Ancora una volta la "presunta giustizia" interviene per rimuovere chi è sgradito. In questo caso un Direttore di testata che in Rai non ha accettato compromessi e "veline" di gruppi e partiti.
La magistratura, da tempo, gli ronzava intorno. Sin dai tempi della convocazione del giornalista, per sentirlo, come persona informata sui fatti, sulle truffe sulle carte di credito a Trani.
Quell’inchiesta, in cui Minzolini era del tutto estraneo, è anche servita a giustificare le intercettazioni telefoniche sul premier Berlusconi (un membro del Parlamento, per giunta Presidente del Consiglio dei Ministri, per la legge italiana, non può essere intercettato) che discuteva al telefono con un consigliere dell'Agcom.
Uno sfogo, contenente la denuncia dell'uso improprio della Rai contro una parte politica, è stato trasformato dal PM di Trani in un'ipotesi di reato. Già questo sarebbe “lunare”, incredibile e grave, ma se fosse servito per formulare ipotesi di reato inesistenti e comunque, come si è visto, fuori della competenza del magistrato tranese, anche questa questione non potrebbe che destare inquietudine sull’agibilità politica e sulla libertà di esporre in privato le proprie ragioni su questioni che appartengono al dibattito politico in Italia.
C'è sempre una trama?
C’è sempre un teorema diabolico in tutto?
Sono le domande che in tanti si pongono. Non arrivano risposte, però, né si vedono prese di responsabilità delle Istituzioni. Nessuna via di uscita.
Ma l’Italia è destinata a essere un Paese governato dai poteri giudiziari?
Il protagonismo giudiziario s’è sparso a macchia d’olio: è diventato infettivo come la febbre gialla!
Il direttore del Tg1 è stato rinviato a giudizio per un uso "illecito" della carta di credito aziendale.
Tanto basterà per motivarne, nella riunione del 13 dicembre prossimo del C. di A. della Rai, l'allontanamento dalla Direzione del telegiornale.
Minzolini ha già interamente rimborsato l'importo all'azienda, senza neanche contestare la legittimità o meno dell'utilizzo totale o parziale delle somme spese.
E' un episodio inquietante. Lo è a prescindere dal torto o dalla ragione del Direttore Minzolini.
Come si farebbe, infatti, a rimuovere l’opinione di tanti che sia stato fatto ad arte?
Interviene, in questo momento politico, come la riprova dell'esistenza di una reazione massimalista e ideologica che utilizza tutti i mezzi per abbattere il "nemico".
La sinistra italiana, bisogna pur dirlo, non cambia mai. E' rimasta al sogno del regime. Come nel passato, non intende confrontarsi con il metodo della democrazia pluralista. Predilige e vuole solo militanti.
L’area della sinistra ideologica sa che solo discutere di soluzioni e metodi è partita persa per chi ha una formazione incentrata sul "centralismo democratico", sulla piramide del controllo e sul servilismo dei militanti.
Quest’area, in Italia, usando la lealtà e la ragione non potrà mai essere vincente.
La sinistra l’ha saputo da sempre, sin dai tempi del consociativismo e della concertazione, sin dai tempi della sua opposizione ipocrita e lottizzata quando era in piedi la Prima Repubblica.
Tutto ciò che riguarda l'informazione, come accadeva negli anni '70 e '80, per questa cultura, o è fazione schierata da una precisa parte politica o è da abbattere.
Allora c'erano i gruppi terroristi che sparavano, i famosi “compagni che sbagliano”, ora che c'é la magistratura che fa per loro il lavoro “sporco”?
Come si fa a vincere questa convinzione che si radica?
E come la sfiducia di tantissimi pensieri liberi?
Nella magistratura, nel giornalismo, in politica, nella società, chi non si schiera contro i suoi "nemici" per la sinistra è già un "nemico".
Tutto questo non è concepibile in democrazia.
E' vergognoso che si arrivi a tanto!
Vito Schepisi
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