda di Epifani e Veltroni, con cui si è sfiorato il dramma per migliaia di famiglie, la spaccatura ora emerge nel confronto tra la Confindustria e la stessa Cgil di Epifani, impegnato solo ad accentuare i motivi dello scontro.
Immaginare che ci sia una regia contro il governo, per partito preso, e che questa regia sia portata avanti con cinica indifferenza contro gli interessi dei lavoratori e quelli del Paese, non può definirsi come una maligna dietrologia politica, perché è la risultante chiara di un ragionamento semplice.
L’Italia ha passato due anni in cui il sindacato si è appiattito silente su un governo, quello di Prodi, che sembrava governasse contro gli italiani. La scure fiscale sia diretta che indiretta, per gli effetti dell’aumento dei costi, ha massacrato il potere d’acquisto dei lavoratori. La mancanza di investimenti, il blocco delle politiche di innovazione e delle grandi opere, unite allo sperpero delle risorse per provvedimenti di spesa, come lo scalino anziché lo scalone previdenziale, ad esempio, hanno depresso lo sviluppo e reso ancora più incerto il mondo del precariato.
Ora tra le difficoltà di una congiuntura finanziaria internazionale; pur in presenza di un lavoro costante del Governo sui diversi fronti della accorata domanda sociale di sicurezza; dinanzi ai successi registrati e persino al tributo di sangue pagato; nonostante gli sforzi del Governo nell’agire per qualificare la produttività ed isolare coloro che sfruttano il lavoro degli altri; malgrado il ripristino del decoro di una città come Napoli, il successo del rilancio di Alitalia, la volontà di riportare su percorsi di qualità e di efficienza la scuola, la giustizia, i servizi del Paese; con un governo che si attiva su tutti i fronti per recuperare serietà ed efficienza, la Cgil pensa a colorare di pregiudiziale politica antigovernativa la sua attività sindacale.
Anche questa volta interviene Veltroni a proporsi come facilitatore. Il proposito di rendersi protagonista, dopo aver ispirato il boicottaggio, come è sucesso per Alitalia, il leader del PD ora lo ripropone per l’ipotesi di rottura tra Confindustria e Cgil. Il terreno dello scontro è sull’inflazione programmata per il recupero del potere d’acquisto dei salari. Confindustra accusa la Cgil di voler ripristinare la scala mobile di cui ancora si ricordano i danni al Paese fino alla sua abolizione col Governo Amato nel luglio del 1992.
Vito SchepisiL’idea è che siano prevalsi più i toni da opposizione al sistema, che la serenità dell’opposizione nel merito dei provvedimenti. Non emerge affatto lo spirito di una opposizione costruttiva, come avviene nelle democrazie più evolute. Sembra più una gara di fuochi d’artificio incrociata con Di Pietro per chi la spara più in alto.
Gli italiani dinanzi alla cagnara di questa inconcludente opposizione avvertono la sensazione di vivere in un Paese diverso da quello in cui consumano le abitudini della loro quotidianità.
Tra accostamenti senza senso a uomini del passato, tra sindacati che rischiano di mettere in mezzo alla strada migliaia di lavoratori, tra accuse di putinismo, fascismo, autoritarismo ed evocazione del regime argentino, in Italia sembra di vivere tra colpi di fucili sparati dai tetti e tra le autovetture riempite di tritolo.
La verità è che la gente ha davvero paura, ma non di questo governo che si possa trasformare in regime autoritario, ma ha paura di uscire di casa. L’attenzione dell’opposizione è rivolta più ai casi in cui la stupidità dei singoli possa far emergere sospetti di razzismo, che ai soprusi ed alle violenze a danno dei cittadini italiani da parte di una popolazione clandestina che riempie le piazze delle nostre città e che si rivela spesso coinvolta in attività criminose.
Le carceri italiane sono piene di extracomunitari ed il numero è davvero preoccupante se si pensa che in valore assoluto sfiora il 35% della popolazione carceraria.
Il sindacato italiano si è nuovamente spaccato. Dopo la questione Alitalia e la strana faccenda di Epifani e Veltroni, con cui si è sfiorato il dramma per migliaia di famiglie, la spaccatura ora emerge nel confronto tra la Confindustria e la stessa Cgil di Epifani, impegnato solo ad accentuare i motivi dello scontro.
Immaginare che ci sia una regia contro il governo, per partito preso, e che questa regia sia portata avanti con cinica indifferenza contro gli interessi dei lavoratori e quelli del Paese, non può definirsi come una maligna dietrologia politica, perché è la risultante chiara di un ragionamento semplice.
L’Italia ha passato due anni in cui il sindacato si è appiattito silente su un governo, quello di Prodi, che sembrava governasse contro gli italiani. La scure fiscale sia diretta che indiretta, per gli effetti dell’aumento dei costi, ha massacrato il potere d’acquisto dei lavoratori. La mancanza di investimenti, il blocco delle politiche di innovazione e delle grandi opere, unite allo sperpero delle risorse per provvedimenti di spesa, come lo scalino anziché lo scalone previdenziale, ad esempio, hanno depresso lo sviluppo e reso ancora più incerto il mondo del precariato.
Ora tra le difficoltà di una congiuntura finanziaria internazionale; pur in presenza di un lavoro costante del Governo sui diversi fronti della accorata domanda sociale di sicurezza; dinanzi ai successi registrati e persino al tributo di sangue pagato; nonostante gli sforzi del Governo nell’agire per qualificare la produttività ed isolare coloro che sfruttano il lavoro degli altri; malgrado il ripristino del decoro di una città come Napoli, il successo del rilancio di Alitalia, la volontà di riportare su percorsi di qualità e di efficienza la scuola, la giustizia, i servizi del Paese; con un governo che si attiva su tutti i fronti per recuperare serietà ed efficienza, la Cgil pensa a colorare di pregiudiziale politica antigovernativa la sua attività sindacale.
Anche questa volta interviene Veltroni a proporsi come facilitatore. Il proposito di rendersi protagonista, dopo aver ispirato il boicottaggio, come è sucesso per Alitalia, il leader del PD ora lo ripropone per l’ipotesi di rottura tra Confindustria e Cgil. Il terreno dello scontro è sull’inflazione programmata per il recupero del potere d’acquisto dei salari. Confindustra accusa la Cgil di voler ripristinare la scala mobile di cui ancora si ricordano i danni al Paese fino alla sua abolizione col Governo Amato nel luglio del 1992.
2 commenti:
Caro Vito.
La vera casta è rappresentata proprio dai sindacati.
Tieni presente che essi impediscono ogni innovazione, facendo fare scioperi a loro piacimento.
Cordiali saluti.
Abbiamo visto con Alitalia ed ora con l'accordo sui contratti nell'industria. Anche per la scuola il criterio non è qualità del servizio e funzionalità ma solo quello di garantire una maggiore quantità di personale...non importa se di scarsa qualità...e stipendi da erogare. Ciao! Vito
Posta un commento