13 dicembre 2010

Pierfurby e Gianfrego

Può sembrare difficile comprendere la politica in Italia, ma non è così. E’ più facile di quanto si creda. E’ sufficiente utilizzare alcune chiavi di lettura e tutto diventa più chiaro.

Nessun politico, o quasi, se dovesse scegliere tra il bene comune e ciò che più gli torna utile, sceglierebbe il bene comune, e quando mostra d’avere interesse per il Paese, fatte salve rare eccezioni, finge. La politica, per la stragrande maggioranza del suo personale attivo, parte da un moto di passione e poi diventa mestiere. Il politico ritiene, inoltre, il suo lavoro impegnativo e pretende di ricavarne sia il reddito familiare, presente e futuro, che gli strumenti di manovra e di gestione per sistemare almeno due generazioni a seguire.

L’indignazione, naturalmente falsa, fa parte del mestiere politico. Non ce n’è uno che sia veramente capace d’indignarsi e, quando finge di farlo, si prendano ad esempio la Bindi o Franceschini, appare incredibile e ridicolo. Se poi sale anche sui tetti, com’è capitato a Bersani, a Vendola e a Di Pietro, diventa anche patetico.

In Parlamento e nei Palazzi si usa un vocabolario del tutto diverso da quello usato dagli altri comuni mortali. Senza rifarsi alle “convergenze parallele”, storica espressione usata da Moro per spiegare la politica del compromesso e del consociativismo, per fermarci al presente, si possono citare espressioni quali “crisi pilotata” o “governo di salute pubblica”, quest’ultima recentemente evocata, e con diversi accenti, tra i quali quello accorato, da Pierferdinando Casini, ribattezzato Pierfurby, stranamente in coppia con Gianfrego, Gianfranco Fini, nell’interpretazione dello sceneggiato a puntate che ci ricorda la storia dei “ladri di Pisa”.

Chi, però, per governo di salute pubblica, pensasse a qualche emergenza sanitaria, ad esempio nelle regioni meridionali, o nella Puglia di Vendola, cadrebbe in un grossolano errore. Il “governo di salute pubblica”, è stato proposto da Casini, a breve distanza di tempo da un altro suo richiamo, di tenore ancora più greve, per un fronte di liberazione nazionale, per liberarsi di Berlusconi che gode invece della fiducia degli italiani.

Il Cln aveva unito nel settembre del 1943 le forze democratiche e quelle comuniste per battersi contro il fascismo e l’occupazione tedesca. Il nuovo Comitato, nell’interpretazione del leader Udc, avrebbe dovuto unire, oltre al suo partito, personaggi come Vendola, Diliberto e Di Pietro, ed insieme a Fini, comprendendo Bersani, Franceschini e la Bindi, senza tralasciare Rutelli, doveva liberare l’Italia nientemeno che da Berlusconi. Come se gli elettori, che avevano votato centrodestra, alle ultime elezioni politiche, fossero stati cooptati in un esercito di golpisti. Come se, invece che con le schede elettorali, avessero chiesto di cambiare politica, estromettendo con la forza la sinistra dal governo del Paese. Come se depositando solo due anni prima nelle urne le schede con la croce sul nome di Berlusconi, avessero puntato le armi e sparato contro una sinistra che, da sempre, si auto proclama irreversibile e che, quando è al governo, mette in ginocchio il Paese mentre, quando non è al governo, pretende di fare lo stesso.

L’assordante rumore di Fini e Casini va interpretato con la volontà di cambiare la legge elettorale. E se solo si pensasse alla recente celebrazione di un referendum, sostenuto con forza da Fini, che avrebbe reso ancora più maggioritario e bipolare il sistema, l’ipocrisia apparirebbe così spessa da pensare di poterla affettare.

La convinzione che Berlusconi non sia elettoralmente battibile, se non con un’ammucchiata, fa saltare i nervi e la ragione a più d’uno. Un’alleanza eterogenea non sarebbe poi in grado di esprimere un governo invece omogeneo. Per evitare l’imbarazzo dell’ammucchiata c’è chi vorrebbe tornare al passato. Sotto mira c’è il premio di maggioranza e c’è chi, come il finiano D’Urso, vorrebbe innalzarne la soglia per renderlo irraggiungibile. Senza premio di maggioranza, i piccoli partiti, col loro pacchetto di voti, come in una Spa, diverrebbero indispensabili per far sopravvivere una maggioranza o per condizionare, e a volte ricattare, una parte o l’altra, e conterebbero più degli elettori nello stabilire, in loro vece, programmi e alleanze. Appare chiaro che, in questo modo, i partiti più sono piccoli e inutili, e più conterebbero. Con questa chiave di lettura si comprendono gli affanni di Fini e Casini ed anche il modo sornione di Bersani di supportarli.

Il ritorno alla partitocrazia diventa una lotta per la sopravvivenza del sistema dei partiti e degli abusi della politica. E’ anche il colpo di coda delle caste per difendere il potere di controllo sulla vita civile e sulle scelte del Paese. La burocrazia tornerebbe a controllare e gestire gli affari e gli appalti, i magistrati a fare i comodi loro e i cittadini a pagare in silenzio. Il tentativo di rivoluzione liberale tornerebbe a dover ripartire da zero.

Se passasse, invece, l’idea di Berlusconi sui partiti snelli, come negli USA, senza grossi apparati burocratici, con un rapporto più diretto col popolo in cui, ad esempio, due partiti, entrambi democratici, uno di orientamento conservatore e l’altro progressista, si fronteggiassero nelle campagne elettorali e poi si confrontassero senza pregiudizi in Parlamento, unendosi persino nelle grandi emergenze e nell’interesse del Paese, molti mestatori e politicanti di professione dovrebbero trovarsi un’occupazione e lavorare. E questo per alcuni, o per molti, è una pesante preoccupazione: un vero terrore.

Pierfurby e Gianfrego, senza voti ma lavoratori incompresi, pensano così ... di imbrigliare il Paese.
Vito Schepisi

2 commenti:

dario ha detto...

un paio di osservazioni:
1-relativamente alla prima parte dell'articolo, non capisco se consideri berlusconi l'unico a non fare politica per il proprio tornaconto.
2-scrivi sulle solite beghe di palazzo mentre l'italia affonda nella miseria e nel declino.
3-ti rendi conto che hai scritto "tentativo" di rivoluzione liberale????Scrivi come se berlusconi fosse appena sceso in politica: sono quasi 20 anni che partecipa attivamente (e spesso da protagonista e con solidissime maggioranze) al governo dell'italia e siamo ancora a un "tentativo"????Questa è la prova provata del suo misero fallimento: in quasi 20 anni non ha fatto praticamente nulla, ci ha lasciato il nulla! Riforme di qua, riforme di là...ma chi le ha viste? E ora, con una maggioranza ormai risicata (credo per sempre) dovrebbe (per l'ennesima volta!) regalarci la tanta agognata rivoluzione liberale? Vito, il sogno è finito, ora cominica l'incubo!!!!!!!
P.S.:a proposito dei tagli lineari di tremonti che rappresentano l'abdicazione della politica: si sono tagliati fondi alle università senza razionalizzare il sistema. La conseguenza è stata che le università con meno soldi in tasca, anziché eliminare gli sprechi, hanno fatto quello che tutti ci aspettavamo: ha tagliato i servizi e aumentato le tasse, con buona pace del ceto povero (che ormai comprende anche le ex classi medie). Ti avevo già accennato all'aumento di 150 euro che mi sono ritrovato quest'anno nel pagare la prima rata di un corso post laurea che sto frequentando. Ebbene, l'altro giorno sono andato in biblioteca perché mi servivano degli articoli scritti di recente. Sai che mi ha detto il bibliotecario? "caro dario, l'università ha disdetto gli abbonamenti perché non ci sono soldi, mi sa che ti devi abbonare tu stesso, coi tuoi soldi....". MA DOVE SIAMO ARRIVATI? E chi me li dà i soldi per abbonarmi a queste costosissime riviste?????
Il potere d'acquisto, grazie alla politica dissennata di tremonti, è crollato, con buona pace della crescita post-crisi. Mi sa che ieri sera vendola (a prescindere da vendola) ha detto una cosa giustissima: tremonti non è la medicina ma la malattia dell'italia! Il tutto, naturalmente, condito con una fedita salsa di privilegi e sprechi pubblici che quel porco non si sogna minimante di affrontare. Un porco, sì, è un porco schifoso!

dario ha detto...

un paio di osservazioni:
1-relativamente alla prima parte dell'articolo, non capisco se consideri berlusconi l'unico a non fare politica per il proprio tornaconto.
2-scrivi sulle solite beghe di palazzo mentre l'italia affonda nella miseria e nel declino.
3-ti rendi conto che hai scritto "tentativo" di rivoluzione liberale????Scrivi come se berlusconi fosse appena sceso in politica: sono quasi 20 anni che partecipa attivamente (e spesso da protagonista e con solidissime maggioranze) al governo dell'italia e siamo ancora a un "tentativo"????Questa è la prova provata del suo misero fallimento: in quasi 20 anni non ha fatto praticamente nulla, ci ha lasciato il nulla! Riforme di qua, riforme di là...ma chi le ha viste? E ora, con una maggioranza ormai risicata (credo per sempre) dovrebbe (per l'ennesima volta!) regalarci la tanta agognata rivoluzione liberale? Vito, il sogno è finito, ora cominica l'incubo!!!!!!!
P.S.:a proposito dei tagli lineari di tremonti che rappresentano l'abdicazione della politica: si sono tagliati fondi alle università senza razionalizzare il sistema. La conseguenza è stata che le università con meno soldi in tasca, anziché eliminare gli sprechi, hanno fatto quello che tutti ci aspettavamo: ha tagliato i servizi e aumentato le tasse, con buona pace del ceto povero (che ormai comprende anche le ex classi medie). Ti avevo già accennato all'aumento di 150 euro che mi sono ritrovato quest'anno nel pagare la prima rata di un corso post laurea che sto frequentando. Ebbene, l'altro giorno sono andato in biblioteca perché mi servivano degli articoli scritti di recente. Sai che mi ha detto il bibliotecario? "caro dario, l'università ha disdetto gli abbonamenti perché non ci sono soldi, mi sa che ti devi abbonare tu stesso, coi tuoi soldi....". MA DOVE SIAMO ARRIVATI? E chi me li dà i soldi per abbonarmi a queste costosissime riviste?????
Il potere d'acquisto, grazie alla politica dissennata di tremonti, è crollato, con buona pace della crescita post-crisi. Mi sa che ieri sera vendola (a prescindere da vendola) ha detto una cosa giustissima: tremonti non è la medicina ma la malattia dell'italia! Il tutto, naturalmente, condito con una fedita salsa di privilegi e sprechi pubblici che quel porco non si sogna minimante di affrontare. Un porco, sì, è un porco schifoso!