08 giugno 2014

Renzi ci dice che l'Italia va. Ma non è così.


La Bce abbassa il costo del denaro al minimo storico, allo 0,15%. Il provvedimento può favorire le imprese per la riduzione dei costi degli impieghi bancari, consentendo alle stesse di allargare i margini di redditività degli investimenti.
Draghi, ancora, annuncia operazioni di rifinanziamento a medio e lungo termine rivolti al settore famiglie, per invogliare i consumi e far ripartire, con una domanda più sostenuta, la dinamica dell'inflazione.
In Italia, però, le cose non sono così semplici. La produzione industriale sta calando e preoccupa non poco la crescita della disoccupazione. C'è molta confusione. Anche le recenti notizie sugli scandali e le tangenti, dall'Expo al Mose, consolidano quel senso di sfiducia che induce al risparmio più che alla spesa.
Il voto a Renzi alle Europee non va letto come una scelta verso il PD, ma come un voto di speranza. Gli italiani hanno voluto dar credito a un uomo che dice e promette tante cose. Tutti, ora, sono in attesa dei fatti, ma è difficile che arrivino. Per i fatti non ci sono le condizioni politiche, e lo spettro del voto anticipato rende impraticabili le iniziative impopolari.
La pressione fiscale italiana è di 4 punti superiore alla media europea e rende meno competitiva la nostra produzione. Bisognerebbe abbassarla, ma la tendenza è invece all'aumento. Tasi e Tari e altre diavolerie si preannunciano come salassi sugli italiani e si parla anche di una manovra aggiuntiva. Mancano 6 miliardi all'appello.
Le condizioni del Paese sono schizofreniche, il decreto Poletti non entusiasma: la crescita e il lavoro non decollano. Le imprese si sentono vessate e dove non arrivano tasse e balzelli, arriva la burocrazia con la sua ottusità.
I salari medi italiani sono al di sotto, per 500 euro, della media europea, mentre il costo della vita è allineato a quello della media. L'impatto è travolgente perché il costo medio della vita in Italia assorbe l'83,8% del reddito, mentre in Europa non supera il 68%.
Se prendessimo a confronto alcuni dati delle condizioni di vita dei lavoratori italiani, con quelli della Germania, penseremmo al confronto dei dati di un paese europeo con quelli di uno del terzo mondo. Facciamolo: il reddito medio in Germania è pari a 2.580 Euro al mese, in Italia è di 1.410 (meno del 55%); il costo della vita in Germania è di 37,2 Euro al giorno, in Italia è di 39,4 (in Italia la vita costa di più per 2,2 Euro. E' assurdo ma è così!); l'impatto in Germania del costo della vita sul reddito è del 43,2%, in Italia è dell' 83,8%, quasi il doppio.
Nel 2013 i risultati delle elezioni politiche avevano imposto un Governo di larghe intese. Poteva essere sfruttato per fare le riforme e con queste riprendere a fare politica, non beghe. Politica economica per riequilibrare i costi dello Stato e adeguarli alle esigenze dei cittadini, tagliando gli sprechi, i privilegi, gli abusi, i lussi. Poteva essere il momento buono per rischiare l'impopolarità prendendo decisione condivise e responsabili. La “mission” doveva essere quella di ridurre la pressione fiscale di pari passo con la riduzione delle spese; si dovevano fare le riforme per rendere più trasparente e sicura la giustizia italiana, più efficiente e pronto il Governo, più responsabile e laborioso il Parlamento, meno arraffona e più sobria la politica e i partiti.
Niente! Dopo 15 mesi stiamo peggio di prima, con i partiti più frantumati e litigiosi, una maggioranza incapace e senza una precisa direzione politica.
C’è solo la BCE di Draghi che ci prova, con il disappunto della Merkel, a creare le condizioni per far ripartire il Paese.

Basterà?

Pubblicato su EPolis Bari del 7 giugno 2014
Vito Schepisi

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