08 luglio 2015

Europa, Grecia, Italia ... un'Unione senza ideali


Troppi entusiasmi, troppi equivoci, troppa confusione. Il referendum di domenica in Grecia è stato un inutile passaggio. Ci ha rilasciato un responso scontato. Non ha risolto niente. E’ servito solo a Tsipras e al suo funambolico ex ministro dell’Economia Varoufakis per dribblare l’ostacolo della scelta. Una furbizia, insomma.
Nessuno, neanche a referendum passato, ci ha saputo dire contro cosa o per che cosa si votava. Le cose sono rimaste esattamente come prima, con in più qualche miliardo di Euro sprecato in perdite di capitalizzazione dei mercati azionari, con qualche miliardo ancora di Euro persi per l’aumento dei costi degli interessi sui debiti sovrani (della Grecia compresi). 
Dicono che Tsipras (la sinistra) abbia vinto perché si è schierato per il “NO” (61% dei voti).
La stessa cosa, però, ha fatto l’estrema destra di Alba Dorata.
Ma ha vinto cosa? Ma per cosa si votata? Non lo sappiamo in Italia, e ci può anche stare, ma non lo sapevano neanche gli elettori e non lo rivelavano gli organi d’informazione della Grecia. Si sapeva che il premier greco si era schierato per il “NO” e che dalla sua parte stavano tutti i movimenti della sinistra e della destra alternativa in Grecia ed in Europa (Grillo, Salvini e Meloni compresi), mentre per il SI era schierata la Merkel e un po’ tutti i governi ed i partiti di maggioranza d’Europa (Renzi e PD compresi).
Al “NO” o al “SI” non era collegata, però, nessuna precisa scelta.  Non c’era la bocciatura o l’approvazione di una precisa proposta.
In soldoni, il quesito referendario greco poneva agli elettori la seguente domanda: siete d’accordo a pagare i debiti del vostro paese?
La risposta è sembrata persino scontata. I greci, infatti, in gran quantità hanno risposto di no.
Questa vicenda nel suo insieme, però, deve far riflettere. Questa Europa è rimasta senza idee. Un progetto di unione che ha perso per strada la coscienza d’esser stato pensato e voluto per i popoli liberi europei. L’Europa che passa dall’unione dei popoli a quella burocratica delle banche e dei “club” riservati ha clamorosamente fallito il suo scopo.
La Comunità Europea non fa naufragio solo nel Mediterraneo, facendo prevalere gli egoismi e le furbizie di quanti, elargendo qualche elemosina, si lavano le mani dai problemi dell’accoglienza e della solidarietà. Sta naufragando nel suo significato politico. Si è disperso il sogno di quanti pensavano al coronamento di una storia di sofferenze e di sacrifici per quei popoli che avevano lottato per la libertà, per l’indipendenza e per la democrazia. 
L’oppressione dei regimi autoritari, sostituita dall’oppressione delle lobbies finanziarie non è la soluzione per  il futuro di una società  libera che sottoscrive il trattato di Schengen.
Ha fallito l’Europa dei popoli che voleva vincere i bisogni, che voleva affrontare questioni importanti come l’alimentazione e l’ambiente, che voleva esportare cultura e solidarietà, dialogare con civiltà differenti, affermare i valori della libertà e della dignità umana, assicurare benessere, tutele e sicurezza, impegnarsi a stabilire con responsabilità e autonomia le scelte politiche del mondo.

La fierezza di far parte del popolo europeo al momento non esiste. Forse non è mai esistita, perché in Europa sono emerse mentalità e sensibilità diverse, perché sono comparsi interessi diversi. Forse anche culture diverse. Non esiste un riferimento a una comune radice, per quanto si sia provato nell’atto costitutivo europeo a farla risalire a quella giudaico-cristiana.
Se si pensasse agli USA e alla sua moneta, Il Dollaro, su cui domina la scritta “In God We Trust” forse la risposta arriva da sola.

Vito Schepisi
EPolis 8 luglio 2015

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