04 luglio 2011

C'è chi dice no

“C’è chi dice no”, come canta Vasco Rossi, ma c’è anche chi dice si.
Se solo ci fermassimo un po’ a pensare, sarebbe difficile immaginare che esista una cosa al mondo in cui non ci sia chi si trova da una parte e chi, invece, dall’altra. Succede soprattutto nelle democrazie liberali, quando è garantita la libertà di esprimersi. C’è, però, e per fortuna, chi non dice sempre si, anche nei paesi con regimi dispotici ed illiberali, dove spesso si teme che persino il pensiero sia posto agli arresti.
Il mondo civile adotta un sistema per impedire che gli individui siano sempre in conflitto tra loro. Adotta la democrazia. La democrazia è una scelta di metodo che ha carattere definitivo. Erga omnes. Non può valere qua e non là, oppure oggi si e domani no.
La democrazia è come una convenzione che l’individuo tacitamente accetta sin dalla nascita. Non può essere diversamente. Nel momento stesso in cui si nasce in Italia si è vincolati a quella Legge dei principi generali che si chiama Costituzione della Repubblica Italiana.
La Carta Costituzionale è l’atto fondante della democrazia italiana. Questa Legge fondamentale deve essere simbolicamente tutt’uno con il certificato di nascita, e assegna a ciascuno, in modo indistinto, sia i diritti, che i doveri. E solo la Legge può prevedere che ci siano figure rappresentative che abbiano più facoltà ovvero più responsabilità, in relazione delle funzioni ricoperte e solo per la loro durata.
E’ possibile anche dissentire e rappresentare pubblicamente il proprio dissenso, ma sempre rispettando le leggi. Il dissenso è legittimo e non può essere impedito, né limitato nel tempo, né mai, però, trasformato in impedimento all’esercizio del diritto di chi invece in modo prevalente ha espresso una scelta diversa.
Ciò che non è consentito dalla legge, perché fuoriesce dal metodo del confronto, e perché reca offesa agli stessi principi della convivenza civile, è la violenza. Non è lecito il tentativo di imporre con la forza il proprio punto di vista, anche se largamente condiviso, ma che non sia, invece, prevalente. La democrazia, senza le leggi che ne prevedano l’esatto utilizzo, non funzionerebbe. La stessa civiltà, che non è una dote genetica, ma è da intendersi come una ricerca inarrestabile, ha un bisogno indifferibile d’interventi di prevenzione e di richiami agli articoli del codice penale. Se il codice vale per imprimere tutte le scelte di civiltà, ancor più deve valere per far consolidare la democrazia. Il sistema delle scelte si sostiene solo attraverso la legge. Non reggerebbe a lungo, infatti, senza rigore e senza irrorare le pene previste per chi commette reati.
I fatti accaduti in Val di Susa richiamano così responsabilità soggettive, ma anche quelle oggettive, e le une e le altre non possono restare prive di una severa risposta democratica. Non si può consentire che le forze dell’ordine, chiamate a presidio dell’esercizio del diritto, per lo Stato, a fare le sue scelte strategiche, condivise in un ampio confronto democratico con gli organismi territoriali preposti, siano bersaglio di violenza e di offesa. Non si può neanche consentire che ci sia chi faccia apologia di tanto evidenti reati. Pietre, bottiglie piene di ammoniaca, aggressioni fisiche, sono un pericolo per la vita e per l’integrità fisica delle persone. Possono provocare anche grandi lesioni e persino la morte.
Chi scatena e sostiene l’uso della violenza è contro la legge e deve essere, pertanto, chiamato a risponderne.
Vito Schepisi

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