Le contraddizioni della sinistra e l’incapacità di rappresentare un riferimento coerente per un movimento politico su cui incentrare la spinta di un programma innovativo, pluralista e coerente, hanno reso già deludente, prima della sua nascita, il “Partito Democratico”.
Da ciò che emerge dalle intenzioni di voto degli italiani, questa formazione, su cui convergerebbero forze di estrazione marxista, cattolica e di democrazia liberale, prenderebbe meno consensi dei partiti che la comporrebbero.
E’ evidente che nonostante la semplificazione richiesta dagli elettori, l’unione tra ex o post comunisti e laici e cattolici lascia sul campo la posta delle sue contraddizioni.
Agli occhi dei cittadini offre l’idea di una coperta dai lati più corti del necessario che voglia coprire miserie, illusioni, realtà e l’arroganza di chi ritiene di poter bluffare e prendersi gioco degli elettori.
Un movimento politico, più che sui numeri, nasce nelle coscienze.
Il risultato non è mai la somma algebrica dei sentimenti che si uniscono.
Può essere superiore, ma anche inferiore come nel caso in questione.
E’ superiore se è la convergenza su un metodo ed una linea politica, con riferimenti radicati nella società, che spesso allarga lo spazio del suo interesse, incontrando credibilità ed equilibrio sufficiente per diventare un programma di governo, una scelta di sviluppo sociale, una fonte di politiche virtuose e potenzialmente un progetto per la diffusione del benessere.
E’ superiore se viene riconosciuta l’omogeneità degli obiettivi, la convergenza di idee politiche che abbiano i presupposti della realizzazione di un preciso progetto politico.
Al contrario la convergenza strumentale di diversità che hanno riferimenti spesso separati e contraddittori nella società riduce il suo spazio di azione, perché evoca compromessi e condizionamenti che non sono sempre accettabili.
L’essere poi uniti per essere contro non è mai un valore, anzi è un limite al percorso politico perché è una finzione di unitarietà: un sofisma politico.
Il “partito Democratico” che si vuole realizzare in Italia l’ho sempre definito una finzione storica prima che politica.
E’ la realizzazione dopo circa 30 anni dell’idea del “compromesso storico”.
Questo concetto lo vado ripetendo da tempo.
Lo scorso anno ho già avuto modo di osservare che l’idea di creare un partito unico della sinistra riformista si scontra contro tre realtà nello stesso tempo.
La prima è che la sinistra che lo promuove è per molti versi conservatrice.
L’incontrario della definizione che a questo nuovo soggetto politico si vuole dare.
La seconda è che le anime che lo animerebbero sono in antitesi storica.
La terza realtà è che questo partito sarebbe una sintesi di almeno tre, se non più, correnti di pensiero espresse in Europa.
Se così fosse nella Comunità, dove liberali, popolari e socialisti rappresentano la stragrande maggioranza, non ci sarebbe confronto ma pensiero unico.
Tutto questo è percepito dall’elettore che si pone domande ed immagina prospettive ed epiloghi di politiche che non sempre riescono ad interpretare le indicazioni della società e che il più delle volte non risultano chiare.
L’Italia, al contrario, avrebbe bisogno di due schieramenti “moderati” (dove per moderati si intende, liberi dai condizionamenti delle ali estreme) che riflettano due visioni laiche del percorso politico.
Da una parte spinte di scelte di libertà e di mercato, con le garanzie proporzionate allo sviluppo e, dall’altra, spinte di scelte di solidarietà e con lo sviluppo proporzionato alle garanzie.
Sembrerebbe così semplice!
Nel dibattito degli ultimi mesi il “Partito Democratico” è sembrato che si schierasse all’interno della sinistra europea, facendo osservare a molti ex popolari che non avrebbero finito i loro giorni con la divisa dei socialisti.
Viceversa l’ipotesi di un partito democratico, fuori dalla famiglia del socialismo europeo, ha motivato la reazione di quanti hanno ritenuto di dover ribadire che la loro aspirazione non fosse quella di dover finire di avere le sembianze dei democristiani.
Alla luce di quanto emerge e delle difficoltà avvertite, appare azzardata la profezia di Bersani:
«Sarà come un treno in corsa, nessuno si butterà sui binari per arrestarlo».
Tanto azzardata ed improvvida per quanto sembra ora lenta la corsa del treno e per quanto incerta la sua direzione.
Da ciò che emerge dalle intenzioni di voto degli italiani, questa formazione, su cui convergerebbero forze di estrazione marxista, cattolica e di democrazia liberale, prenderebbe meno consensi dei partiti che la comporrebbero.
E’ evidente che nonostante la semplificazione richiesta dagli elettori, l’unione tra ex o post comunisti e laici e cattolici lascia sul campo la posta delle sue contraddizioni.
Agli occhi dei cittadini offre l’idea di una coperta dai lati più corti del necessario che voglia coprire miserie, illusioni, realtà e l’arroganza di chi ritiene di poter bluffare e prendersi gioco degli elettori.
Un movimento politico, più che sui numeri, nasce nelle coscienze.
Il risultato non è mai la somma algebrica dei sentimenti che si uniscono.
Può essere superiore, ma anche inferiore come nel caso in questione.
E’ superiore se è la convergenza su un metodo ed una linea politica, con riferimenti radicati nella società, che spesso allarga lo spazio del suo interesse, incontrando credibilità ed equilibrio sufficiente per diventare un programma di governo, una scelta di sviluppo sociale, una fonte di politiche virtuose e potenzialmente un progetto per la diffusione del benessere.
E’ superiore se viene riconosciuta l’omogeneità degli obiettivi, la convergenza di idee politiche che abbiano i presupposti della realizzazione di un preciso progetto politico.
Al contrario la convergenza strumentale di diversità che hanno riferimenti spesso separati e contraddittori nella società riduce il suo spazio di azione, perché evoca compromessi e condizionamenti che non sono sempre accettabili.
L’essere poi uniti per essere contro non è mai un valore, anzi è un limite al percorso politico perché è una finzione di unitarietà: un sofisma politico.
Il “partito Democratico” che si vuole realizzare in Italia l’ho sempre definito una finzione storica prima che politica.
E’ la realizzazione dopo circa 30 anni dell’idea del “compromesso storico”.
Questo concetto lo vado ripetendo da tempo.
Lo scorso anno ho già avuto modo di osservare che l’idea di creare un partito unico della sinistra riformista si scontra contro tre realtà nello stesso tempo.
La prima è che la sinistra che lo promuove è per molti versi conservatrice.
L’incontrario della definizione che a questo nuovo soggetto politico si vuole dare.
La seconda è che le anime che lo animerebbero sono in antitesi storica.
La terza realtà è che questo partito sarebbe una sintesi di almeno tre, se non più, correnti di pensiero espresse in Europa.
Se così fosse nella Comunità, dove liberali, popolari e socialisti rappresentano la stragrande maggioranza, non ci sarebbe confronto ma pensiero unico.
Tutto questo è percepito dall’elettore che si pone domande ed immagina prospettive ed epiloghi di politiche che non sempre riescono ad interpretare le indicazioni della società e che il più delle volte non risultano chiare.
L’Italia, al contrario, avrebbe bisogno di due schieramenti “moderati” (dove per moderati si intende, liberi dai condizionamenti delle ali estreme) che riflettano due visioni laiche del percorso politico.
Da una parte spinte di scelte di libertà e di mercato, con le garanzie proporzionate allo sviluppo e, dall’altra, spinte di scelte di solidarietà e con lo sviluppo proporzionato alle garanzie.
Sembrerebbe così semplice!
Nel dibattito degli ultimi mesi il “Partito Democratico” è sembrato che si schierasse all’interno della sinistra europea, facendo osservare a molti ex popolari che non avrebbero finito i loro giorni con la divisa dei socialisti.
Viceversa l’ipotesi di un partito democratico, fuori dalla famiglia del socialismo europeo, ha motivato la reazione di quanti hanno ritenuto di dover ribadire che la loro aspirazione non fosse quella di dover finire di avere le sembianze dei democristiani.
Alla luce di quanto emerge e delle difficoltà avvertite, appare azzardata la profezia di Bersani:
«Sarà come un treno in corsa, nessuno si butterà sui binari per arrestarlo».
Tanto azzardata ed improvvida per quanto sembra ora lenta la corsa del treno e per quanto incerta la sua direzione.
Vito Schepisi
1 commento:
Si, probabilmente lo e
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