19 maggio 2007

RAI: servizio privato



Si fa un gran dire che la televisione pubblica debba essere tenuta fuori dal controllo dei partiti. La realtà è che per ogni maggioranza diversa il nodo Rai si riapre e si cerca di rimescolare le carte per assicurare alla propria parte politica spazio e controllo all’interno del sistema radiotelevisivo. Anche in questa legislatura, dopo un anno di modifiche negli assetti per assicurare alla maggioranza di centrosinistra il controllo dell’informazione, si arriva a sferrare il colpo finale per cancellare l’intera opposizione dalla presenza sul servizio pubblico.
L’attuale consiglio di amministrazione è a maggioranza di centrodestra con presidenza del Ds Petruccioli. Questa composizione era stata adottata con il centrodestra. Doveva essere una gestione d’equilibrio con la presidenza di garanzia ad un rappresentante dell’opposizione parlamentare e la maggioranza del consiglio di amministrazione 4 su 7 alla maggioranza di allora. Ora che è cambiata la maggioranza una proposta saggia sembrerebbe quella di ribaltare gli equilibri con una presidenza del centrodestra ed una prevalenza di consiglieri del centrosinistra. Non è così però quando al governo è la sinistra di Prodi e Fassino. Prevale, infatti, la vocazione ad occupare ogni cosa ed a spegnere ogni dissenso, riducendo anche gli spazi della diffusione dell’informazione. Il fastidio di Prodi al dissenso ed alle regole della democrazia è ormai noto.
Si può mettere nel conto che il tecnico prestato alla politica di Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, abituato allo stile dispositivo della Banca d’Italia, per sua forma ed esperienza di lavoro possa ritenere che in un Paese di democrazia liberale, costituito in forma plurale con le garanzie proprie di una Carta Costituzionale in cui vengono richiamati e sono espressamente previsti gli equilibri dei poteri, si debba asservire al potere ogni espressione del pluralismo e della espressioni della democrazia.
L’Italia, però, a differenza della Banca d’Italia che non ha mutato, dalla caduta del fascismo, l’esercizio spesso autoritario della gestione, è un paese libero. In uno Stato libero e democratico le istituzioni e gli strumenti della diffusione del confronto necessitano del controllo continuo e della partecipazione di tutto il Paese. Le istituzioni, e la cosa pubblica, Rai compresa, sono patrimonio della democrazia e non dei partiti o delle fazioni.
I controlli e la partecipazione di tutti ci garantiscono dalle tentazioni di derive autoritarie. Le diverse espressioni culturali e ideali in un Paese democratico devono poter essere espresse con dignità e responsabilità ed esercitare il loro ruolo educativo. Deve essere garantita la diffusione della pluralità delle istanze e del pensiero dei cittadini, sia che queste istanze appartengano alla maggioranza politica sia all’opposizione. Tutto questo non soltanto perché l’opposizione nell’ultima tornata elettorale ha rappresentato il 50% dei consensi popolari ma perché lo richiede la correttezza e la coerenza democratica.
Padoa Schioppa poteva anche non saperlo, può far finta di ignorare la democrazia, ma chi gli ha suggerito di emettere l’editto che mira a delegittimare il Consigliere Rai Petroni ed a causarne le dimissioni non ignora certamente la portata del gesto. Chi ha suggerito è certo un navigato politico, forse un boiardo di Stato, con lunga esperienza al servizio della gestione del potere. E’ certo uno che teme che con il metodo della democrazia e del confronto non va da nessuna parte perché non ha la stoffa dello statista e gli manca il coraggio di una visione d’insieme di una azione di governo.
La Rai, a prescindere dai vertici di gestione, è sempre stata un feudo della sinistra. Ogni programma di informazione ha sempre esaltato i contenuti di un Paese che guarda a sinistra. Ha reso negative e reazionarie parole come ordine, patria, impegno, merito e profitto. Ha criminalizzato la proprietà e l’impresa ed aperto finestre sui bisogni e diritti negati, senza mai ammonire sulla larga gamma di doveri che fanno di una nazione una civiltà evoluta. Ciò che è mancato e manca nel nostro Paese è la consapevolezza che non sempre la ragione sia sempre da una parte e che per costruire ricchezza e felicità, ammesso che sia possibile sconfiggere interamente povertà e dolore, è necessario l’impegno ed il sacrificio di tutti. Impegno e sacrificio che si traducono sostanzialmente nell’esercitare il proprio dovere di cittadini onesti e corretti. Anche la compagnia aerea nazionale, ad esempio, nelle difficoltà che si sanno deve buona parte della sua crisi alle cattive abitudini dei suoi dipendenti, alla incapacità di offrire la stessa qualità delle altre compagnie, alla mancanza di economie e forse alla concessione di troppi privilegi.
La Rai ha un numero esagerato di dipendenti, ha una scarsa attenzione alle economie, si giova del pagamento di un canone forzato, anche attraverso un’imposizione ai limiti dei principi di libertà di scelta, e registra anche cattive abitudini dei suoi dipendenti. E’ un esempio scoraggiante di mercato e di libertà ed è responsabile della diffusione della cultura dei diritti senza doveri. Già dai tempi di Bernabei aveva la vocazione ad educare gli italiani e non è detto che non l’abbia ancora. In passato ha contribuito a cristallizzare il quadro politico del Paese con le sue regole e le sue compensazioni. Oggi vorrebbe essere usata per omogeneizzare l’informazione nell’esaltazione dei poteri dominanti. Una Rai fatta di partiti, industria, banche, autority, sindacati, cooperative e Governo. Un mix di autoritarismo e di disinformazione, preludio di un paese illiberale, quasi un nuovo fascismo.
Vito Schepisi

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