Il dibattito sulle aspettative per il Comune di Bari
Nella confusione del
confronto elettorale, prima, e del pettegolezzo della composizione della Giunta
Municipale, dopo, sembra sia sfuggito un intero lavoro di riflessione su Bari e
sul suo futuro. Sono bastate poche sedute del Consiglio Comunale per rivedere
una maggioranza che, se si sfibra sugli equilibri interni nella lotta di
conquista di ruoli e potere, si compatta, invece, sui metodi e sulle abitudini
di sempre.
Il timore oggi, dopo i
tanti impegni per l’efficienza e per la trasparenza, è che si ritorni ai riti
della vecchia politica, la stessa che ha fatto nascere in Italia un profondo e
inquietante sentimento di antipolitica che già per definizione non accoglie
proposte di soluzione, ma solo urla di disperazione.
Reiterare, però, 10 anni
di niente sarebbe un crimine contro la Città. Bari ha bisogno di altro. Con
urgenza.
“Non ci sono acuti nella
programmazione municipale - scrive su EPolis il Direttore Ciccarese - Non c’è
un’idea nuova, grande, attrattiva, da realizzare in 5-10 anni e capace di avere
“potere segnaletico” verso il mondo (così come fatto in lungimiranti città
europee) e ampiezza per determinare nuove dinamiche economiche in una città
asfittica”.
Basterebbero le 250
battute che compongono la denuncia del Direttore di EPolis per condensare tutti
i segnali di allarme per le urgenti necessità della nostra Città.
Ciccarese suggerisce il
bisogno di un’idea che dia smalto e che sia di riferimento per una Città che a
più riprese è stata indicata come crocevia di culture diverse, come porta
d’Oriente, come centro dinamico del commercio mediterraneo, come importante
polo universitario, come sede di
Fiera campionaria di antica tradizione.
Bari, Capoluogo di
Regione, diventata Città Metropolitana, ricca di risorse e d’ingegno che
l’hanno contraddistinta in passato, dovrebbe ritrovare le ragioni di
un’attenzione più costante perché nella sua dimensione plurale di centro
direzionale di un’area amministrativa più vasta e dell’intera Regione sia da
traino nella strategia di espansione economica, nella crescita dei servizi e
nell’offerta di opportunità per la Puglia e per l’intero Mezzogiorno.
Il Direttore Ciccarese
suggerisce ancora l’idea che, alla funzione di veicolo per un‘attenzione che
travalichi i confini nazionali, Bari unisca anche gli impulsi per lo sviluppo
economico e per ampliare le opportunità di lavoro.
Tutti gli enti
amministrativi avrebbero l’obbligo di dare una mano al Paese per uscire dalla
crisi. Non si sa, però, se a Palazzo di Città sia ben chiaro ciò che si vuole
per Bari, come lo si voglia e con quali mezzi e sistemi.
Il suggerimento è che si
miri a creare ricchezza. Per farlo ci vuole un insieme di cose che servano a
ritrovare la fiducia, che facciano riemergere il coraggio, come accoratamente
suggerisce Desirèe Digeronimo nel suo intervento di oggi su Epolis, che
blocchino la crescita della spesa e delle tasse, nonostante l'assenza di
servizi efficienti, come denuncia Giuseppe Carrieri nel suo intervento.
I fondi europei per gli interventi
di recupero del patrimonio urbano, possono avere effetto strategico per
attrarre, ad esempio, un maggiore interesse turistico, possono mettere in
circolo risorse economiche a beneficio delle imprese locali, ma da soli non
creano sviluppo e occupazione permanente. I posti di lavoro si creano, e
soprattutto si mantengono, in un rapporto compatibile tra iniziativa e mercato,
e le risorse sono un’opportunità per lo sviluppo e non solo soldi da spendere.
Bisogna pensare al sistema
delle imprese perché queste fungano da propulsori di sviluppo. Bari, come
l’Italia, deve favorire la nascita di piccole e medie imprese locali. Per farlo
deve passare da una strada obbligata che consiste nel ribaltare i rapporti tra
istituzioni e cittadini in generale, e tra burocrazia e impresa in particolare.
RinasciBari, ad esempio, si è soffermata a lungo sul concetto di “burocrazia
amica” per innescare l’agibilità di un rapporto amministrazione
pubblica-cittadino-impresa non vessatorio e conflittuale, ma stimolante e senza
il “malcostume dell’interdizione”, come scrive Ciccarese.
C’è poi una Bari che è
antica nella sua idea della politica, consunta nella sua articolazione sociale,
obsoleta nel suo provincialismo, reazionaria e volgare, cinica e impietosa,
arrogante e violenta, avvolta nel familismo, nell’assistenzialismo e nel
chiedere senza mai disporsi a dare.
Le difficoltà di gestire
queste criticità sono note. Si vincono con la buona politica, più che con la
retorica dei e sui giovani o con le quote di genere, gli ammiccamenti, i
cedimenti ed il buonismo o, infine, con la rassegnazione. Si vincono con la
cultura della libertà: quella di far sviluppare le idee, di intraprendere, di
esprimersi, di avere estro, di essere ascoltati, di partecipare, di non essere
discriminati.
La politica, a Bari come in Italia, si potrà rinnovare solo se il suo personale ammetterà di non essere stato capace di corrispondere con umiltà e spirito di servizio alla sfida democratica del Paese. E per far questo non servono “fabbriche” e “officine” ma solo buona amministrazione.
La politica, a Bari come in Italia, si potrà rinnovare solo se il suo personale ammetterà di non essere stato capace di corrispondere con umiltà e spirito di servizio alla sfida democratica del Paese. E per far questo non servono “fabbriche” e “officine” ma solo buona amministrazione.
Vito Schepisi
su EPolis del 9 ottobre 2014
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