16 febbraio 2012

Senza la "pistola fumante"

Un procedimento penale, non è come andare in un'assemblea e subire la contestazione dei presenti contro le tue idee e il tuo operato. In questi casi è la buona coscienza che interviene e ti assolve, senza che qualcosa di profondo incida sulla tua serenità; senza che la delusione comprometta la forza di batterti per far valere le tue ragioni. Un procedimento penale può essere, però, devastante, soprattutto quando dovesse esserci la buona coscienza di non aver commesso reati. E' per questo che la magistratura, prima di dar corso a un procedimento penale, dovrebbe avere a propria disposizione gli elementi di prova che consentano di formulare consistenti ipotesi di colpevolezza.
Trascinarsi in Tribunale alla ricerca di una prova, o contando su colpi di teatro è, invece, terribile. Sarebbe il contrario della Giustizia. Sarebbe una persecuzione intollerabile. Detto questo, devo dire che fino ad ora, e dopo la requisitoria del Pubblico Ministero, non ho ancora capito se nel processo Mills ci sia, o meno, una prova di colpevolezza contro Berlusconi. In Tribunale non c'è stata una sola testimonianza, né un fatto oggettivo che lo faccia apparire, senza ombra di ogni ragionevole dubbio, certamente colpevole. Non ho ancora capito se gli ostacoli opposti alla difesa - sia dal PM, che dalla terna giudicante - per l'escussione dei testi, abbia una ragione giuridica ed etica in un processo in cui il PM chiede una condanna a 5 anni di reclusione. E’ morale così? Il diritto alla difesa in Italia non è più sacrosanto?
E può valere la giustificazione della corsa contro il tempo per l'imminente prescrizione del reato? E' noto che il reato "Processo Mills" in ogni caso arriva a prescrizione, perché il procedimento è ancora al primo grado di giudizio, tra l’altro ancora da formulare, e i tempi sembrano oramai già esauriti. Il processo, al momento, avrebbe solo valore "simbolico", ma rischia di restare incagliato in una valenza prevalentemente "ideologica", in cui si chiede al Tribunale di emettere una sentenza di colpevolezza, perché Berlusconi appaia colpevole per definizione, e senza che si perda tempo con la difesa. Non è aberrante tutto questo? La difesa ha fatto ricorso per ricusare i giudici apparsi compiacenti con le tesi dell’accusa. Il ricorso è stato dichiarato ammissibile, cioè formulato con ragioni verosimili. Poniamoci ora la domanda se c'è qualcuno che sostenga, ancora, che l'Italia sia la nutrice del diritto positivo?
In questo processo (il Mills) emerge abbastanza chiara solo una cosa. Emerge che in Italia ci sono due tifoserie, di cui una è quella che userebbe la giustizia per regolare sbrigativamente i conti della politica. Nell'altra c'è la sensazione che, purtroppo, non possa esistere, senza l'immediata delegittimazione e la successiva criminalizzazione, una forza moderata e liberale che, senza pregiudizi, affronti con distacco e ragione, le questioni d’interesse comune, senza che debba passare dal vaglio e dalla compiacenza di quel castello di apparati di casta di cui si è circondata una parte politica, con la connivenza interessata di apparati burocratici e lobbies di poteri (mediatico-giudiziario-finanziario). Senza che, come sosteneva il Presidente Cossiga, a chi prova a cambiare le cose, debbano mettere sotto processo quantomeno un parente.
La lettera di Berlusconi apparsa sul Giornale di questa mattina, pertanto, non può e non deve apparire solo come uno sfogo di un uomo mortificato da un'aggressione giudiziaria e politica senza precedenti. Deve, invece, indurre a riflettere. Dalla Sicilia alla Lombardia, passando per la Calabria, la Puglia, la Campania, l'Umbria, etc.etc., la corruzione politica, gli abusi, il peculato, la concussione e le associazioni a delinquere di matrice politico-amministrativa imperversano per fatti che riguardano la gestione pubblica, gli appalti, le concessioni, le clientele, i privilegi e, come abbiamo visto in Umbria, le discriminazioni nelle assunzioni del personale, l’arroganza, le vendette, le violenze, l’abuso. La nostra attenzione, però, è attirata da teoremi giudiziari e da ipotesi di reato, privi di una "pistola fumante" che inchiodi un malfattore certo. E’ una cosa che dura da 18 anni in Italia. Le contestazioni sono le più varie, le ultime si rivolgono a sfoghi telefonici o a questioni di vita privata che per nessun altro cittadino, in Italia, hanno mai costituito un tale interesse della Giustizia penale, da montarci sopra un’indagine per la ricerca e la formulazione di reati.
Vito Schepisi

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