10 luglio 2007

La Rivoluzione Liberale del XXI secolo

In politica quasi tutto dovrebbe aggirarsi attorno alle questioni sociali, alle scelte economiche, agli strumenti per lo sviluppo produttivo ed occupazionale, alla gestione delle risorse. Il governo dovrebbe occuparsi degli investimenti nei servizi e nelle opere di pubblica utilità. Dovrebbe occuparsi di sicurezza, istruzione, sanità, difesa. Dovrebbe favorire la promozione di iniziative culturali che aiutino la diffusione delle nostre tradizioni e della nostra cultura nel mondo perchè ne possano ricevere le contropartite sia nel ruolo nel contesto internazionale che nelle scelte turistiche di cittadini provenienti dalle diverse regioni del mondo.
Alcuni servizi dovrebbero costituire il consolidamento di traguardi di civiltà e di strumenti voluti e realizzati per l’intera comunità e che per tale motivo siano soluzioni emerse da una larga condivisione. Tale che sia effettiva garanzia per tutti.
Le tasse in modo progressivo e relazionate al reddito sono generalmente pagate da percettori di reddito e beneficiari di patrimoni (almeno in teoria) e senza che si possa discriminare sulle idee dei contribuenti. Anche i diritti di ciascuno, pertanto, dovrebbero essere rispettati e senza eccezioni.
Un diritto fondamentale è quello della giustizia. L’esercizio deve corrispondere alla reale uguaglianza per tutti ed il diritto dell’utente, attivo o passivo, consiste nella richiesta di uno svolgimento senza discriminazioni di pensiero politico, di condizione sociale, di razza o di religione. Nessun privilegio per ricchi o per più capaci e nessuna penalizzazione per diseredati e meno capaci. Neanche il ruolo nella società può essere preso a motivo per considerare prevalente la funzione di uno rispetto a quella dell’altro. Un funzionario pubblico, come tutti ed in maniera uguale agli altri, deve godere degli stessi diritti ed avere gli stessi obblighi attribuiti a ciascuno.
Oggi, invece, non sembra che in Italia le cose siano in questi termini. Ci sono categorie che sono più uguali degli altri e servizi esercitati in modo assoluto, in modo soggettivo, ed anche pericolosamente invadenti delle prerogative degli altri. Ci sono categorie che godono di maggiori diritti ed altre di maggiori doveri e spesso con impegno inversamente proporzionale.
Si pensi ad esempio ai magistrati e per controverso alle forze all’ordine. I primi sembra che stabiliscano da soli i limiti dei loro obblighi mentre ai secondi vengono negati persino i diritti. Ai primi nell’ultima finanziaria è stata stralciata la norma che limitava gli aumenti dei loro salari, ai secondi si riservano risorse da fame. I primi non pagano mai, anche quando la loro azione è rivolta contro cittadini risultati innocenti, i secondi pagano sempre, anche senza responsabilità, ed in molte circostanze pagano anche prezzi al di là di ogni limite umano.
Ora sembra che il CSM si sia soffermato nella valutazione di azioni di controllo e di monitoraggio sui comportamenti e le azioni di alcuni magistrati. Non si sa ancora se in modo illecito per accesso a informazioni riservate o private.
I contenuti di questa azione, per quel che è dato sapere, si riferiscono ad un agente che avrebbe inserito nel proprio computer una serie di informazioni o schedature di alcuni magistrati impegnati più sul fronte politico che su quello dell’amministrazione della giustizia. La raccolta di informazioni, inoltre, sarebbe limitata ad episodi riportati dalla stampa o reperibili facilmente da siti accessibili su internet.
Se si fosse trattato della raccolta di informazioni relative alle attività di ingegneri o notai, ovvero medici, il caso non avrebbe destato alcuna attenzione, se non carpite con metodi illegali. Il solo fatto, però, che ha interessato i magistrati è fonte di clamore e di preoccupazioni, tale da far gridare alla richiesta di commissioni parlamentari ed addirittura, vedi Fassino (che faccia tosta!), all’individuazione di responsabilità oggettive da parte del Presidente del Consiglio del periodo.
C’è da porsi una domanda che emerge spontanea quando succedono episodi del genere: avevano od hanno i magistrati qualcosa da nascondere?
Se il politico ha da essere trasparente e la sua condotta debba apparire “come in una casa di vetro”, il magistrato lo ha da essere ancora di più. Il politico riceve un mandato dagli elettori ed è espressione della democrazia e delle istituzioni democratiche di un Paese. Il magistrato è un funzionario dello Stato che ha un compito molto delicato e possiede uno strumento di estrema pericolosità sociale che è quella della condizione di libertà dei cittadini. Il magistrato non deve avere niente da nascondere e non dovrebbe avere niente da temere dal controllo della sua attività.
E’ vero che si vorrebbe che la sua attività non sia monitorata da un Pio Pompa qualsiasi ma direttamente dai cittadini attraverso strumenti di controllo e vincoli che, come si dice, li obblighi non solo ad essere ma anche ad apparire al di sopra delle parti.
Si discute la riforma della magistratura ed i magistrati rifiutano ogni cambiamento, minacciano addirittura scioperi contro una riforma che non tocca neanche da lontano l’esercizio autoreferente di una attività che negli ultimi anni ha seminato molte perplessità. Una riforma che neanche prova ad adeguare l’esercizio dell’attività giudiziaria ai modelli in uso nelle civiltà democratiche dell’occidente e mantiene una assurda contiguità tra due delle tre parti del processo penale.
Si vorrebbe un’Italia democratica avviata a risolvere le questioni di tutti i giorni ed i bisogni di una società che cresce anche nelle esigenze e nella consapevolezza dei propri diritti. Siamo, invece, ancora a rincorrere gli equilibri della nostra civiltà dove ci sono funzioni e burocrazie che strozzano le libertà di ciascuno.
E’ proprio dalla giustizia che dovrebbe partire la rivoluzione liberale del ventunesimo secolo.
Vito Schepisi


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