02 dicembre 2010

L'ipocrisia italiana della governabilità

Il seguente è un articolo del mio carissimo amico Andrea B.Nardi, giornalista, scrittore ed osservatore di politica estera. Andrea, usando la sua prosa semplice ed efficace, ci fa capire come una Costituzione che ha fatto cambiare 62 governi, in quasi 65 anni di Repubblica, non sia poi quel mostro sacro che tanti difensori opportunisti vorrebbero far credere.

Dal 1945 a oggi in Italia abbiamo avuto 62 governi in 65 anni. La media di governo/anno è di 0.98. La durata media del governo italiano è di 340 giorni. Il dato più assurdo, però, è il seguente: governi in carica per l’intera legislatura: zero. NON C'È MAI STATO UN GOVERNO ITALIANO CHE SIA DURATO PER L'INTERA LEGISLATURA, iindipendentemente dalla legge elettorale in vigore.
Possibile che nessuno si renda conto di come ci sia qualcosa di palesemente malfunzionante in tutto ciò, della stortura evidente presente nel nostro sistema costituzionale?
Il presidente statunitense ha ricevuto il proprio mandato da un'elezione popolare, e governa in onore di questa, esattamente come il nostro. Tuttavia – ne abbiamo un esempio evidente oggi –, la sua elezione non ha nulla a che fare con quella del Congresso, infatti quest'ultima avviene a metà del mandato del presidente e può far risultare una maggioranza tutt'affatto diversa. Eppure il presidente non rinuncia al suo mandato governativo, non compare nessuna crisi di governo, non si deve cercare un altro Governo, e il Paese continua a essere governato.
In Italia, di contro, è solo la maggioranza parlamentare a conferire dignità d'esistenza all'esecutivo, il quale ne è l'espressione grazie alle elezioni nazionali. Qualora questa maggioranza parlamentare cambiasse – cosa che capita continuamente nel nostro Paese – il Governo è destinato a perderne la fiducia e a dimettersi. Siccome questa situazione non è l'eccezione, come credevano i padri costituzionalisti, bensì la regola italiana, il Paese vive in costante crisi di governo, e, cosa assai più grave, l'esecutivo invece di governare la nazione è costretto a sprecare tutto il suo tempo nelle manovre intestine per non perdere la propria maggioranza parlamentare. I nostri politici, dunque, vivono non per governare ma per cercare le proprie alleanze elettorali.
Allora il problema è questo: bisogna svincolare il Governo dalla maggioranza parlamentare, interrompendo il meccanismo della fiducia.
I metodi possono essere due:
1) O si stabilisce che i parlamentari italiani eletti in un partito non possono dimettersi da quel partito pena la propria personale fuoriuscita dal Parlamento e decadimento della carica, in onore al mandato ricevuto dagli elettori;
2) Oppure si separano i due poteri istituzionali del Governo e del Parlamento con elezioni separate e non direttamente e reciprocamente vincolanti.
Nel primo caso si tratterebbe di rendere finalmente attiva la responsabilità personale dell'eletto che deve rispondere ai propri elettori, pertanto se una volta eletto cambia partito deve dimettersi e far subentrare al suo posto il secondo della propria lista, senza quindi modificare la composizione parlamentare.
Nel secondo caso si avvierebbe invece una procedura di controllo indipendente dei due organi istituzionali.
In entrambi i casi si interromperebbe l'assurda e ridicola sceneggiata delle elezioni italiane, per cui qualsiasi governo eletto verrà comunque sfiduciato dall'ambiguità dei nostri parlamentari, dediti solo al proprio interesse, al trasformismo, alla ricerca di nuovi partiti per usufruire di cariche e finanziamenti a livello nazionale e locale.
Se non si esce da questa ipocrisia, ogni gaudio per qualsiasi vittoria elettorale è assolutamente privo di valore: il prossimo governo cadrà comunque a breve.
Andrea B. Nardi

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