15 gennaio 2008

Libera Chiesa in Libero Stato"


Saranno anche cervelli, ma è certo che i 60 professori della Sapienza di Roma, che hanno innescato l’ingiustificata e ridicola reazione all’invito del rettorato di far svolgere una conversazione del Papa agli studenti di quella Università, pongono preoccupanti limiti ai principi della tolleranza e del rispetto democratico.
In nessuna Università nel mondo, e tanto meno a Roma, può essere posto un limite alla libera espressione delle idee di tutti. Nessuno in democrazia deve poter impedire la pratica o l’esposizione di un pensiero religioso, per quanto possa essere considerato, in un giudizio di parte, parziale o fuorviante, ovvero ideologicamente irrazionale. Penseremmo oppressivo e totalitario uno stato ove ciò accadesse.
Solo pensare che si possa impedire a chi, bene o male, rappresenti un indirizzo ben consolidato del pensiero etico e delle radici popolari di una fede, per giunta largamente maggioritaria nel Paese, dovrebbe scuotere le coscienze libere.
Papa Benedetto XVI è il teologo che per conoscenza e profondità può considerarsi tra gli esponenti di più grosso spessore culturale della religiosità cattolica. Papa Ratzinger è oggi il simbolo più rappresentativo di quella fede religiosa su cui si è andata svolgendo la storia d’Italia dei due millenni passati. La Chiesa, la religiosità, sono espressioni secolari che non hanno tempo e si esprimono attraverso il Pontefice del periodo. Impedire al Papa di parlare equivale a reprimere l’espressione della Chiesa: è un fatto gravissimo paragonabile alla condanna islamica alla circolazione del libero pensiero religioso.
L’Italia è il Paese, forse unico al mondo, che deve necessariamente collegare alla Chiesa Cattolica, ed alla sua evoluzione nelle coscienze degli uomini, lo sviluppo di tutte le sue vicende politiche e geografiche, almeno fino all’unità d’Italia. La nostra è la storia religiosa e civile di un popolo intero che si è incrociata nell’architettura e nell’arte, nelle tradizioni e nella cultura popolare italiana con la genialità ed il gusto dell’ingegnosa espressione civile dell’Italia, diramatasi poi a permeare di cultura e civiltà tutto il mondo occidentale.
E’ questa espressione che 60 scienziati italiani, in nome della “laicità della scienza e della cultura”, e “per rispetto all’Ateneo romano”, vogliono far tacere. Ma quale laicità e quale rispetto possono essere richiamati quando si impedisce la libera espressione di un uomo che per volontà della Chiesa rappresenta miliardi di uomini al mondo?
La Chiesa cattolica, per credenti e non credenti, è poi la fonte dei principi del Cristianesimo. E’ la dottrina dei valori positivi, validi per tutti laici e religiosi, che hanno trasformato il mondo e plasmato le coscienze degli uomini ai principi della bontà, dell’amore e della fratellanza.
C’è da preoccuparsi sul serio! Quando non possono essere ritenuti semplici ignoranti coloro che si distinguono in azioni di intolleranza e di pervicace e testarda convinzione d’esser comunque nel giusto, anche quando si usano parole e metodi repressivi, vuol dire che si sta instaurando un pericoloso clima di violenza e di odio.
I 60 professori della Sapienza, sebbene esigua minoranza nell’Ateneo romano, rappresentano la punta dell’iceberg di un clima già avvertito nell’aria e che vorrebbe impedire alla Chiesa di svolgere la sua funzione di sempre in difesa della famiglia, della vita e della morigeratezza dei costumi. In che cosa dovrebbe consistere, infatti, l’azione delle autorità religiose se non nella difesa della moralità e dei principi etici? In cosa, se non nella predica e nella diffusione dei principi della Chiesa? Come si osa pensare di impedire la libertà della Chiesa nel nostro libero Stato? Come, così, non ricordare Cavour per ribadire che negli stati liberali la chiesa deve essere libera?
La questione dell’aborto, recentemente tornato alla ribalta dopo la risoluzione dell’Onu sulla moratoria per la pena di morte, e grazie alla sfida-provocazione di Giuliano Ferrara, e la questione del riconoscimento delle unioni omosessuali, che vede la Chiesa schierata decisamente contro l’ equiparazione alle famiglie tradizionali, hanno contribuito significativamente a creare i presupposti del clima di intolleranza.
E’ un classico della sinistra italiana trascinare nell’odio e nella tracotante avversione tutto ciò che si discosta in modo sensibile dagli schemi ideologici in cui tendono a radicarsi.
Si può anche essere atei, o anticlericali, ma la stupidità e l’arroganza non può essere consentita agli educatori. E voler impedire che il Papa parli nel tempio della cultura e del pluralismo etico e culturale, quale è o dovrebbe essere un Ateneo, è nello stesso tempo impresa stupida ed arrogante.
Dinanzi a casi simili si ha l’idea del clima torbido, tipico dei regimi, in cui categorie di persone (militari, intellettuali, politici o burocrati) si assumono per autoreferenza il compito di scegliere per gli altri. Dinanzi a casi simili si capisce per cosa un uomo libero debba esser chiamato a lottare.
Vito Schepisi

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