E’ davvero singolare che l’on. Fassino, segretario dei DS ma già autorevole esponente del vecchio PCI, per rendere credibile il suo sfogo contro i giornali, ed in particolare contro il Corriere della Sera, si rifaccia ad uno dei padri italiani del pensiero liberale, a Luigi Einaudi, liberista in economia ed in antitesi dottrinale con i principi marxisti del Fassino che era, o solidaristi del Fassino che è.
Non solo è singolare l’adozione di un precedente remoto su di una posizione di confronto con la libera stampa ma è vieppiù singolare l’interpretazione capovolta che il leader dei Democratici di Sinistra ne vorrebbe dare. Giammai il galantuomo Einaudi avrebbe ostacolato la diffusione di notizie che avessero evidenziato questioni morali o cronaca di fatti coinvolgenti uomini ed azioni politiche, benché fossero state in contrapposizione alle sue convinzioni. Luigi Einaudi nella lettera del 1916, indirizzata al direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, poneva una questione di limpidezza assoluta. Giornalista di grande spessore e liberale tutto d’un pezzo, il futuro, ed indiscutibile per correttezza e dirittura morale, Presidente della Repubblica Italiana sollevava la riflessione sulla scelta di un giornalista che, per deontologia professionale, alla pubblicazione di soluzioni invocate per compiacere gli “adulatori delle masse e del popolo”, potesse preferire il tacere o piuttosto “difendere la tesi della verità e del buon senso”.
Non siamo, però, nel caso dell’on. Fassino e delle sue presunte responsabilità sul caso Unipol-Bnl. Non può il leader post-comunista invocare il silenzio quando, per difendere il ”buon senso”, avrebbe dovuto tacere ed astenersi al telefono, ma anche a quattr’occhi, dall’interessarsi a questioni di finanza e di controllo di banche e potere economico. Tanto meno può chiedere ala stampa di tacere per tutelare “la verità”: tacendo avviene esattamente il contrario.
Il segretario dei DS sembra ignorare che ci sono regole, palesemente violate, stabilite per garantire i risparmiatori e gli investimenti finanziari e non si sofferma a prendere in minima considerazione ciò che vorrebbe maggiormente celare. Ciò che invece interessa alla discussione politica ed al popolo è proprio l’aspetto etico di un partito che invece di occuparsi delle questioni inerenti la gestione del Paese, e le scelte per il bene e la sicurezza dei cittadini, privilegia l’intrigo ed il risiko finanziario. Preoccupa ciò che è diventata una vera lotta, a volte feroce e senza esclusione di colpi, per la conquista delle leve del potere economico ed istituzionale mascherata da lotta politica.
Per anni l’On. Fassino col suo partito, rivolgendosi a Berlusconi ed a Forza Italia, ha parlato di partito-azienda. Ora non gli scappa neanche per caso d’avere vergogna del conflitto di interessi che viene alla luce tra una parte importante della rete commerciale e produttiva del Paese ed il suo partito. Altro che lo slogan di “partito-azienda” diretto a Forza Italia, nel suo partito ci sono intrecci economico-finanziari che proseguono da anni, senza soluzione di continuità, in varie forme ed un tempo anche coinvolgenti la sicurezza dello Stato, per la presenza di agenti sottoposti al dominio di altre entità nazionali, e proseguono malgrado il percorso delle trasformazioni del nome e della revisione della sostanza politica di quella formazione della sinistra italiana. E’ proprio il tentativo di disinformazione, retaggio di una scuola che non si smentisce mai, che preoccupa e indigna.
La questione emersa è di una gravità assoluta, e senza precedenti, perché conferma il sospetto che non si sia mai fermata la macchina leninista dell’occupazione dei poteri attraverso la penetrazione sempre più massiccia nei centri di controllo e di gestione.
Sbaglia Berlusconi e Forza Italia a ritenere una necessità garantista quella di opporsi all’uso come fonte di prova delle intercettazioni telefoniche di parlamentari, anche se è apprezzabile il suo garantismo contro gli strumenti che limitano la libertà di espressione di ciascuno e contro gli effetti devastanti di una informazione a volte invasiva della privacy del cittadino.
L’ipotesi di illegalità non si estingue per legge o per delibera parlamentare. Se c’è il reato va perseguito. E’ possibile adottare provvedimenti che limitino l’invadenza di polizia e magistratura nella vita privata dei cittadini o che sanzionino gli abusi e gli eccessi. Oramai, però, le intercettazioni ci sono ed una intercettazione è simile alla flagranza perché contestualizza il momento del delitto e la partecipazione dei presunti colpevoli.
Da queste intercettazioni, che si ribadisce ci sono e di cui si conoscono i contenuti, ciascuno può rendersi conto che non ha alcun senso quanto sostiene Fassino “stupisce che un magistrato usi espressioni che dette da qualsiasi altro cittadino sarebbero passibili di querela”. Chiunque leggendo i testi delle intercettazioni si renderebbe conto che appare un interesse dei politici in questione che va oltre il semplice tifo, come ha sostenuto il Gip Forleo nella sua ordinanza. Anche l’appello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sembra fuori luogo in quanto il Gip, tra le sue prerogative, ha anche quella di motivare le finalità probatorie delle sue richieste e, nel caso in questione, di motivare al Parlamento il peso che attribuisce agli elementi probatori di cui chiede l’autorizzazione all’utilizzo.
L’On. Piero Fassino, invece di ricorrere ad Einaudi ed ad una scuola di pensiero che non gli appartiene, avrebbe fatto miglior cosa a sostenere un cauto e più dignitoso silenzio.
Non solo è singolare l’adozione di un precedente remoto su di una posizione di confronto con la libera stampa ma è vieppiù singolare l’interpretazione capovolta che il leader dei Democratici di Sinistra ne vorrebbe dare. Giammai il galantuomo Einaudi avrebbe ostacolato la diffusione di notizie che avessero evidenziato questioni morali o cronaca di fatti coinvolgenti uomini ed azioni politiche, benché fossero state in contrapposizione alle sue convinzioni. Luigi Einaudi nella lettera del 1916, indirizzata al direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, poneva una questione di limpidezza assoluta. Giornalista di grande spessore e liberale tutto d’un pezzo, il futuro, ed indiscutibile per correttezza e dirittura morale, Presidente della Repubblica Italiana sollevava la riflessione sulla scelta di un giornalista che, per deontologia professionale, alla pubblicazione di soluzioni invocate per compiacere gli “adulatori delle masse e del popolo”, potesse preferire il tacere o piuttosto “difendere la tesi della verità e del buon senso”.
Non siamo, però, nel caso dell’on. Fassino e delle sue presunte responsabilità sul caso Unipol-Bnl. Non può il leader post-comunista invocare il silenzio quando, per difendere il ”buon senso”, avrebbe dovuto tacere ed astenersi al telefono, ma anche a quattr’occhi, dall’interessarsi a questioni di finanza e di controllo di banche e potere economico. Tanto meno può chiedere ala stampa di tacere per tutelare “la verità”: tacendo avviene esattamente il contrario.
Il segretario dei DS sembra ignorare che ci sono regole, palesemente violate, stabilite per garantire i risparmiatori e gli investimenti finanziari e non si sofferma a prendere in minima considerazione ciò che vorrebbe maggiormente celare. Ciò che invece interessa alla discussione politica ed al popolo è proprio l’aspetto etico di un partito che invece di occuparsi delle questioni inerenti la gestione del Paese, e le scelte per il bene e la sicurezza dei cittadini, privilegia l’intrigo ed il risiko finanziario. Preoccupa ciò che è diventata una vera lotta, a volte feroce e senza esclusione di colpi, per la conquista delle leve del potere economico ed istituzionale mascherata da lotta politica.
Per anni l’On. Fassino col suo partito, rivolgendosi a Berlusconi ed a Forza Italia, ha parlato di partito-azienda. Ora non gli scappa neanche per caso d’avere vergogna del conflitto di interessi che viene alla luce tra una parte importante della rete commerciale e produttiva del Paese ed il suo partito. Altro che lo slogan di “partito-azienda” diretto a Forza Italia, nel suo partito ci sono intrecci economico-finanziari che proseguono da anni, senza soluzione di continuità, in varie forme ed un tempo anche coinvolgenti la sicurezza dello Stato, per la presenza di agenti sottoposti al dominio di altre entità nazionali, e proseguono malgrado il percorso delle trasformazioni del nome e della revisione della sostanza politica di quella formazione della sinistra italiana. E’ proprio il tentativo di disinformazione, retaggio di una scuola che non si smentisce mai, che preoccupa e indigna.
La questione emersa è di una gravità assoluta, e senza precedenti, perché conferma il sospetto che non si sia mai fermata la macchina leninista dell’occupazione dei poteri attraverso la penetrazione sempre più massiccia nei centri di controllo e di gestione.
Sbaglia Berlusconi e Forza Italia a ritenere una necessità garantista quella di opporsi all’uso come fonte di prova delle intercettazioni telefoniche di parlamentari, anche se è apprezzabile il suo garantismo contro gli strumenti che limitano la libertà di espressione di ciascuno e contro gli effetti devastanti di una informazione a volte invasiva della privacy del cittadino.
L’ipotesi di illegalità non si estingue per legge o per delibera parlamentare. Se c’è il reato va perseguito. E’ possibile adottare provvedimenti che limitino l’invadenza di polizia e magistratura nella vita privata dei cittadini o che sanzionino gli abusi e gli eccessi. Oramai, però, le intercettazioni ci sono ed una intercettazione è simile alla flagranza perché contestualizza il momento del delitto e la partecipazione dei presunti colpevoli.
Da queste intercettazioni, che si ribadisce ci sono e di cui si conoscono i contenuti, ciascuno può rendersi conto che non ha alcun senso quanto sostiene Fassino “stupisce che un magistrato usi espressioni che dette da qualsiasi altro cittadino sarebbero passibili di querela”. Chiunque leggendo i testi delle intercettazioni si renderebbe conto che appare un interesse dei politici in questione che va oltre il semplice tifo, come ha sostenuto il Gip Forleo nella sua ordinanza. Anche l’appello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sembra fuori luogo in quanto il Gip, tra le sue prerogative, ha anche quella di motivare le finalità probatorie delle sue richieste e, nel caso in questione, di motivare al Parlamento il peso che attribuisce agli elementi probatori di cui chiede l’autorizzazione all’utilizzo.
L’On. Piero Fassino, invece di ricorrere ad Einaudi ed ad una scuola di pensiero che non gli appartiene, avrebbe fatto miglior cosa a sostenere un cauto e più dignitoso silenzio.
Vito Schepisi
3 commenti:
...ora non lo fa l'articolo sull'onorevole mele?
no l'articolo no mi sembra btroppo e ...troppo poco interessante il deputato udc...ho scritto un commento però per Affari Italiani che riporto ...se Le fa piacere. "Ecco dove finiscono i compensi esagerati dei Parlamentari! Finiscono con alimentare i vizi. Finiscono per far diventare una professione redditizia quella del politici. Finisce per far montare la testa ed alimentare una condizione di mente che li fa sentire onnipotenti e presuntuosi e soprattutto scollegati dal Paese reale. Se si cominciasse a parlare per i Parlamentari solo di rimborso spese per vitto ed alloggio a prezzi pure convenzionati negli alberghi e ristoranti di Roma, e solo per l'effettiva presenza del deputato ai lavori parlamentari e el solo rimborso dei viaggi in aereo o treno ed in classe economica( devono dare l'esempio che il risparmio è cosa sacrosanta se i denari sono della collettività) forse si riuscirebbe a selezionare personale politico più attento alle questioni sociali che all'interesse personale...e consentitemolo al vizio."
Non so se l'ho accantentata...scriva Lei qualcosa se ci tiene ... io il mio dovere l'ho fatto...ho scritto ciò che sentivo...a prescindere dall'appartenenza ad un grupo od all'altro. Cordialità.
L'ho accontentata...ho scritto un articolo sull'Udc e su Cesa, naturalmente prendendo spunto dalla questione Cosimo Mele. Dopo le dichiarazioni provocatorie di Cesa ho detto che a mio avviso dovrebb dimettersi....E Lei è pronto a sostenere la stessa cosa per D'Alema, Fassino e La Torre? Cordiali saluti.
Posta un commento