Piccoli Andreotti crescono. Il tessuto è lo stesso: la Roma sorniona che osserva fuori le mura e vede un’Italia riottosa e divisa e sorride sapendo di poterla dominare col motto di sempre “divida et impera”. Nei secoli, dai tempi dell’Impero Romano fino ai nostri giorni, con piccole differenze nel linguaggio e nei metodi ma con la stessa idea secolare che le debolezze di tanti possono essere la forza di coloro che le sanno gestire.
Da Andreotti lo divide la profondità, la cultura, l’intelligenza, l’estrazione formativa ma a Veltroni non difetta la furbizia, l’ecumenismo, la strumentalità, l’indefinitezza delle scelte, la permeabilità e la duttilità. Il Sindaco di Roma si appresta ad essere investito leader della sinistra post comunista e post democristiana. Il PD unisce ora i due contenitori di un potere una volta spartito, tra maggioranza ed opposizione, mentre si impoveriva l’Italia. Per anni comunisti e democristiani hanno devastato il Paese, lasciando infrastrutture obsolete e servizi da terzo mondo. Lo hanno saccheggiato alimentando quel debito pubblico, lasciato in eredità alle generazioni future, che oggi frena la crescita e assorbe i sacrifici degli italiani. L’Italia è entrata nell’Euro dimezzando il potere d’acquisto della lira, svalutata giorno dopo giorno, e soffocando il Paese con un cumulo di tasse su tutto.
Oggi agli italiani lo Stato assorbe sei mesi del lavoro di un anno. La pressione fiscale è al record in Europa: è pari al 43,1% del Pil. E’ come un masso che schiaccia i cittadini onesti, puntualmente chiamati almeno una volta l’anno a subire le “angherie” della legge finanziaria. La legge di bilancio, spacciata come un insieme di provvedimenti utili e necessari a risolvere le iniquità del Paese, finisce sempre, invece, per alimentare le sofferenze degli italiani. Un insieme di tasse e gabelle e di angherie fiscali che assottigliano fiducia e credibilità, sviliscono la politica e fanno nascere la protesta contro il sistema.
Ritornano e sono copie pessime di un copione già visto. Ritornano con un sorriso accattivante ed i modi cortesi, pronti ad essere d’accordo con tutti ed a fare le scelte di sempre. Una stretta di mano al Presidente di Confindustria, un sorriso ai leader sindacali, la concertazione, sentimentalismo e buoni propositi e tutta la retorica dei buoni modi. Il primo impegno, quello di sempre, quello che funziona e non guasta: l’apertura alla partecipazione femminile nelle scelte e negli impegni della politica, naturalmente riaffermando la preziosità del loro apporto.
Il candidato alla segreteria del PD non indica una scelta, non prende una posizione su niente. Usa una parola in difesa delle scelte etiche della Chiesa, un’altra per ribadire le ineludibili scelte laiche dello Stato; sostiene il Governo ma nello stesso tempo dà l’impressione di puntare al suo superamento, si mantiene decisamente alla larga dalle questioni che oggi dividono in due il centrosinistra, se non lo stesso PD.
Gode del sostegno dalla grande stampa. Nessuna riga di osservazioni scomode o di interviste pungenti: i media più diffusi riportano nei minimi dettagli ogni buon proposito dell’eroe nascente del centrosinistra. Lo fanno passare come l’uomo nuovo che spazza la vecchia politica: una via di mezzo tra la continuità della tradizione democratica e la nascente protesta antipolitica, tra il socialismo democratico europeo ed il popolarismo solidale.
Basterebbe lui, e solo lui, ad interpretare tutto il confronto democratico tra le opzioni ideali, come sintesi di una dialettica evolutiva del pensiero del ventunesimo secolo!
Anche con il comico genovese che in queste ultime settimane ha voluto interpretare le disillusioni del Paese, i suoi rapporti si mantengono cauti e prudenti. Le affermazioni appena più coraggiose vengono immediatamente ritrattate e smentite. Il suo motto è non farsi coinvolgere in niente, impedire che contro di lui ci si possa schierare.
Veltroni è la fiera dell’ovvio. Ha lo stesso metodo soporifero dell’Andreotti di un tempo. Un pensiero per tutti, senza nemici apparenti: con gli Usa e con gli arabi, con Israele ma equivicino. Una volta a sinistra, nei cortei che frequentava Veltroni, si usava dire “né con le brigate rosse e nè con lo Stato”. Caduto il muro i post comunisti per affacciarsi al Governo si sono dovuti porre a favore dello Stato. Se non fosse per questa ragione, anche in questo caso Veltroni avrebbe evitato di fare una scelta.
Mancano pochi giorni alle primarie del 14 ottobre ed ecco il colpo di scena: “la voglio in squadra”- sembra abbia detto riferendosi alla signora Berlusconi. Ci avrà pensato per qualche giorno, si sarà consigliato con i suoi collaboratori e forse sondato il terreno. Il colpo di teatro, l’apertura alla moglie del suo contendente alla leadership del Paese. Un uomo di spettacolo, con c’è che dire! Dal giorno della sua kermesse al lingotto, all’ultima uscita su Veronica Lario, una sola steccata sulla firma per il referendum sulla legge elettorale. Solo in quell’occasione si è fatto prendere in castagna.
Come nella commedia dell’arte! Tanta popolarità, battute ad effetto e colpi di scena, molto presenzialismo. Troppo poco per riempire un vuoto di indirizzo politico, abbastanza per essere acclamato in modo plebiscitario come leader del PD.
Da Andreotti lo divide la profondità, la cultura, l’intelligenza, l’estrazione formativa ma a Veltroni non difetta la furbizia, l’ecumenismo, la strumentalità, l’indefinitezza delle scelte, la permeabilità e la duttilità. Il Sindaco di Roma si appresta ad essere investito leader della sinistra post comunista e post democristiana. Il PD unisce ora i due contenitori di un potere una volta spartito, tra maggioranza ed opposizione, mentre si impoveriva l’Italia. Per anni comunisti e democristiani hanno devastato il Paese, lasciando infrastrutture obsolete e servizi da terzo mondo. Lo hanno saccheggiato alimentando quel debito pubblico, lasciato in eredità alle generazioni future, che oggi frena la crescita e assorbe i sacrifici degli italiani. L’Italia è entrata nell’Euro dimezzando il potere d’acquisto della lira, svalutata giorno dopo giorno, e soffocando il Paese con un cumulo di tasse su tutto.
Oggi agli italiani lo Stato assorbe sei mesi del lavoro di un anno. La pressione fiscale è al record in Europa: è pari al 43,1% del Pil. E’ come un masso che schiaccia i cittadini onesti, puntualmente chiamati almeno una volta l’anno a subire le “angherie” della legge finanziaria. La legge di bilancio, spacciata come un insieme di provvedimenti utili e necessari a risolvere le iniquità del Paese, finisce sempre, invece, per alimentare le sofferenze degli italiani. Un insieme di tasse e gabelle e di angherie fiscali che assottigliano fiducia e credibilità, sviliscono la politica e fanno nascere la protesta contro il sistema.
Ritornano e sono copie pessime di un copione già visto. Ritornano con un sorriso accattivante ed i modi cortesi, pronti ad essere d’accordo con tutti ed a fare le scelte di sempre. Una stretta di mano al Presidente di Confindustria, un sorriso ai leader sindacali, la concertazione, sentimentalismo e buoni propositi e tutta la retorica dei buoni modi. Il primo impegno, quello di sempre, quello che funziona e non guasta: l’apertura alla partecipazione femminile nelle scelte e negli impegni della politica, naturalmente riaffermando la preziosità del loro apporto.
Il candidato alla segreteria del PD non indica una scelta, non prende una posizione su niente. Usa una parola in difesa delle scelte etiche della Chiesa, un’altra per ribadire le ineludibili scelte laiche dello Stato; sostiene il Governo ma nello stesso tempo dà l’impressione di puntare al suo superamento, si mantiene decisamente alla larga dalle questioni che oggi dividono in due il centrosinistra, se non lo stesso PD.
Gode del sostegno dalla grande stampa. Nessuna riga di osservazioni scomode o di interviste pungenti: i media più diffusi riportano nei minimi dettagli ogni buon proposito dell’eroe nascente del centrosinistra. Lo fanno passare come l’uomo nuovo che spazza la vecchia politica: una via di mezzo tra la continuità della tradizione democratica e la nascente protesta antipolitica, tra il socialismo democratico europeo ed il popolarismo solidale.
Basterebbe lui, e solo lui, ad interpretare tutto il confronto democratico tra le opzioni ideali, come sintesi di una dialettica evolutiva del pensiero del ventunesimo secolo!
Anche con il comico genovese che in queste ultime settimane ha voluto interpretare le disillusioni del Paese, i suoi rapporti si mantengono cauti e prudenti. Le affermazioni appena più coraggiose vengono immediatamente ritrattate e smentite. Il suo motto è non farsi coinvolgere in niente, impedire che contro di lui ci si possa schierare.
Veltroni è la fiera dell’ovvio. Ha lo stesso metodo soporifero dell’Andreotti di un tempo. Un pensiero per tutti, senza nemici apparenti: con gli Usa e con gli arabi, con Israele ma equivicino. Una volta a sinistra, nei cortei che frequentava Veltroni, si usava dire “né con le brigate rosse e nè con lo Stato”. Caduto il muro i post comunisti per affacciarsi al Governo si sono dovuti porre a favore dello Stato. Se non fosse per questa ragione, anche in questo caso Veltroni avrebbe evitato di fare una scelta.
Mancano pochi giorni alle primarie del 14 ottobre ed ecco il colpo di scena: “la voglio in squadra”- sembra abbia detto riferendosi alla signora Berlusconi. Ci avrà pensato per qualche giorno, si sarà consigliato con i suoi collaboratori e forse sondato il terreno. Il colpo di teatro, l’apertura alla moglie del suo contendente alla leadership del Paese. Un uomo di spettacolo, con c’è che dire! Dal giorno della sua kermesse al lingotto, all’ultima uscita su Veronica Lario, una sola steccata sulla firma per il referendum sulla legge elettorale. Solo in quell’occasione si è fatto prendere in castagna.
Come nella commedia dell’arte! Tanta popolarità, battute ad effetto e colpi di scena, molto presenzialismo. Troppo poco per riempire un vuoto di indirizzo politico, abbastanza per essere acclamato in modo plebiscitario come leader del PD.
Vito Schepisi
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