Su EPolis del 14.11.2013
La nuova sede della Regione Puglia, prima di essere realizzata, si è già rivelata insufficiente a soddisfare le necessità degli spazi.
In Città nessuno ne parla, tanto meno i quotidiani locali, ad eccezione di EPolis che sabato 9 novembre ha riportato la notizia in prima pagina.
L’idea di eliminare il ricorso agli stabili in locazione, e di allocare la Sede del Consiglio e tutti gli uffici e gli assessorati in un unico contesto edilizio, mostra già le prime falle. La sede unica della Regione in via Gentile doveva servire ad abbattere i costi di locazione e a ridurre le diseconomie di una rete di uffici (dislocati in diverse località) che crea mobilità improduttiva e svantaggi all’utenza. Non è confortante, però, osservare che con i lavori già in corso (l’ultimazione e la definitiva e completa consegna degli immobili è prevista per il 2015) e con alcuni edifici già ultimati e consegnati, sia già emersa una difficoltà per la sistemazione degli spazi per uffici e servizi istituzionali.
E’ stata la Giunta a prenderne atto, adottando una delibera nella quale è stato stabilito: “il preminente interesse regionale, per l’obiettivo di concentrare nell’area di Via Gentile la massima parte degli uffici regionali (non tutti? ndr), mediante la realizzazione dei necessari ulteriori volumi edilizi, in ampliamento di quelli già realizzati e in fase di realizzazione, previa redazione dei relativi progetti ed acquisizione delle necessarie autorizzazioni.”
Leggendo la delibera di Giunta si rileva, però, che la questione non si riduce soltanto a esigenze di ampliamento dei volumi e alla verifica positiva delle cubature consentite dagli indici urbanistici vigenti. I nuovi edifici andrebbero a sostituire realizzazioni diverse, in particolare un eliporto e un’area destinata alle attività sportive, ma per essere realizzati necessitano di una deroga ai vincoli stabiliti dalla legge Galasso sulla distanza dalla battigia (meno di 300 metri).
Come immagine per la Regione e per il suo Presidente non sarebbe una questione di poco conto, se solo si pensasse che l’Ente, e sempre sul lato sud della costa barese, andrebbe a riproporre le stesse violazioni dei vincoli che hanno portato all’abbattimento degli edifici di Punta Perotti. Auguriamoci almeno che questa volta si faccia a meno della dinamite e che non si debba arrivare alla distruzione di risorse, con l’Italia e la Puglia che non se lo possono assolutamente permettere.
La stampa tace, però, come se fosse tutto normale, come se la Città non lo debba sapere, come se i baresi non fossero interessati. Nessun dito alzato per ripristinare il principio. Nessun lamento ambientalista. Nessuna osservazione. Nessuna mobilitazione, come se la Città fosse diventata, d’un tratto, disattenta e indifferente. E’ vero che questo silenzio è anche una fortuna, per quanto sono odiosi i toni da crociata, ma perché non doverne parlare con toni pacati, senza arringare le folle? Perché non se ne debba discutere come cittadini coscienziosi e riflessivi?
Tra chi discute e argomenta potrebbe anche esserci chi faccia osservare agli amministratori regionali che gli spazi ben presto, da essere insufficienti, possano, invece, rivelarsi in esubero. Tra le ipotesi al Ministero degli Affari Regionali, infatti, è allo studio un ddl sul riordino dell’amministrazione pubblica locale che andrebbe a modificare gli assetti quantitativi e geografici delle regioni italiane.
Con l’abolizione delle Province, le regioni italiane potrebbero passare da 20 a 36, naturalmente di dimensioni più piccole, e la Puglia potrebbe persino scindersi in tre, assorbendo il materano e il Molise. Bari potrebbe ritrovarsi sede soltanto della Regione “Terra di Bari”. Se il ddl andasse in porto, il personale della Regione Puglia di Bari potrebbe ridursi, e di molto, e gli spazi rivelarsi in esubero.
Vito Schepisi
La nuova sede della Regione Puglia, prima di essere realizzata, si è già rivelata insufficiente a soddisfare le necessità degli spazi.
In Città nessuno ne parla, tanto meno i quotidiani locali, ad eccezione di EPolis che sabato 9 novembre ha riportato la notizia in prima pagina.
L’idea di eliminare il ricorso agli stabili in locazione, e di allocare la Sede del Consiglio e tutti gli uffici e gli assessorati in un unico contesto edilizio, mostra già le prime falle. La sede unica della Regione in via Gentile doveva servire ad abbattere i costi di locazione e a ridurre le diseconomie di una rete di uffici (dislocati in diverse località) che crea mobilità improduttiva e svantaggi all’utenza. Non è confortante, però, osservare che con i lavori già in corso (l’ultimazione e la definitiva e completa consegna degli immobili è prevista per il 2015) e con alcuni edifici già ultimati e consegnati, sia già emersa una difficoltà per la sistemazione degli spazi per uffici e servizi istituzionali.
E’ stata la Giunta a prenderne atto, adottando una delibera nella quale è stato stabilito: “il preminente interesse regionale, per l’obiettivo di concentrare nell’area di Via Gentile la massima parte degli uffici regionali (non tutti? ndr), mediante la realizzazione dei necessari ulteriori volumi edilizi, in ampliamento di quelli già realizzati e in fase di realizzazione, previa redazione dei relativi progetti ed acquisizione delle necessarie autorizzazioni.”
Leggendo la delibera di Giunta si rileva, però, che la questione non si riduce soltanto a esigenze di ampliamento dei volumi e alla verifica positiva delle cubature consentite dagli indici urbanistici vigenti. I nuovi edifici andrebbero a sostituire realizzazioni diverse, in particolare un eliporto e un’area destinata alle attività sportive, ma per essere realizzati necessitano di una deroga ai vincoli stabiliti dalla legge Galasso sulla distanza dalla battigia (meno di 300 metri).
Come immagine per la Regione e per il suo Presidente non sarebbe una questione di poco conto, se solo si pensasse che l’Ente, e sempre sul lato sud della costa barese, andrebbe a riproporre le stesse violazioni dei vincoli che hanno portato all’abbattimento degli edifici di Punta Perotti. Auguriamoci almeno che questa volta si faccia a meno della dinamite e che non si debba arrivare alla distruzione di risorse, con l’Italia e la Puglia che non se lo possono assolutamente permettere.
La stampa tace, però, come se fosse tutto normale, come se la Città non lo debba sapere, come se i baresi non fossero interessati. Nessun dito alzato per ripristinare il principio. Nessun lamento ambientalista. Nessuna osservazione. Nessuna mobilitazione, come se la Città fosse diventata, d’un tratto, disattenta e indifferente. E’ vero che questo silenzio è anche una fortuna, per quanto sono odiosi i toni da crociata, ma perché non doverne parlare con toni pacati, senza arringare le folle? Perché non se ne debba discutere come cittadini coscienziosi e riflessivi?
Tra chi discute e argomenta potrebbe anche esserci chi faccia osservare agli amministratori regionali che gli spazi ben presto, da essere insufficienti, possano, invece, rivelarsi in esubero. Tra le ipotesi al Ministero degli Affari Regionali, infatti, è allo studio un ddl sul riordino dell’amministrazione pubblica locale che andrebbe a modificare gli assetti quantitativi e geografici delle regioni italiane.
Con l’abolizione delle Province, le regioni italiane potrebbero passare da 20 a 36, naturalmente di dimensioni più piccole, e la Puglia potrebbe persino scindersi in tre, assorbendo il materano e il Molise. Bari potrebbe ritrovarsi sede soltanto della Regione “Terra di Bari”. Se il ddl andasse in porto, il personale della Regione Puglia di Bari potrebbe ridursi, e di molto, e gli spazi rivelarsi in esubero.
Vito Schepisi
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