30 novembre 2010

Il tetto dei desideri

Se qualche volta decidessimo di sorridere un po’ non sarebbe un gran danno. Quest’Italia è così comicamente seria da creare imbarazzo! Sarà anche per questo che Monicelli, interprete della Commedia Italiana, ha deciso di mettere fine alla sua esistenza, gettandosi dall’alto. Ce ne dispiace sinceramente, soprattutto se si pensa che a salire sui tetti, ma non per buttarsi, ci avevano pensato in tanti, dopo aver avvisato troupe televisive, giornalisti e fotografi.

La comicità più divertente è quella spontanea che emerge dal carattere demenziale dei personaggi, o dal loro modo di voler apparire. Ci sarebbe quasi da pensare che il loro atteggiamento non dovrebbe essere tanto diverso dalla loro stessa maniera di essere. La questione è che di scherzare non ce ne sarebbero le ragioni, ma questa è anche la motivazione che ci spinge a sorridere dinanzi a quella seriosità sempre un po’ esagerata e codina, ora da primo della classe secchione, ora da prefica bigotta, ora da chierichetto bacchettone che contraddistingue i nostri politico-predicatori più ostinati. Avevamo cominciato a ridere con Prodi e Veltroni, ma ora l’ostentazione di alcuni è diventata ancora più seria: quasi una patologia!

Parliamo delle scalate sui tetti: il nuovo oggetto dei desideri per politici in cerca di gloria. Come cambia, però, la cultura nei partiti! Una volta valevano solo le scalate bancarie!

Le scalate sui tetti degli atenei non servono, però, per entrare nel merito e per capire ciò che non si approva della riforma universitaria, servono invece da palcoscenico per piccoli teatrini da cui inviare minuscoli messaggi, come gli sms con i telefonini.

Sulla riforma Gelmini, in un primo tempo era la scarsità dei fondi ad alimentare la protesta delle opposizioni. Ai più era apparso che il giudizio complessivo sul disegno di riforma fosse buono e che il fermento fosse giustificato dalla mancanza della copertura finanziaria. Si accusava il Governo di sottrarsi al dovere di finanziare la cultura. Oggi è sorta l’idea del pregiudizio.

Non è certo compito dell’opposizione preoccuparsi di ciò che, invece, tiene con il fiato sospeso i paesi europei, come l’avere costantemente puntata la lente d’ingrandimento degli speculatori finanziari, ma ciò che accade in Italia sa di paradossale. L’abbiamo visto con Alitalia, quando la sinistra difendeva i privilegi dei piloti, lo vediamo anche ora quando si schiera con i baroni a difendere il vecchio, e forse anche il marcio. Nella legge di stabilità, tra i tagli e le economie, il governo ha trovato, infatti, i quattrini. L’irrituale protesta, però, testimonia che la speculazione in Italia ha protagonisti ancor più stomachevoli di quelli pronti ad affossarci per una manciata di soldi.

Nel nostro Paese una riforma universitaria di qualsiasi tipo e spessore, senza conflitti, non si può fare. Le caste sono fortissime. Nessuno può disturbarle, anche se sono sotto gli occhi di tutti le sacche di nepotismo e di gestione autoritaria d’interi istituti e facoltà dove proliferano da anni nepotismi e colonie familiari, ed anche se esistono realtà in cui le risorse sprecate in abbondanza non producono quelle eccellenze che ci dovremmo invece aspettare.

Se la politica sale sui tetti è perché non vuole parlare di università, ma è solo alla ricerca della visibilità e si preoccupa della collocazione negli spazi da occupare nella propria area politica. E’ il tetto dei desideri!

Vito Schepisi

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