Non so se sia così in tutta Italia ma dalle mie parti quando si ha a che fare con un individuo riprovevole s’usa dire: “dovresti vergognarti persino d’essere nato”. Ma sappiamo che il senso etico di ciascuno è ben distinto o ancora che questi ne possa anche avvertire la misura, ma l’indole meschina di poterne e volerne valutare la portata finisce sempre per indurre ad optare per l’uso strumentale della propria pochezza.
In causa è spesso l’ignoranza a cui sopraggiunge l’esercizio di un benché minimo potere. Esercitarlo, se pone dubbi e mette in crisi le menti illuminate, le persone tolleranti e le coscienze democratiche, fa “esondare” di insipiente soddisfazione ogni limitato. “noi gonfiamo e divegnamo superbi, e non ricapendo in noi... essondiamo” (Boccaccio).
Parlare degli uomini, quando ci si riferisce agli altri, è cosa anche semplice e se si è prudenti lo si può fare impunemente. La libertà di parola avrebbe il solo limite verso l’ingiuria e la diffamazione, ed anche questi limiti, a seconda della parte offesa, a volte vengono superati
L’offesa ha così il suo limite nell’uso delle parole, ovvero nel significato comune che alle stesse generalmente si dà. Ad esempio, se Di Pietro avesse detto che Berlusconi si occupa di attricette per favorirne la carriera, sfruttandone eventuali vantaggi politici e/o edonistici, avrebbe anche potuto evitare l’annunciata querela e offrire ugualmente la stessa immagine, che l’ex magistrato voleva focalizzare, e cioè quella di un Presidente del Consiglio avvezzo ad attività al limite del lecito e comunque oltremodo frivole rispetto al suo ruolo.
Ma parlare di “magnaccia” non solo è da trivio ma inserisce nel concetto anche un’evidente carica di violenza.
In causa è spesso l’ignoranza a cui sopraggiunge l’esercizio di un benché minimo potere. Esercitarlo, se pone dubbi e mette in crisi le menti illuminate, le persone tolleranti e le coscienze democratiche, fa “esondare” di insipiente soddisfazione ogni limitato. “noi gonfiamo e divegnamo superbi, e non ricapendo in noi... essondiamo” (Boccaccio).
Parlare degli uomini, quando ci si riferisce agli altri, è cosa anche semplice e se si è prudenti lo si può fare impunemente. La libertà di parola avrebbe il solo limite verso l’ingiuria e la diffamazione, ed anche questi limiti, a seconda della parte offesa, a volte vengono superati
L’offesa ha così il suo limite nell’uso delle parole, ovvero nel significato comune che alle stesse generalmente si dà. Ad esempio, se Di Pietro avesse detto che Berlusconi si occupa di attricette per favorirne la carriera, sfruttandone eventuali vantaggi politici e/o edonistici, avrebbe anche potuto evitare l’annunciata querela e offrire ugualmente la stessa immagine, che l’ex magistrato voleva focalizzare, e cioè quella di un Presidente del Consiglio avvezzo ad attività al limite del lecito e comunque oltremodo frivole rispetto al suo ruolo.
Ma parlare di “magnaccia” non solo è da trivio ma inserisce nel concetto anche un’evidente carica di violenza.
Voluta la violenza? O frutto casuale di un insipiente uso della parola? Forse un po’ l’una ed un po’ l’altra cosa: per accentuare lo scontro e, consapevole della presenza nel Paese di fasce di intolleranti, porsi quale più credibile oppositore di questo governo, ovvero per incapacità di esprimersi in modo civile. La sua indole di poliziotto, incline ai metodi sbrigativi ed all’uso gridato della parola, alla fine prevale comunque, anche quando i nuovi ruoli imporrebbero comportamenti diversi e soprattutto classe, educazione e rispetto istituzionale.
Il personaggio è “scarpa grossa e cervello fine” come si dice degli italiani del meridione d’Italia. Possiede la furbizia di coloro che non si pongono scrupoli, come quando da magistrato ha inflitto più pene inquisitorie che condanne agli imputati che gli capitavano a tiro; più violenza verbale, tipo “a quello lo spezzo”, che qualità giuridiche.
Cosa pensa di Di Pietro una notevole quantità di cittadini italiani, e forse non solo italiani, non emerge e per ovvie ragioni non può emergere. Alcuni pensieri sono irripetibili e questa volta non per buon gusto ma per l’abitudine del signore in questione alla querela ed alla richiesta risarcitoria che la corporazione, alla casta, non nega mai.
Si può dire, però, ciò che nell’ex magistrato, nell’uomo e nel politico non emerge. Non abbiamo riscontri, ad esempio, della sua capacità intellettuale tale da consentirgli di vincere un concorso in magistratura. Non abbiamo potuto apprezzare i suoi modi democratici, la sua finezza espressiva, la sua umanità nell’esercizio delle sue funzioni prima di magistrato e poi di politico. Non abbiamo alcuna indicazione sul suo programma politico che prescinda dai temi sulla giustizia, dal suo giustizialismo e dall’odio verso Berlusconi. Anche la strategia della convergenza elettorale col PD lascia perplessi prima che gli elettori, gli stessi dirigenti del Partito Democratico.
Un furore degno di causa migliore. Tanto da lasciar il dubbio in molti che, come tutti gli amanti dei metodi sbrigativi, abbia bisogno di individuare un proprio nemico. Nella passata legislatura, al Governo con Prodi, non poteva prendersela più di tanto con l’opposizione ed il suo nemico era Mastella, ma anche Pannella quando gli capitava a tiro.
In questa legislatura il bersaglio più “eccellente” (chiedo scusa per il dipietrismo.Ndr) per politici e magistrati non può che essere Berlusconi.
In altri tempi l’avrebbero tacciato di atteggiamento reazionario, di neo fascismo e non gli avrebbero consentito spazio nel confronto politico. Oggi, invece, tutto ciò che è utile al sistema della delegittimazione dell’avversario politico è utilizzato senza troppa vergogna. Anche se scaturisce da persone che adottano metodi e mostrano indole autoritaria.
Abbiamo perduto il gusto dello scontro politico duro ma serio e corretto. Abbiamo perduto il gusto della lealtà e della dialettica raffinata.
Ora siamo alla mercé di guitti e umorali, siamo a doverci difendere dagli assalti dell’opportunismo ignorante.
Vito Schepisi
Il personaggio è “scarpa grossa e cervello fine” come si dice degli italiani del meridione d’Italia. Possiede la furbizia di coloro che non si pongono scrupoli, come quando da magistrato ha inflitto più pene inquisitorie che condanne agli imputati che gli capitavano a tiro; più violenza verbale, tipo “a quello lo spezzo”, che qualità giuridiche.
Cosa pensa di Di Pietro una notevole quantità di cittadini italiani, e forse non solo italiani, non emerge e per ovvie ragioni non può emergere. Alcuni pensieri sono irripetibili e questa volta non per buon gusto ma per l’abitudine del signore in questione alla querela ed alla richiesta risarcitoria che la corporazione, alla casta, non nega mai.
Si può dire, però, ciò che nell’ex magistrato, nell’uomo e nel politico non emerge. Non abbiamo riscontri, ad esempio, della sua capacità intellettuale tale da consentirgli di vincere un concorso in magistratura. Non abbiamo potuto apprezzare i suoi modi democratici, la sua finezza espressiva, la sua umanità nell’esercizio delle sue funzioni prima di magistrato e poi di politico. Non abbiamo alcuna indicazione sul suo programma politico che prescinda dai temi sulla giustizia, dal suo giustizialismo e dall’odio verso Berlusconi. Anche la strategia della convergenza elettorale col PD lascia perplessi prima che gli elettori, gli stessi dirigenti del Partito Democratico.
Un furore degno di causa migliore. Tanto da lasciar il dubbio in molti che, come tutti gli amanti dei metodi sbrigativi, abbia bisogno di individuare un proprio nemico. Nella passata legislatura, al Governo con Prodi, non poteva prendersela più di tanto con l’opposizione ed il suo nemico era Mastella, ma anche Pannella quando gli capitava a tiro.
In questa legislatura il bersaglio più “eccellente” (chiedo scusa per il dipietrismo.Ndr) per politici e magistrati non può che essere Berlusconi.
In altri tempi l’avrebbero tacciato di atteggiamento reazionario, di neo fascismo e non gli avrebbero consentito spazio nel confronto politico. Oggi, invece, tutto ciò che è utile al sistema della delegittimazione dell’avversario politico è utilizzato senza troppa vergogna. Anche se scaturisce da persone che adottano metodi e mostrano indole autoritaria.
Abbiamo perduto il gusto dello scontro politico duro ma serio e corretto. Abbiamo perduto il gusto della lealtà e della dialettica raffinata.
Ora siamo alla mercé di guitti e umorali, siamo a doverci difendere dagli assalti dell’opportunismo ignorante.
Vito Schepisi
2 commenti:
Caro Schepisi
Il problema di Antonio Di Pietro è proprio l' ignoranza!
Anzi, il fatto che egli sia una persona ignorante (e tutti i suoi strafalcioni linguistici ne sono una dimostrazione) lo rende ancora più pericoloso, per gli altri e per sé stesso.
Cordiali saluti.
Caro Fucilone...leggo solo ora il tuo commento e mi scuso per il ritardo nella risposta. Di Pietro purtroppo è uno strumento, un arnese che verrebbe riposto non appena dovesse raggiungere l'obiettivo che i suoi utilizzatori si prefiggono. Per la sua mediocrità non s'accorge che dal suo opportunismo, e dalla sua presunzione nel cavalcare la protesta e l'antipolitica per accrescere il suo conseno, finirà con restare schiacciato dalla sua stessa cretura. C'è una minoranza in Italia che vorrebbe un Paese in confusione. Chi s'accorge, ad esempio, che è finito il tempo di vivere bene alle spalle del prossimo e nella sua vita non ha mai fatto altro che questo, ha tutto l'interesse a ritardare il ritorno alla normalità, dove prevale chi si impegna di più. In questa Italia dove anche i "beoti" vincono il premio Nobel....!!!
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