30 luglio 2010

Corruzione e politica


E’ evidente che in Italia ci sia un andazzo che alimenta il malcostume amministrativo, come è evidente che il malaffare si insinui in ogni possibile spiraglio in cui circolano appalti e danaro.
Ed è evidente che la politica si intrufoli nel mestare e nell’amplificare a danno del proprio avversario politico le responsabilità del fenomeno. In particolare si cimenta nell’impresa quella parte che non avendo proposte di governo di ampio respiro da far valere, con una buona dose di ipocrisia e con la compiacenza di una evidente partigianeria che cova all’interno del sistema giudiziario italiano, strumentalizza il malessere dei cittadini. Accanimento e strabismo si mischiano a teoremi ed atti investigativi che media ed opposizione, ma anche frange interne alla maggioranza, interessate a rovesciare gli equilibri di gestione, come un concerto in crescendo, come nel Bolero di Ravel, diffondono con misurato tempismo.
La tentazione è una debolezza propria degli uomini, ed il cedimento al suo richiamo non appartiene agli uni o agli altri per scelta o per natura. Non si può stabilire che “tutti quelli che …” sono vulnerabili mentre “quegli altri che non … “, invece non lo siano. Sulla tesi di diffusa ed equa tentazione al comportamento delittuoso, si potrebbero infatti citare tantissimi episodi ed altrettante iniziative giudiziarie in più regioni d’Italia, del sud come del nord, del centro come delle isole.
Il fenomeno è dunque trasversale, sia geograficamente che politicamente.
Cedere alla tentazione fa parte della natura dell’uomo. L’essere umano è per definizione debole, e non solo nella carne, ma anche verso i richiami edonistici in genere, e poi nei sentimenti e nel senso morale. Sostenere il contrario, salvo moltissime eccezioni per fortuna, sarebbe ingiusto e scorretto. E sarebbe anche sleale non osservare che, per quantità e peso, alcune situazioni di arroganza e di malcostume politico farebbero pendere la bilancia del disappunto proprio verso quella parte politica che oggi fa appello alla questione morale.
Chi fa professione di virtuosità, e chi porta avanti il “giustizialismo” come “missione” prioritaria e caratteristica della propria azione politica, infatti, non può affatto chiamarsi fuori. A veder bene le cose, al contrario, il fenomeno coinvolgerebbe anche più degli altri quelle formazioni politiche sorte dalla raccolta di avventurieri e di personaggi ai margini dei partiti tradizionali. Il fenomeno, infatti, appare ben più grave se si pensa che per la corruzione conti tantissimo il consolidamento e la stabilità in una funzione amministrativa. C’è gente, ahinoi, che impara velocemente ad abusare del proprio ruolo.
La corruzione è una costante nella gestione pubblica, naturalmente nasce laddove ci sia un potere capace di orientare le scelte e di gestirne i processi esecutivi. Maggiore è la portata degli interventi previsti, maggiori sono gli appetiti, e maggiori sono i pericoli della creazione di sistemi corruttivi. Non esiste un potere pubblico che non abbia il suo sistema consolidato di interessi, privilegi e discriminazioni.
La fonte principale del fenomeno corruttivo, la responsabilità dunque, è nel sistema.
Nella cosiddetta prima repubblica la corruzione ha consentito l’allargamento di un sottobosco politico, sindacale e burocratico a cui molti cittadini hanno fatto ricorso, se non per ottenere privilegi e favori, anche per ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Nel mezzogiorno, in particolare, quando democristiani, comunisti e socialisti si spartivano tutto, anche per il rilascio di un certificato anagrafico era necessario avere le conoscenze utili. I finanziamenti ai partiti ed alle correnti facevano parte di quei misteri di cui tutti erano al corrente, anche se tutti facevano finta di non sapere. La stessa magistratura l’ha tollerato per anni, ma solo dal 1989 in poi, dopo la grande amnistia che ha cancellato tutti i reati dei finanziamenti illeciti, soprattutto quelli del pci, s’è accorta che in Italia c’era una tassa in più a carico dei cittadini: la tangente.
Per comprendere la dimensione dell’ipocrisia politica, ci sarebbe da rileggersi il discorso di Craxi alla Camera nel 3 luglio del 1992: “Ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare od illegale” – “Non credo che ci sia nessuno in quest'aula, responsabile politico di organizzazioni importanti che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro". Naturalmente nessuno si alzò a dichiarare la propria virtuosità o quella del proprio partito. Se si fosse alzato un Di Pietro, che a quei però faceva il magistrato, anche lui sarebbe stato accusato di “spergiuro”.
La corruzione è nel sistema perché consente che si consolidi un potere burocratico enorme che passa attraverso le maggioranze ed i partiti. E’ nel sistema perché le regole non sono chiare e perché vengono facilmente aggirate. Perché consente istituti giuridici che di per se sono leve di abusi e di infiltrazioni malavitose, come quello della revisione dei prezzi, come quello dei subappalti, come quello delle varianti.
La facoltà di moltiplicare gli appalti (stato, regioni, provincie e comuni) senza che agli enti interessati derivi una precisa responsabilità giuridico-economico-fiscale, ad esempio per l’eolico ed il fotovoltaico, dove ogni regione fa per se, finisce col creare sempre nuove focolai di illeciti e di interessi particolari. Si vorrebbe sapere, ad esempio, se ciò che è reato per la Sardegna lo sia anche per la Puglia.
E ci piacerebbe sapere anche se mettersi d’accordo per far pressione su Mattarrese per l’acquisizione di Giovinco al Bari sia anche un’attività di associazione segreta. Coi tempi che corrono … meglio sapere!
Vito Schepisi

9 commenti:

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