Verrebbe da chiedersi se
in Italia la bilancia della giustizia sia scassata, o se siano gli uomini
addetti alla pesa inclini ai due pesi e alle due misure. La risposta ha la sua
importanza. Le garanzie, e la Giustizia rientra tra queste, costituiscono le
basi di un sistema di democrazia liberale.
Sin dai tempi di “mani
pulite”, quando da destra a sinistra si alzò il grido giustizialista contro una
classe dirigente incapace di emendarsi e di offrire soluzioni politiche di
respiro strategico, apparve chiara la direzione, rimasta unica, in cui si
voleva andare a parare.
Già da allora, più che una
bilancia a due piatti, la giustizia italiana era apparsa come un piano
inclinato che faceva scorrere tutto in un’unica direzione. E non c’è niente di
più immorale della presenza di due pesi e due misure nella lotta all’illegalità
e al malcostume. Le discriminazioni sono antipatiche e generano sfiducia nelle
istituzioni, la giustizia parziale induce persino quella parte che la fa franca
a perfezionare e moltiplicare le sue pratiche illegali.
L’odio, il pregiudizio, ma
soprattutto un po’ d’ignoranza, unita all’incapacità di trasformare
l’antagonismo politico in una proficua strategia democratica, e poi la voglia
delle soluzioni sbrigative, assieme alla falsa idea della sinistra di una
propria supremazia intellettuale e morale, impedì agli inizi degli anni ’90 di
far prevalere l’autocritica e la stessa, ma più completa, riflessione morale, per
avviare un confronto politico-istituzionale, propedeutico all’avvio di una
stagione di sostanziali riforme. Ne stiamo pagando tuttora le conseguenze.
Prevalse nel Paese, sui
media, e nelle correnti della magistratura, anche in quelle più autonomiste, trascinate
da quelle più politicizzate, l’idea che la questione morale fosse un problema da
risolvere prevalentemente all’interno dei partiti della tradizione capitalista
e di democrazia occidentale.
Non è stato mai chiarito,
ad esempio, per quale principio, ai tempi di “mani pulite”, il Vice Procuratore
Capo della Procura di Milano, Gerardo D’ambrosio, poi diventato parlamentare
DS, e successivamente PD, come ebbe a riferire il PM Tiziana Parenti, avesse
maturato l’idea che, se l’azione giudiziaria si fosse allargata al Pci-Pds,
sarebbe crollato tutto il teorema giudiziario del Pool milanese. Sarà stata
questa la ragione per la quale c’era chi non poteva non sapere e chi, invece,
poteva, ma anche la ragione per la quale era sufficiente fare atto di ravvedimento,
interagendo con una ben precisa parte politica, per restarne fuori e farla
franca.
E’ stato così che l’area
politica più pluralista e meno autoritaria, benché responsabile per aver
instaurato e assecondato quel costosissimo sistema dei partiti e delle
correnti, sostenuto, com’è emerso, con le pratiche corruttive e con le
tangenti, ebbe a trovarsi schiacciata, come dai due bracci di una tenaglia, dalle
furbizie delle connivenze giudiziarie e dai sentimenti massimalisti e
reazionari di opposta tendenza politica.
Da una parte a soffiare
sul fuoco era la sinistra post-comunista. Il Pci aveva visto dissolversi la sua
strategia di avvicinamento alla conquista del potere con l’utilizzo degli
strumenti della borghesia, e facendo leva sulla conflittualità interna, come
aveva teorizzato Lenin. La sinistra marxista si era così liberata,
furbescamente, dopo la caduta del Muro di Berlino, di quel nome che ricordava
l’orrore e le tragedie emerse dall’esperienza disastrosa e dal fallimento
civile, sociale, economico e politico dell’est europeo.
La sua nuova strategia,
una volta diventato Pds, mirava sempre alla conquista del potere, ma ora nel solco
del socialismo democratico di stampo europeo, riciclandosi e disponendosi a
sostituirsi al partito socialista italiano di Bettino Craxi che, non a caso,
veniva additato come il maggior responsabile del sistema corruttivo e illegale
instaurato in Italia. Il leader socialista, che in Parlamento aveva denunciato
la presenza di un sistema di
corruzione che attraversava tutti i partiti (I
partiti, specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli,
giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi
molte e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso
di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale), veniva, infatti,
costretto all’esilio in Tunisia per sfuggire alla ferocia manettara,
sapientemente alimentata da una connivente regia politico-giudiziaria.
Dall’altra parte, come
secondo braccio della tenaglia, c’era quella parte della destra reazionaria e
forcaiola che individuava nella Democrazia Cristiana e nel Partito Socialista le
responsabilità del congelamento della sua consistenza elettorale ed il suo
isolamento politico, e c’era anche l’emergente egoismo locale del Nord del
Paese che faceva di “Roma ladrona” lo strumento per la richiesta di trasformazione
dell’Italia in Stato federale che sapeva tanto di richiamo alla secessione.
Accade che i nodi che non
sono sciolti si ripresentino, e la sensazione di farla sempre franca si
trasformi, persino, in maggiore audacia. Il sistema Pci-Pds-Ds rischia ora di
diventare il sistema PD. Se anche Giorgio Bocca sostiene di temere la minaccia
di querele di Bersani, si rafforza il timore dell’intimidazione verso chi
osserva e denuncia.
La sensazione che la
bilancia della Giustizia sia scassata e che penda sempre da una parte, anche
dinanzi alle querele, ora ha un che di ancora più inquietante.
Vito Schepisi
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