Si apprende che l'On. Di Pietro abbia osservato che a Montecitorio non ci sia nessuno che voglia pranzare in sua compagnia. L'ex magistrato ha aperto la campagna elettorale in Puglia traendone buoni auspici per il suo partito. Buoni presentimenti colti dalla difficoltà dei suoi colleghi deputati a relazionarsi con lui. Sostiene che tutti mostrino di temerlo e che sia proprio la crescita delle inimicizie a fargli trarre sentore di grandi successi politici. Sono le stesse conclusioni di Benito Mussolini, quando sosteneva "tanti nemici, tanto onore", anche se sarebbe prudente non fargli sapere quanto dalla quantità dei suoi nemici Mussolini traesse la misura dei suoi meriti. E’ bene che il leader dell’Idv non si monti ulteriormente la testa. E’ già difficile digerirlo per quello che è, da sembrar sin troppo inquietante pensarlo in ruoli ancor più arroganti ed autoritari. Sarebbe davvero eccessivo!
Il molisano avrebbe più affinità elettive con Hugo Chavez: stessi modi rozzi, stessa violenza espressiva, stessa mancanza di cultura. Non sappiamo, però, per i congiuntivi! La figura di Mussolini, invece, pur discutibile come lo è Di Pietro, anche lui abile nel sollecitare gli istinti più che la ragione, ha avuto un rilievo storico ed un ruolo autorevole nella coscienza del tempo, con personalità decisamente diversa dall’ex poliziotto di Montenero di Bisaccia. Paragonare Di Pietro al dittatore di Predappio è senza dubbio un azzardo storico ed intellettuale a tutto svantaggio del secondo. Mussolini non aveva solo carattere e lucidità politica ma anche maggiori qualità umane ed una cultura ben più solida di Di Pietro. Più raffinato, più carismatico, oratore retorico ma molto efficace. Niente a che fare, insomma, con il molisano cresciuto a manette e trattore.
Saranno altre, però, le motivazione che spingono i Parlamentari a disdegnare la compagnia di Di Pietro. Il personaggio si presta a riflessioni poco lusinghiere sulla sua capacità di mantenere a lungo le amicizie. Tutti i compagni dei percorsi politici seguiti dal leader giustizialista hanno poi avuto parole molto dure nei suoi confronti. I parlamentari degli schieramenti avversari non hanno poi particolari motivi d’amicizia con Di Pietro. Lo immaginano sempre pronto ad utilizzare qualsiasi confidenza che fosse utile alla sola sua causa, anche se dovesse tradire la riservatezza di coloro che gli hanno mostrato amicizia. Di Pietro è come il suo trattore, passa sopra a tutto e non fa niente per dissipare quest’impressione. Con la sua antenna moralizzatrice e forcaiola è più pericoloso di una microspia collocata per l’intercettazione ambientale. Non deve essere un piacere pranzare con Di Pietro, se si immagina ad una tavola imbandita come ad un luogo ideale per le confidenze, per i pettegolezzi, per le malignità, per le supposizioni e per il chiacchiericcio politico.
Nessuno ha, infatti, conservato a lungo stima per Di Pietro. A suo tempo neanche il capo della Procura di Milano, Borrelli. Tanti sostengono che il personaggio non sia un esempio di lealtà e che sia pronto a rimangiarsi la parola data in qualsiasi momento. Sono note le liti con i compagni di cordate elettorali a cui ha sottratto voti, rifiutandosi poi di dividere i rimborsi elettorali.
Per Di Pietro vale sempre la metafora, famosa ai tempi di mani pulite, del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, utilizzata sempre a seconda delle opportunità, tanto che tutto ciò che vale per gli altri non è detto che valga anche per lui o per chi gli sia vicino. Gli unici che gli sono stati vicini, da sempre, sono solo i componenti della sua famiglia ed il tesoriere del suo partito.
Due pesi e due misure per ogni cosa. Un giudizio severo per gli altri, comprensione ed assoluzione per se stesso e per chi gli faccia comodo. Anche le intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto il figlio hanno un peso diverso. Fa acqua anche la sua reiterata asserzione del rispetto della magistratura, se poi ad esserne vittima è un magistrato che scende in corsa alle europee con il suo partito. Quando è stato ministro arrivò ad sospendersi dall’incarico, pur non essendo prevista dalla nostra Costituzione la facoltà di esercitare le funzioni di Ministro ad intermittenza a seconda degli umori del giorno. Una via di mezzo tra la sguscevole sagoma del protagonista della commedia all’italiana e l’uomo nero che si usava per rabbonire la vivacità dei bambini. Riesce così difficile pensare a Di Pietro meritevole di “tanto onore” per la misura della quantità dei suoi nemici!
Il molisano avrebbe più affinità elettive con Hugo Chavez: stessi modi rozzi, stessa violenza espressiva, stessa mancanza di cultura. Non sappiamo, però, per i congiuntivi! La figura di Mussolini, invece, pur discutibile come lo è Di Pietro, anche lui abile nel sollecitare gli istinti più che la ragione, ha avuto un rilievo storico ed un ruolo autorevole nella coscienza del tempo, con personalità decisamente diversa dall’ex poliziotto di Montenero di Bisaccia. Paragonare Di Pietro al dittatore di Predappio è senza dubbio un azzardo storico ed intellettuale a tutto svantaggio del secondo. Mussolini non aveva solo carattere e lucidità politica ma anche maggiori qualità umane ed una cultura ben più solida di Di Pietro. Più raffinato, più carismatico, oratore retorico ma molto efficace. Niente a che fare, insomma, con il molisano cresciuto a manette e trattore.
Saranno altre, però, le motivazione che spingono i Parlamentari a disdegnare la compagnia di Di Pietro. Il personaggio si presta a riflessioni poco lusinghiere sulla sua capacità di mantenere a lungo le amicizie. Tutti i compagni dei percorsi politici seguiti dal leader giustizialista hanno poi avuto parole molto dure nei suoi confronti. I parlamentari degli schieramenti avversari non hanno poi particolari motivi d’amicizia con Di Pietro. Lo immaginano sempre pronto ad utilizzare qualsiasi confidenza che fosse utile alla sola sua causa, anche se dovesse tradire la riservatezza di coloro che gli hanno mostrato amicizia. Di Pietro è come il suo trattore, passa sopra a tutto e non fa niente per dissipare quest’impressione. Con la sua antenna moralizzatrice e forcaiola è più pericoloso di una microspia collocata per l’intercettazione ambientale. Non deve essere un piacere pranzare con Di Pietro, se si immagina ad una tavola imbandita come ad un luogo ideale per le confidenze, per i pettegolezzi, per le malignità, per le supposizioni e per il chiacchiericcio politico.
Nessuno ha, infatti, conservato a lungo stima per Di Pietro. A suo tempo neanche il capo della Procura di Milano, Borrelli. Tanti sostengono che il personaggio non sia un esempio di lealtà e che sia pronto a rimangiarsi la parola data in qualsiasi momento. Sono note le liti con i compagni di cordate elettorali a cui ha sottratto voti, rifiutandosi poi di dividere i rimborsi elettorali.
Per Di Pietro vale sempre la metafora, famosa ai tempi di mani pulite, del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, utilizzata sempre a seconda delle opportunità, tanto che tutto ciò che vale per gli altri non è detto che valga anche per lui o per chi gli sia vicino. Gli unici che gli sono stati vicini, da sempre, sono solo i componenti della sua famiglia ed il tesoriere del suo partito.
Due pesi e due misure per ogni cosa. Un giudizio severo per gli altri, comprensione ed assoluzione per se stesso e per chi gli faccia comodo. Anche le intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto il figlio hanno un peso diverso. Fa acqua anche la sua reiterata asserzione del rispetto della magistratura, se poi ad esserne vittima è un magistrato che scende in corsa alle europee con il suo partito. Quando è stato ministro arrivò ad sospendersi dall’incarico, pur non essendo prevista dalla nostra Costituzione la facoltà di esercitare le funzioni di Ministro ad intermittenza a seconda degli umori del giorno. Una via di mezzo tra la sguscevole sagoma del protagonista della commedia all’italiana e l’uomo nero che si usava per rabbonire la vivacità dei bambini. Riesce così difficile pensare a Di Pietro meritevole di “tanto onore” per la misura della quantità dei suoi nemici!
Vito Schepisi
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