21 gennaio 2008

L'Italia da rifare


Cosa pensano di fare? Cosa pensa la sinistra italiana di ricavare dal clima di rissa che fomenta? La consapevolezza di essere minoranza nel Paese deve averli portati alla follia.
Hanno fallito i loro obiettivi. A loro discolpa solo il dubbio, e neppure generale, che sia più il risultato della loro incapacità che della loro volontà. Danno l’idea d’essere maldestri pachidermi in un labirinto di cristalliere. Distruggono tutto ciò che toccano. Hanno deluso le aspettative che, speranzosi, milioni di italiani avevano loro affidato di rendere “felice” il Paese, come affermava l’imbroglione politico più recidivo della nostra Italia repubblicana..il p deluso le aspettative i più per incapacità che per volontàane.e coinvolga anche e soprattutto la parte politica che nel Pa Si muovono tra le barriere di un furore ideologico e gli ostacoli della loro supponenza d’esser portatori di uguaglianza e giustizia. Travolgono, come fossero inermi birilli, i margini del buon senso, della tolleranza e persino dell’interesse sociale delle fasce più deboli del Paese.
La constatazione di aver prodotto un mostro incomprensibile in cui anche la tradizione italiana di correttezza istituzionale veniva meno; il loro modo piuttosto singolare di creare spazi di sensazioni odiose di regime e di intolleranza, deve averli portati a sragionare.
Mai esistito nel Paese un clima di così odiosa ostinazione nel non prendere atto che persino nel Parlamento, non solo la maggioranza politica, che non è mai esistita, ma ora anche la maggioranza numerica non esista più.
Non si possono ignorare, soprattutto per correttezza democratica, le dichiarazioni esplicite di senatori e componenti parlamentari che hanno denunciato la fine di una stagione politica. Non si può sorvolare sulle dichiarazioni di un Ministro della Giustizia, dimessosi, che ha posto all’attenzione del Parlamento uno stato inquietante di una parte della magistratura Italiana. Se c’è una situazione che la democrazia liberale non può ignorare e soprattutto tollerare è l’esistenza di una giustizia partigiana, specialmente se la questione è stata posta nelle aule parlamentari.
Ora si beccano tra di loro e sguinzagliano i canali della mestazione politica e giudiziaria. Vogliono intorpidire il clima nella speranza che la sfiducia della gente coinvolga, anche e soprattutto, la parte politica che nel Paese è già consolidata maggioranza.
Ecco così muoversi la macchina da guerra di occhettiana memoria. E scatenano tutte le guerre possibili. Se devono perire sommersi dal letame che hanno sparso stabiliscono che lo facciano come Sansone con tutti i filistei. Prendono corpo contemporaneamente il conflitto di religione, quello giudiziario, la guerriglia dell’antipolitica, la battaglia dell’immondizia, la guerra di tutti contro tutti.
Si scatena lo scontro parlamentare e si tenta con artifizi e sollecitando astensioni, per strumentalizzare persino il regolamento del Senato dove, su un voto di sfiducia l’astensione torna a favore del no, di mantenere in vita il Governo di Prodi, il più indegno e discusso che ha mortificato il Paese e messo a dura prova la tolleranza e la sopportazione degli italiani.
Vorrebbero continuare a mantenere i loro sederi ben saldi sulla seduta e le loro mani ben strette intorno ai braccioli delle loro traballanti poltrone, avvinti, contorti e diramati come l’edera, pur navigando nella melma di una maleodorante generale immondizia che parte dalla Napoli e dalla Campania della Jervolino, di Pecoraro, Mastella e Bassolino per arrivare sui colli di Roma.
Vogliono continuare a fare mercato di nomine e di abusi. Come la stomachevole nomina alla presidenza dell’Apat (Agenzia per la protezione dell’ambiente) del capo di gabinetto del sottoposto a sfiducia Ministro per l’Ambiente in carica. Il braccio destro del ministro che si trova ad assumere nello stesso tempo il ruolo di controllore e controllato. Altro che sospetti e accuse di conflitto di interessi rivolte verso altri!
Ed è proprio il Ministro dell’Ambiente, restio a dimettersi, che è nell’occhio del ciclone per aver ridotto l’Italia ad un cumulo di spazzatura e non solo quella fisica di Napoli e della Campania, ma anche quella delle scorie strutturali di un Paese oramai vecchio ed obsoleto. Un Paese che tarda a rinnovarsi e fornirsi di strutture all’altezza dei tempi e del suo ruolo in Europa. Un paese che manca persino di seri piani energetici sufficienti a garantire sicurezza e continuità alla nostra principale fonte di ricchezza costituita dalle reti produttive e di trasformazione in campo manifatturiero ed industriale.
La vera guerra in corso però è quella alla ragione! C’è un esercito sgangherato che assomiglia tanto al Capo della Procura di Santa Maria Capua Vetere in cui configgono almeno due diverse pulsioni. Da una parta quella della riservatezza e dell’apparenza di serietà e dall’altra la voglia di essere protagonista. Per un verso il desiderio di spiegare e dar coerenza alle sue iniziative giudiziarie e dall’altra il mostrarsi indignato per la denigrazione personale riscossa dalla parte politica sottoposta alle sue diverse iniziative cautelari.
Un modo oramai classico di dire e poi minacciare di smentire e negare ciò che si è detto. Un esempio di sottocultura del diritto e delle garanzie di riservatezza e di cautela laddove, invece, si richiedono comportamenti che non solo devono essere, ma soprattutto devono apparire d’essere, specchiato esempio di professionalità e di equilibrio e non sgangherate rappresentazioni da commedia dell’arte.
La sinistra Italiana ci restituisce un’Italia allo sfascio, in crisi di valori, tartassata di balzelli fiscali, ridotta alla fame nelle fasce più deboli ed al grigiore di vita nelle fasce intermedie. Un’Italia insicura, tormentata dai dubbi sul futuro e dall’insicurezza del presente, ai margini dell’Europa, indicata nel mondo come cattivo esempio, con servizi da terzo mondo e persino senza più una compagnia aerea di bandiera. Un’Italia dispersa nella sua identità, senza valori di riferimento, involuta nella difesa dei principi dove persino il “laicismo” diventa una gabbia ideologica. Un’immagine dell’Italia che si spera di cambiare al più presto!
Vito Schepisi

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