La gratitudine in politica non esiste. E’ una regola valida da sempre. Una costante che ha una sua ragione di essere. Il consenso del popolo, infatti, a cui la responsabilità dei partiti dovrebbe richiamarsi, non può garantire benevolenze private e neanche rendite di posizione. Ma in tutti i rapporti, anche politici, dovrebbero coesistere lealtà e rigore ideale, quali pilastri della correttezza umana, quali capisaldi di un modo corretto di proporsi. E sono proprio questa lealtà e questo rigore ideale che sempre più spesso non si ritrovano nelle strategie politiche delle alleanze e nei comportamenti degli uomini e dei partiti.
Ci sarebbe da chiedersi, a tal proposito, come mai Di Pietro si è alleato con Veltroni, impegnandosi alle ultime elezioni politiche finanche a costituire un gruppo unico in Parlamento, se Di Pietro ora accusa Veltroni di essere responsabile della caduta di Prodi e del ritorno al Governo di Berlusconi?
Se il leader dell’Idv nutriva riserve sul progetto del Partito Democratico e sulle responsabilità dell’ex Sindaco di Roma per la caduta di Prodi, perché si è alleato con Veltroni ed il PD? E, se non credeva in quel progetto, quale valore aveva la sua alleanza, se non quello di una furbesca ed interessata finzione?
Altro che l’Italia dei valori! Più l’Italia dei vagabondi.
Non è un mistero che il salvagente a Di Pietro, alle politiche, l’abbia fornito proprio Veltroni, e che l’ex magistrato abbia barato al gioco, impegnandosi a sostenere un progetto politico che invece ha poi denunciato e fatto fallire. Veltroni ha ingenuamente fornito persino il lubrificante con cui il “feroce” molisano sta ungendo la corda con la quale intende impiccare l’intero PD.
Ma non si tratta solo di mancanza di gratitudine. Si è ripresentata, invece, la bieca attitudine dell’ex PM a tradire chiunque gli abbia allungato una mano. A nulla vale che la mano in questione, trattandosi di quella di Veltroni, prestigiatore a sua volta delle parole e delle immagini, preso dall’illusione di poter vincere le elezioni, non fosse del tutto disinteressata.
Un uomo fortunato Di Pietro. Trova sempre chi lo fa emergere dalle zolle di terra. Ma ci sono anche molti furbastri che sognano di utilizzare il suo trattore per mietere grano elettorale e riempire i silos, all’occasione trasformati in loft, finendo invece con le palle nei cingoli, o basiti dalla sua travolgente inaffidabilità.
Facendo fallire il progetto di un partito nuovo, affrancato dalla sinistra radicale e riferimento, invece, di un’area di sinistra democratica di tipo europeo, aperto al confronto con la parte moderata e propositiva del Paese, Di Pietro ha fatto fallire l’intero progetto politico del PD. E’ venuta meno la stessa ragione di esistere, come emerge dalla miserevole fase precongressuale. Una mera alleanza elettorale tra post democristiani e post comunisti, vuota di ideali e di prospettive future. Solo un contenitore di uomini lividi, arroccati a difendere spazi di potere, con un comune rancoroso collante antiberlusconiano.
Affossando il proposito veltroniano di collaborare all’avvio delle riforme condivise, per trasformare anche quello politico italiano in un sistema di democrazia compiuta, Di Pietro ha mortificato ancora una volta il tentativo - tutto da verificare per la presenza nel PD di incrostazioni massimaliste - di consolidare nel Paese una normale democrazia liberale.
Una preoccupazione quest’ultima che prende corpo col ripresentarsi della protesta intollerante, montata sui pregiudizi e contro un Governo che mostra invece grande impegno e concretezza, nonostante le grandi difficoltà rappresentate da calamità, strutture obsolete e dalla difficile crisi mondiale dei mercati.
Un “cupio dissolvi” sulla pelle degli Italiani. La chiamata alle armi autunnale di Di Pietro è simile alla retorica fascista prima della marcia su Roma, quando il populismo di sinistra e di destra si andavano a congiungere nella follia di ritenere che fuori dalla mediazione della politica, con i modi sbrigativi e con la complicità di pezzi dei poteri dello Stato, si potessero risolvere le difficoltà tipiche delle grandi trasformazioni sociali. E come allora, quando una parte della burocrazia aristocratica - lo stesso potere delle caste di oggi - aveva pensato che si potesse governare la trasformazione della società con l’instaurazione di uno Stato autoritario, anche oggi c’è chi pensa di poter impedire la trasformazione del Paese, le riforme per la trasparenza e la liberazione dai soprusi e dai privilegi delle caste, fomentando un clima di intolleranza e di delegittimazione politica.
Ci sarebbe da chiedersi, a tal proposito, come mai Di Pietro si è alleato con Veltroni, impegnandosi alle ultime elezioni politiche finanche a costituire un gruppo unico in Parlamento, se Di Pietro ora accusa Veltroni di essere responsabile della caduta di Prodi e del ritorno al Governo di Berlusconi?
Se il leader dell’Idv nutriva riserve sul progetto del Partito Democratico e sulle responsabilità dell’ex Sindaco di Roma per la caduta di Prodi, perché si è alleato con Veltroni ed il PD? E, se non credeva in quel progetto, quale valore aveva la sua alleanza, se non quello di una furbesca ed interessata finzione?
Altro che l’Italia dei valori! Più l’Italia dei vagabondi.
Non è un mistero che il salvagente a Di Pietro, alle politiche, l’abbia fornito proprio Veltroni, e che l’ex magistrato abbia barato al gioco, impegnandosi a sostenere un progetto politico che invece ha poi denunciato e fatto fallire. Veltroni ha ingenuamente fornito persino il lubrificante con cui il “feroce” molisano sta ungendo la corda con la quale intende impiccare l’intero PD.
Ma non si tratta solo di mancanza di gratitudine. Si è ripresentata, invece, la bieca attitudine dell’ex PM a tradire chiunque gli abbia allungato una mano. A nulla vale che la mano in questione, trattandosi di quella di Veltroni, prestigiatore a sua volta delle parole e delle immagini, preso dall’illusione di poter vincere le elezioni, non fosse del tutto disinteressata.
Un uomo fortunato Di Pietro. Trova sempre chi lo fa emergere dalle zolle di terra. Ma ci sono anche molti furbastri che sognano di utilizzare il suo trattore per mietere grano elettorale e riempire i silos, all’occasione trasformati in loft, finendo invece con le palle nei cingoli, o basiti dalla sua travolgente inaffidabilità.
Facendo fallire il progetto di un partito nuovo, affrancato dalla sinistra radicale e riferimento, invece, di un’area di sinistra democratica di tipo europeo, aperto al confronto con la parte moderata e propositiva del Paese, Di Pietro ha fatto fallire l’intero progetto politico del PD. E’ venuta meno la stessa ragione di esistere, come emerge dalla miserevole fase precongressuale. Una mera alleanza elettorale tra post democristiani e post comunisti, vuota di ideali e di prospettive future. Solo un contenitore di uomini lividi, arroccati a difendere spazi di potere, con un comune rancoroso collante antiberlusconiano.
Affossando il proposito veltroniano di collaborare all’avvio delle riforme condivise, per trasformare anche quello politico italiano in un sistema di democrazia compiuta, Di Pietro ha mortificato ancora una volta il tentativo - tutto da verificare per la presenza nel PD di incrostazioni massimaliste - di consolidare nel Paese una normale democrazia liberale.
Una preoccupazione quest’ultima che prende corpo col ripresentarsi della protesta intollerante, montata sui pregiudizi e contro un Governo che mostra invece grande impegno e concretezza, nonostante le grandi difficoltà rappresentate da calamità, strutture obsolete e dalla difficile crisi mondiale dei mercati.
Un “cupio dissolvi” sulla pelle degli Italiani. La chiamata alle armi autunnale di Di Pietro è simile alla retorica fascista prima della marcia su Roma, quando il populismo di sinistra e di destra si andavano a congiungere nella follia di ritenere che fuori dalla mediazione della politica, con i modi sbrigativi e con la complicità di pezzi dei poteri dello Stato, si potessero risolvere le difficoltà tipiche delle grandi trasformazioni sociali. E come allora, quando una parte della burocrazia aristocratica - lo stesso potere delle caste di oggi - aveva pensato che si potesse governare la trasformazione della società con l’instaurazione di uno Stato autoritario, anche oggi c’è chi pensa di poter impedire la trasformazione del Paese, le riforme per la trasparenza e la liberazione dai soprusi e dai privilegi delle caste, fomentando un clima di intolleranza e di delegittimazione politica.
Vito Schepisi su Il Legno Storto
19 commenti:
Caro Vito, qui non so proprio che cosa dire.
Tu parli di:
- gratitudine
- correttezza umana
- modo corretto di proporsi
- lealtà
- rigore ideale.
E il soggetto sarebbe Di Pietro?!?
Rabbrividisco e ammutolisco.
Ciao. Talita
e già, una tamarra che ama i mafiosi deve,per forza,rabbrividire.
gratitudine,correttezza umana e bla bla bla con chi?
Ma ci faccia il piacere!
Anonimo-Onan, ma non hai neppure una cuccia?
Homeless, oltreché brainless?
Comunque, visto che sei qui a spammare, almeno impara qualcosa: raglio d'asino non sale mai in cielo.
Capito o anche questo è troppo difficile per te?
Caro Vito, hai visto chi abbiamo qui?
Un miserevole prototipo dei seguaci di Di Pietro!
Ahahahahahhhh!
Se sono tutti così, l'ex pm ha già finito ancora prima di cominciare. Presto diventerà ex e basta. Come gli compete, del resto.
Ciao. Talita
Ciao talita....mi dispiace ...ma rivendico la "primogenitura" del mio intuito nel riconoscere il prototipo del seguace del (c')azzecca(garbugli) molisano....ahahahah!!!
...ma penso che non potesse essere diversamente...sono tutti così! Sembrano fatti con lo stampino!
Ciao!
Cara Talita...tornando alle cose serie...in verità il post è da leggere soprattutto come un appunto al PD per aver illuso l'Italia democratica facendo pensare alla nascita, finalmente, di una sinistra riformista... e per aver invece rilanciato la squallida immagine di un orrido personaggio, retaggio di una mentalità autoritaria e fascista.
Caro Vito, io non mi ero illusa per niente.
E chi avrebbe dovuto rendere il Pd ciò che non è mai stato né sarà mai?
Il caro Uolter, che si professa “mai stato comunista” e che per tutta la campagna elettorale rifiutò di chiamare per nome Berlusconi?
Con quali altri mezzucci avrebbe potuto operare? E che cosa è rimasto di lui?
- La sua alleanza con Di Pietro, che probabilmente intendeva utilizzare al fine di blindare anche D’Alema e i suoi fedelissimi per via giudiziaria;
- la suggestiva epifania al Lingotto, con la musica dei Procol Harum: “A Whiter Shadow of Pale” ossia “un’ombra più bianca del pallido”, pienamente adeguata all’attuale Pd-ectoplasma;
- l’antiberlusconismo, tipica virulenza degli sconfitti e delle crape vuote.
Né sono migliori gli attuali prestanome che si contendono il trono del Re Travicello. Il teatrino continua.
Ciao. Talita
sei il blog meno seguito al mondo, ci sarà una ragione? le cazzate che spari, anzi le merdate che spari!
ci manca solo che scrivi w la mafia, tanto si è capito benissimo da che parte stai!
Lezione di italiano - Formazione di base - Costruzione di un periodo.
Prima il soggetto....
(ad esempio non si può partire con
un copulativo "sei" che è un riferimento alla persona, senza indicare il soggetto, e senza rendere intellegibile il predicato nominale "il blog" (?)).
Sarebbe stato più corretto dire:
hai il blog meno seguito...
ma non "al mondo" bensì "nel" mondo (complimento di luogo - stato in luogo).
Finito il periodo, si mette poi il punto...e poi si inizia con un altro periodo.
L'interrogativo che si pone: "ci sarà una ragione?" che può passare ... ma sarebbe più corretto dire "ce ne sarà una ragione?".
Ma ecco che ritorniamo agli strafalcioni!
"le cazzate che spari, anzi le merdate che spari"
Innanzitutto dopo il punto interrogativo si ricomincia con il maiuscolo, ma manca del tutto un collegamento, tipo "e le ragioni sono....etc.etc.".
Chiusa l'ineffabile considerazione con un punto esclamativo (che eviterei o quanto meno reitirerei alle due motivazione addotte, anche se a questo punto diverrebbero solo esclamazioni sarcastiche), non rimarrebbe che introdurre il periodo successivo con il maiuscolo.
Ed invece..."ci manca"...manca a chi? ...e continua con "che scrivi"... Ma....anonimo dipietrista, lei a scuola è mai andato?
La forma corretta potrebbe essere la seguente:
...mancherebbe solo che tu (o lei) scrivessi(e) w la mafia....e poi va messo il punto. E la conclusione da personale (ci) diventa impersonale (si), anche se stranamente la frase più insulsa, l'ultima, sembra essere la più corretta.
In meno di due righe di un foglio di formato A4, con carattere "12", una decina di errori, alcuni molto gravi, di grammatica, di sintassi e di forma...
Suppongo che che Di Pietro faccia scuola....si, ma di ignoranza!
meglio scrivere male che scrivere merdate come le sue!
che tristezza!
Grazie anonimo....mi ha dato l'idea per un saggio da scrivere:
La tristezza degli imbecilli.
Se mi fornirà il suo indirizzo, mi sdebiterò con una copia omaggio.
Ma chi ti credi di essere?
Il presidente dell'accademia della Crusca?
Tipico di chi non ha argomenti attaccarsi alla grammatica.
Tuttavia, se vuoi correggere gli altri, imparala bene la grammatica per primo, i post sono pieni di errori, specie nelle concordanze e nell'uso delle voci verbali.
Evidentemente inneggiare alla mafia fa perdere il controllo.
Ohi-la-la!
Concordanza? Voci verbali?
Ecco finalmente un argomento interessante.
Però, fuori gli esempi: così contiamo i rispettivi errori.
Comincio io:
1) Accademia della Crusca.
Non: accademia della Crusca.
2) “imparala bene la grammatica”: GRAVISSIMO errore sintattico. L’anacoluto, come figura retorica, è una licenza letteraria concessa solo a grandi scrittori. Mica a te!
Evidentemente cazzeggiare all'infinito fa perdere il controllo.
Ammesso e non concesso che preesista.
Ho postato all'autore dei post.
cosa centri tu, vermiciattolo?
Non mi degna di risposta.
Chi ti ha chiamata in causa? Oppure devo dedurre che tu e il titolare siete la stessa materia organica?
Vai a studiare ignorante!.
Aaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!
Che significa "Non mi DEGNA di risposta"???
Che significa "Cosa CENTRI tu"??? Non sono mica un arciere!
Certo che io e Schepisi siamo della stessa materia organica: soprattutto cervello. Non preponderanza di feci, come te.
E poi non cambiare argomento, analfabeta di ritorno!
Fuori gli errori di concordanza e di voci verbali.
I tuoi abbondano in ogni post. Dove sono quelli degli altri, scarafaggio?
Una blatta non ha il diritto di chiamare in causa nessuno!
Questo è un blog, mica il muro di un cesso pubblico!
Aaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!
Il muro del cesso pubblico lo rappresenti tu,, ampiamente.
Anzi, a pensarci bene, rappresenti anche il cesso.
Non dialogo di cose serie con le "latrine pubbliche".
imparato molto
good start
La ringrazio per Blog intiresny
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