Il 16 novembre, con Monti che incontra il Presidente della Repubblica, scioglie la riserva e presenta la lista dei ministri, si consumerà una delle pagine più controverse della Repubblica Italiana.
Si aveva la convinzione che la nostra Costituzione fosse oramai consunta e inadeguata. Si pensava che nella sua parte seconda, dopo esser stati sanciti, nella prima, i principi fondamentali di un Paese libero e democratico, sebbene con tutte le incrostazioni retoriche che contiene, la Carta Costituzionale dovesse essere rivisitata per assegnare al popolo, prima che ai partiti, la sua sovranità, ed alla democrazia, attraverso l’esercizio della politica e la inviolabile volontà del popolo, prima che ai servizi ed alle funzioni dello Stato, la priorità legislativa e l’autorevolezza della sua rappresentatività.
Si pensava che anche all’Italia, passata l’emergenza del dopo guerra e quella della reciproca diffidenza, che l’aveva vista dividersi in due differenti strategie di sviluppo, fosse data la possibilità di dotarsi di un governo autorevole per determinazione e capacità d’intervento, in un quadro di alternanza delle volontà e dei sentimenti popolari.
Si osserva, invece, che anche questa volta non è stato così. E’ stato assegnato quasi d’imperio, con la giustificazione dei mercati in tensione, per iniziativa della Presidenza della Repubblica, un Presidente del Consiglio, fatto senatore a vita con scelta unilaterale, repentina, inutile, oltre che stridente con i presupposti del rigore economico e della riduzione della spesa.
La politica è consenso e proposta. La politica è discussione sui provvedimenti che servono ad amministrare il Paese e a rendere servizi e condizioni di vita confortevoli ai suoi cittadini. La politica non è, invece, lotta alle persone e potere di veto. Non è diffamazione, non è offesa, né contrapposizione pregiudiziale. Non può essere volgarità e violenza. Nessun fine può giustificare un mezzo rozzo e intollerante. Ma è ciò che si è visto in Italia in questi ultimi tre anni.
Gli elettori vanno rispettati sempre. Perché sono la sostanza della democrazia. Nessuno può dire, senza ricadere nell’assolutismo massimalista, che le scelte del popolo siano stupide e inaccettabili e ritenerle così non valide, come, appunto, è avvenuto in Italia. Nessuno può assumersi la responsabilità civile di disfare ciò che nelle urne è stato messo insieme. Nessuno in democrazia dovrebbe avere il diritto di delegittimare la libertà di scegliere.
Devono essere i sentimenti dei cittadini a prevalere, non quelli dei funamboli della politica e dei trasformisti. E la politica era, e deve continuare ad essere, non altro che la sintesi e la razionalizzazione di questi sentimenti da trasformare in contenuti di governo.
La sintesi dei sentimenti popolari non la può fare assolutissimamente il Presidente della Repubblica che non è espressione del popolo, e pertanto non legittimato ad interpretarne la volontà, ma solo un nominato dal Parlamento attraverso il consueto gioco dei partiti. La figura in Costituzione del Presidente della repubblica è quella del “notaio” che certifichi l’esistente e la volontà del Parlamento. E’ quest’ultimo, infatti, che l’ha nominato. Tra le sue prerogative c’è quella di sciogliere uno o i due rami del Parlamento, quando nelle Camere viene meno una convergente volontà politica e quando gli intenti programmatici non siano condivisi da una costituita maggioranza. Tra le sue prerogative non c’è quella di sostituirsi al popolo e di scegliere, in sua vece, l’indirizzo politico.
Non si pensava assolutissimamente che la Costituzione potesse essere ancora una volta violentata, dopo l’esperienza del 1995, con il maneggio di Scalfaro, il peggior Presidente della Repubblica che l’Italia abbia avuto.
Non si pensava che si potesse togliere ai suoi costituiti, cioè ai cittadini, attraverso l’espressione elettorale, la prerogativa di compiere le scelte per il governo del Paese.
Nella sostanza, e a prescindere dal merito, si lamenta l’inopportunità di un processo autoritario che sostanzialmente attribuisce un discutibile premio di ragione a chi inganna gli elettori. Sembra che si sia premiata l’azione di chi ha costantemente lavorato per il proprio interesse politico o personale, ma prevalentemente contro il Paese.
Non si sa se il Governo Monti risolverà i problemi italiani, soprattutto sul versante della fiducia dei mercati, della riduzione della spesa, dello sviluppo industriale, dell’occupazione, della crescita economica e della riduzione del debito. E’ l’augurio che gli facciamo nell’interesse di tutti.
Questo Governo, però, nasce con un debito nei confronti di tutti gli italiani: un debito di legittimità e di chiarezza. La ragione degli avvoltoi non può coincidere con la ragione dei cittadini.
Gli italiani moderati sapranno ancora una volta capire e mantenere la fiducia nelle Istituzioni, come hanno sempre fatto. Lo faranno nella convinzione che la prepotenza dalla sua non abbia alcuna ragione e che, alla prima occasione, possa essere ancora una volta respinta.
Vito Schepisi
7 commenti:
Caro Schepisi, uno dei maggiori danni del berlusconismo è stata "l'educazione all'ignoranza" che lei ha dapprima subito e in seguito se ne è fatto divulgatore con questo articolo, professando un concetto di democrazia che andrebbe bene se spiegato ai bambini delle elementari: il popolo vota e chi vince comanda e fa quello che vuole.
Invece le moderne democrazie sono bastate sul suffragio universale, la libertà di stampa e di pensiero, la separazione dei poteri e sopratutto sul primato della Costituzione. La nostra sin dal primo articolo recita che, si, la sovranità appartiene al popolo, ma la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Infatti se un parlamento legittimamente eletto promulgasse una legge che nn consentisse più libere elezioni si sarebbe di fronte ad un paradosso che, forse, persino lei capirebbe. Ma nn di certo di fronte ad una democrazia!!!
Nell'ambito della separazione dei poteri, il parlamento eletto (dal popolo sovrano) rappresenta solo uno dei 3 poteri: quello legislativo.
I parlamentari eletti sono ancora tutti li, e quando Berlusconi si è dimesso si sono avviate le consultazioni per trovare una maggioranza che sostenga il nuovo governo: l'esecutivo, in cui il popolo sovrano nn c'entra nulla!!!!
Saluti Giuseppe
Quattordici capoversi per replicare in forma logorroica un tentativo sterile di imbonimento mediatico.
Il commento precedente individua con assoluta ed esauriente chiarezza il PERCHE' quanto argomentato sia DEL TUTTO falso persino nelle sue stesse premesse.
Salta agli occhi quanta scuola abbia fatto la disinformatjia di chi, non avendo concretezza, ha basato il consenso sull' utilizzo della comunicazione scorretta e falsa.
La invito ad andare a leggere le analisi statistico - anagrafiche dell' elettorato dell' ex PdC, che sono in grado di dirle in modo più che esauriente su quale fetta di società abbia contato la più grande operazione di "maskirovka" realizzatasi negli ultimi venti anni.
E, malgrado il termine sia russo ( e riferibile alla tristissima realtà comunista del Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, KGB ) la "dissimulazione" è stata realizzata nella nostra Italia....
Due perle di supponenza e di presunzione reazionaria.
Per rispondere al primo, non è assolutamente vero che, in sintesi, il mio ragionamento valga per dire "il popolo vota e chi vince comanda e fa quello che vuole".
Tutt'altro!
Si vorrebbe invece che il parlamentare sia maggiormente responsabilizzato nel rispetto delle indicazioni e delle scelte degli elettori. Deve rispetto a chi gli ha fornito una delega in bianco a rappresentarlo.
I poteri nei paesi democratici sono prerogativa dell'esecutivo e del Parlamento (il primo appunto esecutivo e l'altro legislativo e di controllo. Si definisce potere quello che ha mezzi propri per esercitarlo. Quello giurisdizionale non è invece un potere, ma un ordinamento autonomo. Non ha, ad esempio, nè il potere di scrivere le leggi e nè quelle di varare un decreto o di esercitare niente, motu proprio, se non atti di procedura giudiziaria nei modi e nel rispetto delle leggi e delle procedure.
Chi ha scritto la Costituzione, al tempo, si preoccupò, infatti, di impedire che la magistratura potesse invadere i poteri (esecutivo e legislativo). Lo fece introducendo l'art.68. Quell'art. 68 che nel 1993, sull'onda del magma di tangentopoli, un Parlamento inerte e supino, ha troppo frettolosamente e improvvidamente modificato.
Ma anche quella modifica, ai sensi dell'art.138, ci fa capire che anche la Costituzione è emendabile.
In democrazia tutto lo è e se non fosse così non sarebbe neanche democrazia.
Non sono nel gregge di chi cammina con la Costituzione in mano, sceneggiando un'attaccamento alla legalità che invece, come spesso ci capita di osservare, è solo formale. Nessuno può presumere di essere migliore degli altri solo perchè chiede che sia aggiornato il testo della Costituzione nella parte che tratta l'organizzazione dello Stato, i suoi poteri e le sue funzioni con relativi organi di controllo e di garanzia.
Il primato della Costituzione non significa la sua immodificabilità. Lasciamolo al popolo degli ipocriti questo supposto. Lo stesso Monti e le forze politiche dei due schieramenti avvertono la necessità delle modifiche costituzionali. E' dagli anni 70 con la Commissione Bozzi (il liberale Aldo Bozzi per chi non conosce la Storia d'Italia e forse tant'altro) che se ne parla. Noi abbiamo una Costituzione concepita in un periodo storico in cui nel Paese c'era una tregua (armata), ed il pericolo di assegnare un potere più ampio ad una parte rappresentava un pericolo. Con questa Costituzione, in Italia, non sono i rappresentanti del popolo (i soggetti beneficiari di ciò che lei definisce "suffragio universale") ad esercitare un potere ma la burocrazia ed i "nominati". Lei parla di "educazione all'ignoranza" ma si legga ciò che scrive prima di giudicare ciò che scrivono gli altri. Per modificare la Costituzione ci vuole una doppia lettura in Parlamento e senza i due terzi dei voti c'è il referendum confermativo.
Quando il Presidente Napolitano ha nominato Monti senatore a vita ha inviato un messaggio inconfondibile. Aveva già fatto la sua scelta e quella scelta la stava imponendo a tutti in una situazione difficile per il Paese. Tutto questo senza aver avviato alcuna consultazione. Prendere o lasciare. Pensi un po' se l'avesse fatto un Presidente di un altro colore politico!
Non mi meraviglia che il secondo sostenga che il primo commento abbia smascherato la mia falsità. Alle idiozie trovo, però, difficoltà a replicare ... ma si commentano perfettamente da sole.
1)Con la tipica logica del bananas medio, lei si ritiene all'altezza di criticare il PdR, ma dà del supponente a chi critica lei. E vabbhè.
2)Il popolo vota ecc.: mi ricorderò di questa sua affermazione. Se ne ricordi anche lei quando scriverà altri articoli, o quando sente le dichiarazioni di esponenti del PdL in merito.
3)Tralascio lo strafalcione sul potere giudiziario. Mi sembra ancora troppo indietro e nn voglio infierire. Tuttavia mi chiedo cmq come sia possibile che lei nn abbia mai sentito espressioni tipo:" una sentenza che farà giurisprudenza".
4) Nn cambi le carte in tavola. Il suo articolo nn parla di come dovrebbe essere la costituzione o di come dovrebbe essere modificata. Lei critica Napolitano sulla base dell'attuale Costituzione, sbagliando!
5) Se la Costituzione così com'è nn le piace, liberissimo di pensarlo, ma purtroppo per lei, Napolitano ha agito secondo le prerogative della Costituzione attuale.
5 bis)....e se continua così magari le spiego pure quali sono.
Ancora saluti Giuseppe
In democrazia tutti sono "all'altezza" di criticare chiunque. Lei lo sta facendo con me, pur denunciando tutti i suoi limiti e tanta supponenza. Io le rispondo perchè chi partecipa al confronto politico deve avere l'umiltà di farlo con tutti.
Se le ho dato del supponente è perchè lei non sostiene una sua opinione contraria alla mia, ma ha provato, e continua a farlo, a demonizzare la mia. Nel suo primo commento ha detto un cumulo di idiozie, accusando me di "educare all'ignoranza".
Non ho scritto che Napolitano abbia abusato della Costituzione. Formalmente non lo ha fatto. Ma è legittimo pensare che l'abbia fatto sostanzialmente. E' tanto evidente se solo si pensi che prima di conferirgli l'incarico ha nominato Monti senatore a vita. E' opinione abbastanza diffusa che questo sia il governo di Napolitano. Ma dirlo non significa che questo governo, allo stato dei fatti, non possa tornare utile al Paese per risolvere alcune questioni senza che la politica forzi le rappresentanze sociali ed istighi una rivolta. Tutti i più prestigiosi economisti sono sempre stati concordi nel sostenere che i grandi numeri si fanno interessando la più vasta area di contribuzione. Una tassa sui ricchi, ad esempio, che investa le poche migliaia di persone individuate tali, raccoglierebbe molto poco, a meno che non si intenda per ricco che si è comprato una casa, risparmiando una vita e contraendo un mutuo di cui paga ancora le rate. Bisogna scindere, purtroppo la questione morale da quella pratica ed utilitaristica. Con la demagogia non si fanno le finanziarie. Solo su questa questione (i ricchi ed i poveri) si potrebbe scrivere un volume. I ricchi, per il fisco, non sono quelli che lo sono, nè quelli che appaiono, ma quelli che lo sono diventati in modo trasparente pagando tasse su tasse e fino all'ultimo centesimo. Chi lavora, si impegna e risparmia , inevitabilmente per il fisco diventa ricco perchè si è comprato una casa ed una villetta al mare, perchè non ha costituito società di gestione del patrimonio in perdita e nè acquistato un panfilo con bandiera panamense o trasferito la sua residenza all'estero, come per la tessera numero uno del PD.Napolitano lo sa e lo sa anche Monti. E se con quest'ultimo sarà possibile smascherare gli ipocriti e i demagoghi ben venga.
... continua ...
.... Ma passiamo all'altra questione.
Parliamo di Costituzione. Sgombriamo il campo sulla magistratura. Che sia un ordinamento lo sostiene la Costituzione. Lo fa, in riferimento sia alla forma che alla sostanza, con l'art.101 che dopo aver enunciato il principio arcinoto "La giustizia è amministrata in nome del popolo" aggiunge in modo inequivocabile: "I giudici sono soggetti soltanto alla legge".
Una sentenza di Cassazione assume forma di legge perchè nella giurisprudenza si è convinti della continuità della giustizia e della sua equità erga omnes. Ma se si dovesse ritenere superata una interpretazione della Cassazione, ad esempio per un principio evolutivo, piuttosto che per la diversità applicativa, rispetto ad episodi e circostanze diverse, non penso sia possibile irrorare la stessa sentenza per omologia di reato.
I poteri del Presidente della Repubblica sono riportati all'art.87 della Costituzione. Non è scritto da nessuna parte che possa nominare un suo dicastero, nè che possa autonomamente risolvere una crisi di governo pilotandola su indicazioni proprie. Ripeto che non è la forma che io ho contestato ma la sostanza di un atto.
Tra i poteri del Presidente della Repubblica c'è quello dei messaggi alle Camere. Il Presidente , a mio avviso, poteva esercitarlo per sostenere che la maggioranza uscente aveva i numeri in Senato, ma non alla Camera. Doveva sostenere che per questa ragione (la difficile capacità numerica per sostenere con determinazione la sua politica) l'Italia era stata messa al centro di un ciclone speculativo. Doveva sostenere che le alternative potevano essere di due tipi: ritrovare una maggioranza più larga sia alla Camera che al Senato; scioglimento delle Camere.
Io penso anche che nella seconda ipotesi, la sinistra avrebbe avuto buone possibilità di successo, anche se non si sa a che prezzo per il Paese.
La sinistra si sarebbe trovata nelle condizioni di corrispondere con una politica di rigore alle evidenti e non derogabili necessità, e penso che sarebbero emerse anche tutte le sue contraddizioni.
Napolitano immagino che si sia convinto di questo ed abbia così voluto eliminare questo ulteriore pericolo.
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