09 ottobre 2007

La Curva di Laffer

L’infelice uscita di Padoa Schioppa in Tv, nella trasmissione su Rai 3 di Lucia Annunziata, in cui ha sostenuto che “dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima”, fa ricordare il Ministro delle Finanze dei governi Prodi, D’Alema e Amato dal 1996 al 2001. A quel tempo, a chi denunciava l’impennata della pressione fiscale il Ministro replicava dicendo che il suo gabinetto era sommerso da fax che, al contrario, esprimevano soddisfazione per l’aumento delle tasse. Il Ministro in questione, poco credibile, forse un po’ fanfarone e arrogante, è l’attuale Vice Ministro dell’Economia, il Vice di Padoa Schioppa, il tanto discusso, e descritto come un vampiro, Vincenzo Visco.
Sembra quasi che non sia un caso che Tommaso Padoa Schioppa e Vincenzo Visco siano ora insieme al Ministero dell’Economia.
Le tasse non sono una cosa bellissima. A volerla dire tutta, c’è molto di meglio che pagare le tasse. Anche se a ciascuno può essere dato, nei limiti del lecito, ciò che è l’oggetto del proprio desiderio, c’è un limite a tutto. Assecondare la follia può arrecare danni incalcolabili ed a volte irreparabili. Il prelievo fiscale, oltre un certo limite, mortifica gli investimenti, l’impegno, il coraggio, il rischio, il lavoro.
Le tasse da pagare, però, sono un dovere civile. Sarebbero da porre sull’altro piatto di una ipotetica bilancia per far lievitare diritti e servizi. La logica vorrebbe che più alta sia la pressione fiscale e più alta debba essere anche la qualità e la quantità dei servizi fruibili. Nei paesi del nord Europa è così. Sempre la logica vorrebbe che siano elargiti con più soddisfazione i sacrosanti diritti, che sia diffusa tra i cittadini più tranquillità e sicurezza, che ci sia più efficienza, più ricchezza per il popolo, più fruibilità del tempo libero, buona amministrazione, ordine, pulizia, giustizia più rapida ed imparziale.
Con la contribuzione fiscale dei cittadini ci sarebbe da chiedere la tutela del nostro patrimonio artistico e paesaggistico, la sua valorizzazione come investimento produttivo per il turismo e l’occupazione. Anche chiedere la realizzazione di infrastrutture più simili al modello europeo che a quello africano non dovrebbe rappresentare una ingiustificata pretesa. C’è in Italia un giacimento di preziosità da valorizzare e da mettere in condizioni di realizzare ricchezza, ma mancano i collegamenti viari, e quelli ferroviari sono una vergogna per pulizia e puntualità; mancano le strutture ricettive, manca la sicurezza e soprattutto manca la presenza e l’autorità dello Stato.
Il Ministro, in televisione, ha parlato dei costi dei beni indispensabili che il gettito fiscale finanzia. Tra i costi ci sono anche quelli della politica che i cittadini dubitano che siano tra gli indispensabili e questo governo, di cui Padoa Schioppa è ministro per le questioni economiche, li ha dilatati e ne ha moltiplicato i fruitori. L’aumento della spesa nel 2007, per 15 miliardi di Euro, non solo appesantisce il debito pubblico complessivo e produce per il futuro ulteriori oneri finanziari, mentre sarebbe da ridurre l’esposizione complessiva e da alleggerire così il costo degli interessi sul debito, ma è anche sottratta agli investimenti che, al contrario della spesa improduttiva, rendono ricchezza ed occupazione.
L’uscita del Ministro dell’Economia, tra le altre cose, ci riporta alla mente anche la teoria economica di Arthur Laffer. Quando, infatti, si parla di soddisfazione e di felicità nel pagare le tasse non possiamo non pensare che anche in questo campo, come in tutte le questioni, ci sia il punto di svolta: il limite oltre il quale non si sopporta più. La Tolleranza di Voltaire è apprezzabile se rivolta alle idee ed al pensiero, non al sacrificio ed alle vessazioni. In tutte le cose esiste il punto di rottura. Quando, ad esempio, il lavoro da essere piacevole e soddisfacente diventa sacrificio e stress; quando il piacere da essere rilassante, estatico e travolgente diventa ozio e noia; quando la buona cucina da essere gustosa e profumata diventa nauseante e pesante. Perché non dovrebbe esistere il punto di rottura, il limite della tolleranza, il margine della svolta quando si parla di prelievo fiscale?
La "Curva di Laffer” prende il nome dell'economista Usa che convinse Ronald Reagan ad inserire nel suo programma, alla vigilia delle presidenziali del 1980 negli USA, la diminuzione delle imposte dirette, scelta che contribuì alla sua elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America.
Arthur Laffer teorizzò la presenza di un punto (assi cartesiani) d'incrocio tra i valori delle ascisse(aliquota fiscale) e delle ordinate (entrate fiscali) in cui l'aumento delle imposte (aliquota) fungerebbe da disincentivo alle attività economiche, determinando di conseguenza minore gettito fiscale. Nella sua dimostrazione grafica l’economista americano dimostrò che lo stesso gettito fiscale può essere ricavato con due aliquote differenti: ipotesi, quindi, che renderebbe del tutto inopportuna e controproducente l’utilizzo di quella più alta.
La teoria ci induce anche a convalidare l'idea che la maggiore pressione fiscale, in definitiva, scoraggi anche l'emergere delle attività sommerse e favorisca di conseguenza l’evasione.
La soddisfazione di Padoa Schioppa, pertanto, per essere virtuosa dovrebbe esser direttamente proporzionale anche a quella dei contribuenti: in caso contrario se non sadomasochista risulterebbe velleitaria e folle.
Vito Schepisi

2 commenti:

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

imparato molto