27 novembre 2012

Il vecchio riemerge e il nuovo sa già di vecchio



Ciò che è vecchio e ciò che è nuovo non dipende solo dal mandare in pensione le mummie.
Non sarà la bonifica della rosibindi (mission impossible) o il pensionamento del marinaretto coi baffi a stabilire la nuova politica ed a rilanciare la democrazia e con essa la giustizia, le libertà, i diritti.
Non sarà il sistema della sinistra fatto di gestione politica del territorio e di cinghie di trasmissione di apparati burocratici, mediatici, finanziari e produttivo-commerciali a promuovere lo sviluppo.
L'Italia ha necessità di liberare risorse. Ha bisogno di rinnovarsi nei suoi processi istituzionali, ha bisogno di liberarsi dalla zavorra burocratica. Deve sfoltirsi e liberarsi soprattutto da sfruttatori e saltimbanchi e dal chiasso del rigurgito partitocratico.
L'Italia, se vuole essere al passo degli altri paesi europei - notoriamente con meno problemi - deve liberalizzare il mercato del lavoro e rivedere il suo sistema giudiziario.
Lo può fare con la Camusso o con il sostegno a questa giustizia in cancrena?
La soluzione non è nell'aumento delle entrate per correre dietro alla spesa corrente. E', invece, nei tagli delle spese superflue, negli investimenti e soprattutto nell'aumento di produttività e di competitività.
Ma c’è a sinistra chi lo dice con la necessaria chiarezza, senza poi rivedere, smentire e ritrarsi?
Se si pensa di far ritrovare l’Italia in un’altra stagione di equivoci e d’imbrogli, per nascondere l’unico obiettivo della conquista del potere, utile a soddisfare gli appetiti dei sottoboschi intrecciati di interessi particolari, sarebbe un altro buco nell’acqua. Col rischio che potrebbe anche essere l’ultimo, prima dello sfascio totale.
Gli italiani dimenticano spesso, purtroppo. Non si sono spaventati dei vecchi governi di sinistra che sistemavano le cose, compresa la moltiplicazione dei pani e dei pesci agli amici e compagni, aumentando il prelievo fiscale.
Abbiamo invece assistito alla competizione del niente con le primarie della sinistra. C'è sfiducia in Italia e ne risente la domanda e con essa l'occupazione e la crescita. Non siamo competitivi e le esportazioni non crescono. La spesa corrente, con i suoi automatismi, assorbe risorse private (le tasse) e impoverisce il Paese.
Gli investimenti, purtroppo, scappano quando non c'è equilibrio tra i diritti di tutti. Le garanzie sono conquiste fondamentali in un paese civile ma, come sarebbe giusto, devono essere a presidio di un reciproco rapporto di comune interesse. Questa reciprocità in Italia è carente.
La fiducia, infine, si riduce se la Giustizia ha tempi e modi inquietanti. La storia delle primarie della sinistra si è ridotta, invece, alla storia di bottega in una sinistra in difficoltà - ancora nel terzo millennio - dal dovere morale d’uscire dalle parole d’ordine e dagli steccati ideologici per diventare finalmente una sinistra dal respiro europeo.
La storia di queste primarie della sinistra si è ridotta alla storia del PD. Nessuna ricetta, nessuna proposta, niente di niente, nessuna scelta, nessuna indicazione per il futuro, nessuna idea nuova, solo tatticismo, solo demagogia e solo le solite parole d'ordine col pepe dell’antiberlusconismo che è diventato il valore aggiunto di tutta la sinistra italiana.
Hanno esorcizzato la paura del futuro diffondendo illusioni e sensazioni miracolose, come se fossero i platonici "demiurgo" della politica italiana, come i tanti Vendola in cerca di poesia, piuttosto che di risposte concrete, efficaci, moderne e europee.
Con queste primarie si è riassorbita nel PD buona parte della sua area antagonista, quella vecchia e melanconicamente comunista.
Vendola ha concluso la sua stagione in libera uscita. Grillo gli ha occupato la platea degli arruffapopolo, della rabbia e della lotta.
Ritorna invece l'egemonia - già vecchia conoscenza del vecchio pci - con tutti i suoi riti e con tutte le sue furbizie.
E ancora una volta c’è una sinistra in cui il vecchio riemerge e il nuovo sa già di vecchio.
Vito Schepisi

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