26 aprile 2013

L'intollerante Vendola


Vendola, il politico in cui pulsa un cuore orgogliosamente comunista, insofferente al pluralismo, ma anche alla democrazia liberale, inquieto e intransigente, sostenitore di ogni protesta violenta contro lo Stato, spesso in contraddizione tra l'azione rozza ed il lessico falsamente gentile, giustizialista ma collocato, in un’oasi di impunità personale, in un tribunale “amico”, ha approfittato persino del 25 aprile, giorno della liberazione dell’Italia dal fascismo, per colpire l’idea delle grandi intese, con cui le due maggiori forze politiche del Paese stanno sperimentando una nuova esperienza di governo per le riforme e per uscire dalla crisi. 
Con la sua retorica, senza mai pause di semplicità e di comprensione popolare, il leader di SEL ha sostenuto che nel Comitato di Liberazione Nazionale, da cui sorse la democrazia in Italia, non c’erano i “fascisti”. Ma nel Cnl i conflitti ci furono ugualmente perché se è vero che non c’erano i fascisti, c’erano invece i comunisti.
 
Per l’intollerante Vendola s’intuisce che l'esperienza per uscire dalla crisi, paragonata, con la consueta elaborazione enfatica, alla liberazione dell'Italia dal ventennio fascista, le grandi intese di oggi, a differenza di quelle del CLN di allora, sarebbero partecipate da soggetti politici che lui definisce “fascisti”. 
Per il Governatore pugliese, i “fascisti” sarebbero quelli del Popolo della Libertà. 

Un’accusa forte e violenta. 
I fatti dicono cose diverse. Gli uomini liberi, piuttosto, mettono il fascismo in paragone con il comunismo e ne traggono persino differenze nella somma degli effetti negativi nei crimini contro l'umanità, e contro l'individuo e la sua sfera di libertà. 
Il comunismo è stato, ed è ancora in alcune nazioni, un regime ancora più spietato e crudele del fascismo: un regime che in tutte le realtà nazionali in cui si è applicato si è retto sul terrore e sull'assoluta negazione dei diritti degli uomini. 
Il comunismo, al pari del fascismo, concettualmente, è violenza. E’ un’idea contro l’uomo e contro la sua natura libera, con buona pace di Vendola che non se ne è mai accorto, o che se ne è accorto, ma che, per mero e meschino calcolo di opportunità, è stato così ipocrita da non volerlo far vedere. 
Gli italiani liberi, però, sanno molto bene chi sono i reazionari e gli intolleranti. Sanno chi agisce contro la Nazione e contro gli italiani. Sanno chi rappresenta il nuovo pericolo per la democrazia e per la libertà. 
Tra questi Vendola è in prima fila.
 
Se l’Italia facesse le riforme (come si vorrebbe provare con le grandi intese) il ruolo di quei ronzinari che cavalcano la protesta e le difficoltà della gente fallirebbe, Vendola non avrebbe più un ruolo da interpretare e l’Italia ne trarrebbe certamente gran giovamento. 

Se con il fascismo si evoca la violenza, se nel suo accesso più comune ci ricorda i toni forti e autoritari, se con il termine “fascismo” s’indica la negazione del pluralismo, i toni apodittici, il culto dell’autoperfezione e si dà l’idea dell’arroganza … Vendola sembra una delle figure tipiche per rappresentarne la parte più inquietante e pericolosa: a lui andrebbe l’eredità sostanziale.
 
Vendola sarebbe un fascista a tutto tondo e non gli mancherebbe la tipicaretorica. 
Fallita alle elezioni la sua proposta politica - senza l’alleanza con il PD il suo partito non sarebbe neanche entrato in Parlamento - con la foto di Vasto sgranatasi dinanzi a scelte velleitarie e alle evidenti contraddizioni nel voler coniugare soluzioni demagogiche – o altre autoritarie e illiberali – con obiettivi di sviluppo e di contenimento della spesa pubblica, persa per strada la maggioranza del Paese, Vendola ora prende le distanze dal PD ed è alla ricerca di nuove aggregazioni, magari con il populismo di Grillo, con cui già condivide alcune scelte e certamente anche quella di voler violentare l’Italia e la democrazia.
 
E’ troppo ora sentire che Vendola dia lezioni di democrazia e che celebrando il 25 aprile si faccia interprete di quel cambiamento che in Italia si è arenato per via delle politiche demagogiche e illiberali della sinistra comunista. 
Vito Schepisi

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