08 novembre 2007

Veltroni ed il "Sogno Americano"

Non penso che Veltroni sia un tonto, anzi penso esattamente il contrario. E’ per questo che dico che ci troviamo di fronte al più camaleontico personaggio politico italiano. Si pensava che, oltre Prodi, per giocolieri ci fosse poco spazio da occupare. Ci siamo sbagliati. La verità è che il Presidente del Consiglio, invece, è più assimilabile al tonto di quanto non lo sia il leader del Partito Democratico.
Prodi ci mette del suo. Diviene arrogante e spocchioso per reagire alla sua scarsa presa mediatica; è portato a far abuso del falso per far prevalere i suoi interessi politici o i suoi tentativi egemonici, come è stato con Telecom ed il Piano Rovati; si contorce nelle risoluzioni adottate per attenuare i distinguo dei suoi alleati; ha il terrore di dover aprire all’opposizione perché teme che possa essere il principio di una breccia irreversibile per la sua maggioranza.
Veltroni, al contrario, persegue il suo obiettivo essenziale per dar sostanza alla sua leadership. Ha necessità di liberarsi del condizionamento della sinistra più radicale e farebbe carte false per scompaginare l’opposizione ed acquisirne spezzoni. E’ furbo ed ha capito che in un sistema tendenzialmente bipolare non c’è spazio per una sinistra che, benché moderata, possa restare separata da quella più antagonista, senza finire nell’equivoco e nel disperdere il consenso di quegli elettori inclini a veder sviluppare la società italiana sui modelli delle democrazie occidentali.
Veltroni è intenzionato ad occupare stabilmente il centro dell’arco politico italiano e di proporsi allo stesso tempo come unica forza propulsiva di progresso del Paese. Il suo sogno è una sorta di partito popolar socialista in cui far sviluppare istanze sociali e necessità di mercato, scelte di sicurezza e tolleranza verso gli immigrati, scelte etiche ed aperture alle diversità.Veltroni sembra il filosofo dei contrapposti, vuole convincere tutti d’esser la soluzione pronta per tutto. Quello di Walter l’americano, però, è un sogno ben diverso da “TheAmerican Dream” raccontato nella metà del diciannovesimo secolo da Horatio Alger. E’ un “dream” diverso da quello passato alla storia di Martin Luther King, enunciato nel suo più famoso discorso a Washington nell’agosto del 1963: “Vi dico oggi, fratelli miei, non perdiamoci nella valle della disperazione. E anche se affrontiamo le difficoltà di oggi e di domani, io ho ancora un sogno. È un sogno profondamente radicato nel Sogno Americano.”
Il sogno dell’italiano Walter è più di basso profilo. Dopo aver esautorato il socialismo democratico, in alleanza con la magistratura militante all’inizio degli anni novanta, il post comunista Veltroni, con il neonato PD, sogna di esautorare Forza Italia e le componenti liberali, laiche e cattoliche, presidio del centro del sistema democratico italiano. Per far questo il leader ex pci ha bisogno di ricercare le strade del dialogo con il centrodestra, con chiunque, sia pure con Calderoli, se non con Casini o componenti di Forza Italia. Il richiamo all’impegno sulle riforme è la sua carta vincente. Confida sulla volontà del Presidente Napolitano che ha già detto che senza almeno la riforma elettorale non si può andare a votare.
Il feeling del PD con i potenziali elettori, dopo l’impennata iniziale, man mano che sono emerse alcune contraddizioni, si va affievolendo. Pezzi della Margherita non confluiti nel PD, prendono le distanze sino a far emergere il pericolo per Prodi del venir meno dei numeri della maggioranza al Senato.
Veltroni all’inizio sembrava propenso a non lasciarsi logorare, soprattutto dal malgoverno di Prodi. I suoi annunci programmatici erano in netta discontinuità con questo esecutivo. Ora invece è interessato a prendere tempo. La svolta è apparsa evidente soprattutto dopo la prima vera difficoltà sull’immigrazione che lo ha coinvolto in prima persona, smascherando la sua cattiva gestione del Comune di Roma, tra festival e notti bianche ma con le periferie in pieno degrado.
Il centrodestra ricompattato lo ha spaventato. Andare al voto in primavera, senza la sinistra radicale, con la Cdl unita e compatta, equivarrebbe per lui a comprare in anticipo un biglietto per l’Africa. Un biglietto di sola andata, senza ritorno, per corrispondere ai suoi progetti enunciati nel 2001 dopo la sconfitta elettorale del centrosinistra e la sua candidatura a Sindaco di Roma: chiudere con l’esperienza dell’amministrazione di Roma la sua carriera politica per dedicarsi ai bisogni delle persone meno fortunate del continente africano. Verrebbe da pensare cosa abbia fatto di male questo sfortunato continente per ricevere questa minaccia! In Africa, a dir il vero, non sembra che qualcuno lo aspetti davvero!
Se non potrà essere possibile da solo col suo PD, in caso di elezioni politiche in primavera, non gli rimarrebbe che andare al voto in alleanza con i partiti della sinistra estrema, ammesso che questi ultimi siano propensi ad allearsi con lui. A sentire Ferrero, ad esempio, qualche dubbio verrebbe: "Veltroni ha proposto nei fatti un impianto emergenzialista e securitario, facendo pressing sul governo. Oggi - continua il ministro di Rifondazione Comunista - c'è la possibilità di battere questa linea politica che porta dritti dritti all'accordo con Fini e con la destra". Questo rinnovato accordo con i neo comunisti, qualora vi fosse, non sarebbe molto credibile perché simile alla strada percorsa da Prodi: sarebbe lo stesso tragitto di un progetto miseramente fallito tra le beghe e gli equivoci sin qui rilevati.
Il sogno di Veltroni assume pian piano contorni evanescenti, sbiadito come il profilo del personaggio. Un uomo per alcuni aspetti duale. Il suo sostegno a Prodi, da quando ha realizzato che con Prodi si perde, è stato sempre condizionato dall’esigenza dello sfoggio di lealtà verso il Presidente del Consiglio e dalla necessità di marcare una serie di distinguo sulle scelte di governo e di programma. La sua strategia si è andata così permeando di sostanziale ambiguità da essere da qualche tempo sottoposta ad insistenti rappresentazioni satiriche da parte di quegli stessi comici della sinistra che sembravano fino a poco tempo fa aver messo casa, per le loro esibizioni, in un ipotetico “piazzale Berlusconi”. Sembra che ora la satira politica si sia trasferita nei pressi di casa Veltroni.
Ed assume, così, aspetto sempre più comico il suo “American Dream”!
Vito Schepisi

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