14 ottobre 2014

Governare senza retorica

Il dibattito sulle aspettative per il Comune di Bari 

Nella confusione del confronto elettorale, prima, e del pettegolezzo della composizione della Giunta Municipale, dopo, sembra sia sfuggito un intero lavoro di riflessione su Bari e sul suo futuro. Sono bastate poche sedute del Consiglio Comunale per rivedere una maggioranza che, se si sfibra sugli equilibri interni nella lotta di conquista di ruoli e potere, si compatta, invece, sui metodi e sulle abitudini di sempre.
Il timore oggi, dopo i tanti impegni per l’efficienza e per la trasparenza, è che si ritorni ai riti della vecchia politica, la stessa che ha fatto nascere in Italia un profondo e inquietante sentimento di antipolitica che già per definizione non accoglie proposte di soluzione, ma solo urla di disperazione.
Reiterare, però, 10 anni di niente sarebbe un crimine contro la Città. Bari ha bisogno di altro. Con urgenza.
“Non ci sono acuti nella programmazione municipale - scrive su EPolis il Direttore Ciccarese - Non c’è un’idea nuova, grande, attrattiva, da realizzare in 5-10 anni e capace di avere “potere segnaletico” verso il mondo (così come fatto in lungimiranti città europee) e ampiezza per determinare nuove dinamiche economiche in una città asfittica”.
Basterebbero le 250 battute che compongono la denuncia del Direttore di EPolis per condensare tutti i segnali di allarme per le urgenti necessità della nostra Città.
Ciccarese suggerisce il bisogno di un’idea che dia smalto e che sia di riferimento per una Città che a più riprese è stata indicata come crocevia di culture diverse, come porta d’Oriente, come centro dinamico del commercio mediterraneo, come importante polo universitario, come  sede di Fiera campionaria di antica tradizione.
Bari, Capoluogo di Regione, diventata Città Metropolitana, ricca di risorse e d’ingegno che l’hanno contraddistinta in passato, dovrebbe ritrovare le ragioni di un’attenzione più costante perché nella sua dimensione plurale di centro direzionale di un’area amministrativa più vasta e dell’intera Regione sia da traino nella strategia di espansione economica, nella crescita dei servizi e nell’offerta di opportunità per la Puglia e per l’intero Mezzogiorno.
Il Direttore Ciccarese suggerisce ancora l’idea che, alla funzione di veicolo per un‘attenzione che travalichi i confini nazionali, Bari unisca anche gli impulsi per lo sviluppo economico e per ampliare le opportunità di lavoro.
Tutti gli enti amministrativi avrebbero l’obbligo di dare una mano al Paese per uscire dalla crisi. Non si sa, però, se a Palazzo di Città sia ben chiaro ciò che si vuole per Bari, come lo si voglia e con quali mezzi e sistemi.
Il suggerimento è che si miri a creare ricchezza. Per farlo ci vuole un insieme di cose che servano a ritrovare la fiducia, che facciano riemergere il coraggio, come accoratamente suggerisce Desirèe Digeronimo nel suo intervento di oggi su Epolis, che blocchino la crescita della spesa e delle tasse, nonostante l'assenza di servizi efficienti, come denuncia Giuseppe Carrieri nel suo intervento.
I fondi europei per gli interventi di recupero del patrimonio urbano, possono avere effetto strategico per attrarre, ad esempio, un maggiore interesse turistico, possono mettere in circolo risorse economiche a beneficio delle imprese locali, ma da soli non creano sviluppo e occupazione permanente. I posti di lavoro si creano, e soprattutto si mantengono, in un rapporto compatibile tra iniziativa e mercato, e le risorse sono un’opportunità per lo sviluppo e non solo soldi da spendere.
Bisogna pensare al sistema delle imprese perché queste fungano da propulsori di sviluppo. Bari, come l’Italia, deve favorire la nascita di piccole e medie imprese locali. Per farlo deve passare da una strada obbligata che consiste nel ribaltare i rapporti tra istituzioni e cittadini in generale, e tra burocrazia e impresa in particolare. RinasciBari, ad esempio, si è soffermata a lungo sul concetto di “burocrazia amica” per innescare l’agibilità di un rapporto amministrazione pubblica-cittadino-impresa non vessatorio e conflittuale, ma stimolante e senza il “malcostume dell’interdizione”, come scrive Ciccarese.
C’è poi una Bari che è antica nella sua idea della politica, consunta nella sua articolazione sociale, obsoleta nel suo provincialismo, reazionaria e volgare, cinica e impietosa, arrogante e violenta, avvolta nel familismo, nell’assistenzialismo e nel chiedere senza mai disporsi a dare.
Le difficoltà di gestire queste criticità sono note. Si vincono con la buona politica, più che con la retorica dei e sui giovani o con le quote di genere, gli ammiccamenti, i cedimenti ed il buonismo o, infine, con la rassegnazione. Si vincono con la cultura della libertà: quella di far sviluppare le idee, di intraprendere, di esprimersi, di avere estro, di essere ascoltati, di partecipare, di non essere discriminati.
La politica, a Bari come in Italia, si potrà rinnovare solo se il suo personale ammetterà di non essere stato capace di corrispondere con umiltà e spirito di servizio alla sfida democratica del Paese. E per far questo non servono “fabbriche” e “officine” ma solo buona amministrazione.
Vito Schepisi
su EPolis del 9 ottobre 2014

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