20 marzo 2012

La debolezza di Emiliano

Non è facile parlare di Bari, del Sindaco Emiliano, della sua amministrazione, del PD, senza farsi trascinare nella consueta retorica del rapporto tra etica e politica.
Quella morale non è questione di automatismi politici, non è antropologica, non è neanche una questione di uomini. E’ un fatto di regole, di educazione e di sistemi.
Non serve pensare che la soluzione sia, ad esempio, l’antipolitica o ancor peggio la magistratura rafforzata nei suoi poteri d’indagine e, soprattutto, nell’uso degli strumenti più invasivi di controllo delle relazioni personali tra gli individui.
I fatti di Bari possono essere sintomatici di regole e di sistemi da cambiare. Sui fatti del Capoluogo pugliese, se c’è una cosa che salta subito all’occhio, è la mancanza della trasparenza sugli atti amministrativi, ma anche qualche aspetto etico più evidente, come una lista, ad esempio, alle ultime amministrative, della famiglia De Gennaro a sostegno del Sindaco. Che ci faceva una lista dele genere a sostegno di Emiliano? Quale valore aggiunto di elaborazione politica e amministrativa aveva? Il Sindaco se l’è mai posta questa domanda?
Un altro sintomo di malessere, ancora, attiene alle regole da cambiare. Non è normale, anzi è inquietante, che un magistrato si presenti candidato sindaco nella stessa Città in cui ha esercitato la sua funzione d’inquirente e che si trovi, non per caso, ad essere controllato dagli stessi magistrati che gli erano colleghi, tra cui alcuni imparentati con altri magistrati che hanno abbandonato la toga per un seggio in Parlamento nello stesso partito del Sindaco.
Questa non è trasparenza: è confusione e non solo dei ruoli. Lo è ancor più quando, ancora, si pensi che l’ex magistrato in questione è personaggio a cui non piace dar conto a nessuno.
Dopo ciò che è uscito in questi giorni su tutti i quotidiani italiani, ripercorrere i fatti, rifuggendo le storie più pittoresche delle “cozze pelose” e degli “spigoloni”, può sembrare prendere sul serio, come fenomeno politico, ciò che di politico invece ha molto poco.
Questa è storia di uomini e di carriere. E’ storia di ambizioni e di arroganza. Solo pochi giorni prima era scoppiata la questione del Petruzzelli, lo storico Teatro barese portato sull’orlo del fallimento, usato dagli uomini per le pratiche elettorali, anziché dalla Storia della Città per perpetuare un simbolo di cultura e di arte.
E’ sbagliato pensare che il cesto natalizio donato ad Emiliano possa essere assunto come una credibile contropartita al metodo delle clientele e dei comitati di affari che condizionano di frequente la gestione delle amministrazioni delle Città, delle Province, delle Regioni e dell’intero Paese. Non è la partita di pesce, per quanto di ottima qualità, una merce di scambio che può giustificare un modo di gestire gli appalti in Città: non si può pensare che possa essere stata la contropartita alle furbizie rilevate dalla magistratura a danno della Pubblica Amministrazione.
Nelle carte dell’inchiesta della Procura si fa cenno a un «sistema di collusioni tra dirigenti apicali dell’amministrazione del Comune di Bari e il Gruppo imprenditoriale dei De Gennaro (Dec)» e a situazioni di «mercimonio della funzione pubblica all’interno degli uffici strategici per le opere pubbliche dell’amministrazione cittadina».
Come si può pensare ora che il Sindaco Emiliano che si è preoccupato degli operatori ecologici che battevano la fiacca, non si fosse invece mai occupato di una famiglia di palazzinari che agiva a suo piacimento nel Comune di Bari?
La contropartita non erano i frutti di mare e gli astici, come non era nessun altro bene materiale. La contropartita per Emiliano era ed è sempre stato il potere. Lo stesso visto ed esercitato col metodo Petruzzelli. E’ la gestione del potere che il Sindaco si prefigurava di poter esercitare confidando anche nel sostegno politico ed elettorale di un’impresa potente, operante nel suo stesso partito, la stessa impresa che al momento opportuno si trasformava essa stessa in partito, come nelle ultime amministrative nel 2009, con una propria lista al Comune di Bari forte del 3,52% dei voti.
Ed è la sua visione di potere che si andava allargando ad altre conquiste da fare che ha consentito al Sindaco Emiliano di poter non sapere.
Emergere nel PD è diventato più difficile. Le primarie stanno persino complicando le cose. Il PD, di cui Emiliano in Puglia è Presidente regionale, non ha solo le competizioni elettorali in cui i suoi uomini di punta si propongono al corpo elettorale, ma ha anche le primarie per le candidature alle gestioni apicali degli enti locali. E le primarie, come abbiamo visto in più parti d’Italia, compresa la Puglia, sono vere competizioni, tirate fino all’ultimo voto, senza alcun risparmio di munizioni. Sono costose come vere e proprie campagne elettorali e sono molto impegnative dal punto di vista organizzativo. Se non si vincono le primarie non si va avanti. E la politica per i personaggi in carriera è come un cuore: se smette di battere è la fine.
Al caudillo di Bari, dopo questa storia, il cuore politico, però, ha smesso di battere. Che si dimetta o no, Emiliano è già il passato. 
Ha fallito il suo compito. Deve mettersi da parte.
Michele Emiliano, è bene ricordarlo, è entrato in politica sapientemente sospinto da chi ha fatto leva sul suo “ego” smisurato. Non è stato forgiato dalle lotte di partito, ma è un personaggio inventato a tavolino. Affatto stupido e pronto ad imparare in fretta, si è subito guardato intorno perché gli serviva un modello. L’ha scelto e l’ha adottato. Ha scelto quello che per il suo modo d’essere gli sembrava il migliore. Non uno qualsiasi, però, non uno di quelli avvolto dai pensieri, dalle ispirazioni, dai dubbi, o dalle contraddizioni geniali dei politici di razza; non uno di quelli in lotta perenne tra l’essere e l’apparire; non uno di quelli che si consumano nel porsi la consueta domanda se lo si noti di più per la presenza o per l’ assenza. Roba vecchia! Il modello l’ha scelto nel campo avversario, perché nel suo c’erano solo mestieranti. Emiliano ha scelto quello che gli appariva vincente.
L’ha appena confessato in un’intervista a “La Stampa” attribuendogli anche le nuove responsabilità: la colpa del suo essere stato “un fesso”- dice - è dovuto al berlusconismo e al rapporto che l’ex Presidente del Consiglio ha creato tra politica ed impresa.
E’ un vecchio vizio quello di Emiliano di attribuire la colpa agli altri, specialmente se a Berlusconi, ma dovrebbe anche ben sapere che i rapporti tra i De Gennaro e la politica a Bari sono ben antecedenti alla comparsa di Berlusconi in politica.
Se paragoni possono esserci, ne azzardiamo uno più scherzoso, dicendo che tra i due c’è una differenza di scelte e di gusti:
Emiliano si è mostrato debole al pesce, il Cavaliere invece alla carne.
Vito Schepisi

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