20 ottobre 2008

Il Paese dei provinciali e dei complessati

Se in Europa si parla dell’Italia, nel nostro Paese c’è sempre un megafono pronto ad ampliare e strumentalizzare ciò che si dice. Se in Europa si eleva un appunto al governo italiano, il megafono diventa uno stereo assordante e la voglia di sceneggiare preoccupazione, sdegno ed incredulità raggiunge toni da melodramma. Accade anche se l’Italia, esercita il diritto di far valere le sue ragioni nell’interesse del Paese e si preoccupa del contenimento della spesa.
Lascia interdetti il ripetersi di una sceneggiata che serve più a ledere l’immagine italiana che a concedere attenzione e serietà all’opposizione. C’è un provincialismo becero che emerge puntualmente, come un modo di sentirsi figli di un dio minore. E’ presente nell’Italia politica un diffuso complesso di inferiorità nei confronti degli altri paesi europei, come se gli altri fossero tutti più belli, più bravi e più buoni. Per fortuna che l’Italia dei cittadini, invece, di questo complesso non soffre. C’è l’intelligenza del fare che impone la sua presenza con le opere e l’ingegno di cui è capace, anche in conflitto con chi vorrebbe invece imporre un ruolo secondario alla Nazione.
Per l’Italia dei complessati non si potrebbe mai dire niente in Europa, se non rimetterci alle idee degli altri, e mai sarebbe possibile far prevalere le opinioni o suggerire le proposte italiane.
Contraddire la Francia, la Germania, l’Inghilterra e persino la Spagna e la Grecia si trasforma sempre in colpa grave e fa muovere un insieme di accuse che vanno dal presunto sentimento antieuropeo, all’isolamento dell’Italia o alla più generica accusa di brutta figura. Questa è la sinistra italiana, se non fa ancora di peggio organizzando imboscate o gazzarre antinazionali.
Si ha l’impressione, a volte, che sia preallestita un’orchestra già pronta a partire. Le prese di posizione del nostro governo servono a far partire il concerto, ci si preoccupa solo dell’effetto annuncio della notizia, naturalmente segnalando le apparenze negative, mentre nessuno sembra disposto ad approfondirne i contenuti. Nessuno ha voglia di valutare l’opportunità e la qualità della proposta. A malapena si verifica che la notizia sia vera. E poi via e parte la banda.
Tutti parlano perché la stampa ne amplifichi la portata. Le notizie hanno l’effetto di colpire l’immaginazione della gente. Chi più, o chi meno, fra gli operatori dell’informazione ci mette qualcosa di proprio per ottenere l’effetto che si prefigge. Il mestiere e la correttezza professionale intervengono solo perché la notizia sia almeno vera ed il margine dell’agire si deve così limitare solo alle sensazioni che si vogliono trasmettere.
Il mestiere è difficile ed i confini dell’etica e della correttezza sono spesso impercettibili e lo sconfino dal principio della deontologia è sempre in agguato, anche per coloro che si prefiggono di fornire sempre con correttezza la notizia prima del messaggio da diffondere.
Fa naturalmente bene la stampa a diffondere tutte le notizie, anche quelle che agiscono contro gli interessi nazionali, o che diffondono comportamenti censurabili del governo del Paese. E si deve sostenere che sia anche un buon metodo quello di far seguire alle notizie gli approfondimenti ed i messaggi delle opinioni e delle scelte diverse rispetto a quelle rispettivamente proposte o adottate. La democrazia si regge, infatti sul pluralismo delle opinioni. Quello dell’informazione è un potere, ed esercitare questo potere non è solo un diritto ma anche un preciso dovere. E’ un potere che muove le opinioni, informa su vizi e virtù, stabilisce scelte, esalta uomini ed idee e stabilisce anche le sfortune degli uni e delle altre. Nell’era della velocità delle conoscenze, non può che essere così: l’informazione è il veicolo che anticipa il destino; è il giudice che irrora le sentenze della storia; è la scure del boia o l’aureola del paradiso.
E così la posizione dell’Italia sulla questione della difesa dell’ambiente ha avuto l’effetto della amplificazione della notizia, ha fatto partire le polemiche tra maggioranza ed opposizione, ma non ha trovato gli approfondimenti che servano a sostenerne o meno la portata, e solo pochi organi di informazione hanno tratto la dimensione delle obiezioni italiane. Tutto il resto solo per la polemica e per piangerci addosso. Ed è così che anche in questa circostanza è emerso il consueto provincialismo, è apparso l’atavico complesso d’inferiorità e si è manifestata la tafazziana predisposizione dell’opposizione di sinistra nel volersi far del male.
Vito Schepisi

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Vito.

Il problema è che sembra che l' Europa voglia smantellare quella che è l' imprenditoria italiana.
Ha cominciato con le QUOTE LATTE che hanno massacrato la nostra agricoltura.
Ora sta continuando "quest' opera distruttiva" con il "pacchetto ambiente".
Così non va bene!
Cordiali saluti.

vito schepisi ha detto...

Caro Antonio ...si l'Europa è partita male. E' partita senza ideali e senza identita. L'europa dei mercati e della finanza è poi partita col ruolo succube dell'Italia di Prodi. Il cambio lira-euro ha mortificato il paese: i nostri risparmiatori ed i nostri lavoratori, mentre Prodi elargiva sorrisi ebeti. Mentre i provvedimenti danneggiavano i nostri prodotti, i fondi europei sostenevano le altre economie per l'incapacità della politica di predisporre misure di semplificazione burocratica per l'accesso ai fondi destinati allo sviluppo. Le autorizzazioni, i veti, i passaggi politici, gli interessi particolari, alla fine rendevano persino anticonomici gli accessi ai finanziamenti e si è lasciato spazio alla mafia ed alla camorra. L'Italia alla fine ha pagato molto di più di quanto è riuscita ad utilizzare. Dobbiamo ringraziare Prodi che non ha mai pensato al Paese ...ma solo ai suoi sostenitori. Caro amico non sempre si può dire ciò che si pensa se non si hanno le prove di ciò che si dice. Limitiamoci pertanto a guardare ciò che è successo o che non è successo per cercare di capire qualcosa di più e fermiamoci. C'è gente troppo ammanigliata tanto da far passare i guai a coloro che sanno appena far di conto con ciò che vedono e sentono. Ciao Atonio, Vito

Anonimo ha detto...

Caro Schepisi.

Hai detto bene!
L' Europa è partita SENZA UN' IDENTITA'!
Per capirlo, basta tenere conto del fatto che nella Costituzione europea non sono citate le radici-giudaico cristiane!
Cordiali saluti.

vito schepisi ha detto...

Ciao Antonio certo senza un'identità che ponga le sue radici dalle origini al percorso storico e sociale dell'Europa. Non dimentichiamo i filoni culturali e filosofici anche nel campo dei diritti civili e la cultura liberale che si è radicata con le rivoluzioni contro l'assolutismo antipopolare; come non possono essere dimenticate le spinte alla tolleranza ed al metodo del confronto, proprie di una genuina radice plurale dell'europa dei popoli. Ciao Antonio, grazie per le tue gradite visite, A presto. Vito

Anonimo ha detto...

Caro Vito.

In linea di massima, sono concorde con quanto da te detto.
Però vorrei farti un appunto sulle questioni delle rivoluzioni contro l' assolutismo.
Io sono un appassionato di Storia ed in particolare mi piacciono la Storia bizantina e quella inglese del Cinque-Seicento.
Sono un cultore della figura di re Carlo I Stuart, quello che venne decapitato il 30 gennaio 1649 AD con la Rivoluzione portata avanti da Oliver Cromwell nel Regno d' Inghilterra.
In realtà, in certe questioni, quella Rivoluzione non ha portato cose buone. Le politiche religiose furono un esempio di ciò.
Re Carlo I fu molto rispettoso verso il cattolicesimo e cercò di annullare le norme anticattoliche dell' epoca.
Sua moglie, Enrichetta Maria di Borbone, fu una cattolica convinta.
Al contrario, il puritano Cromwell fu molto manicheo nelle politiche religiose e perseguitò i cattolici ed i realisti.
Tra l' altro, Cromwell fece delle carneficine in Irlanda.
Inoltre, il leader puritano istituì una repubblica che in realtà fu una dittatura.
Con questo voglio dire che non sempre una rivoluzione è foriera di cose positive.
La storia si ripeté con la Rivoluzione francese e con quella russa.
Cordiali saluti.

vito schepisi ha detto...

Caro Antonio quando parlo di rivoluzione intendo soprattutto riferirmi alla liberazione dei popoli dall'oppressione. Tutte le rivoluzioni hanno registrato misfatti ed errori e persino gli eroi non sono immuni da responsabilità ed atti di arroganza compiti. Questo però non vuol dire che nelle lotte di liberazione gli ideali ed i principi fossero errati. Anche se può sembrare cinico, ma ogni situazione richiede una somma algebrica tra valori negativi e valori positivi. Non è neanche giusto, ancora, per ragioni che ritengo ovvie, porre sullo stesso piano la rivoluzione francese e quella russa. La rivoluzione non la intendo come "colpo di stato" o occupazione totalitaria del potere. In quel caso non può definirsi espressione del desiderio di libertà del popolo. La lotta di liberazione in Italia non è stata da meno. Ma il risultato positivo emerge dagli obiettivi raggiunti. Ora pur con i difetti riscontrati e le contraddizioni registrate l'Italia è un Paese democratico dove il popolo ha la libertà anche di liberarsi dagli oppressori e dalle politiche maldestre, vedi Prodi. Per assolutismo non si deve intendere solo quello regio ma anche i regimi senza pluralismo dove il popolo non ha scelta e viene costantemente minacciato. Il popolo che si libera dall'oppressione del tiranno attua così una rivoluzione di tipo liberale. Ciao Antonio. A presto. Vito

Anonimo ha detto...

Caro Schepisi.

Non metto in discussione il principio della liberazione dei popoli dall' oppressione.
Ho solo espresso un parere sulle storture di certe rivoluzioni.
Credo che le rivoluzione vere siano quelle a livello del pensiero.
Anche l' Umanesimo ed il Rinascimento sono state delle rivoluzioni.
Sei d'accordo?
Cordiali saluti.

vito schepisi ha detto...

Aggiungerei anche l'illuminismo e la rivoluzione industriale. Certo che sono d'accordo anche se sono state necessarie altre rivoluzioni per abbattere l'oppressione. Buona giornata. Vito

Anonimo ha detto...

Caro Vito.

Concordo con te e tra le grandi rivoluzioni annovero anche il Cristianesimo che, pur mantenendo e a volte difendendo la cultura antecedente alla sua ascesa, mise nella società umana i valori del rispetto, della fratellanza tra persone, di una coscienza verso i più deboli e soprattutto di unità tra i popoli!
Dal 476 AD, con la caduta dell' Impero Romano d' Occidente, il Cristianesimo diventò il nuovo collante dell' Europa.
Cordiali saluti.

vito schepisi ha detto...

Ciao Antonio,
io sono del parere che sia sempre meglio separare Cesare da Dio. Il Cristianesimo è indubbiamente il più grande contributo etico all'umanità. E' un valore universale, però, ben distinto dalla necessità di fornire la farina al popolo. Le rivoluzioni dell'uomo partono, ivece, dal bisogno anche di libertà e dignità.
Ciao! Vito
PS: scusami per il ritardo sono stato fuori e sono rientrato lunedì sera.

Anonimo ha detto...

Caro Vito.

Sono d' accordo sul fatto che il cesaropapismo non vada mai bene.
Il potere civile e quello religioso devono essere autonomi l' uno dall' altro ma una vera laicità deve riconoscere uno spazio anche al sentimento religioso.
Molto spesso si interpreta la laicità come il il totale rifiuto di una dimensione religiosa ed il rifiuto di ogni dialogo ed interazione tra potere civile e potere religioso.
Cordiali saluti.

Antonio Gabriele Fucilone