E’ come la storia del mezzo bicchiere di acqua. C’è chi lo definisce mezzo vuoto e chi invece mezzo pieno. Gli italiani stanno tutti così. Tutti tra il mezzo incazzati ed il mezzo sereni. L’Italia è il Paese dei veleni a cascata, delle chiacchiere da bar, delle imboscate politiche ed economico-finanziarie, delle guerre editoriali, dei tradimenti e delle storie infinite.
Ci mancavano le belle di notte per completare il quadro di un Paese confuso.
Si potrebbe osservare che per fortuna c’è un Governo che va avanti e che non si lascia né intimidire e né coinvolgere in questa piena di ambiguo coinvolgimento della politica col malaffare e con le vagonate di fango, come emerge, ancora una volta, dopo la Campania e l’Abruzzo, anche in Puglia. Ma non basta! Non basta perché la politica ha bisogno di un quadro di rapporti leali, di una maggioranza che si apra al confronto, anche interno, ma che sia sostanzialmente coesa.
L’Italia ha bisogno anche di una opposizione che pungoli e prema, come in tutti i paesi di democrazia parlamentare, non di una interminabile rappresentazione teatrale, come avviene da noi. Ha bisogno di un Parlamento che non sia un votificio, in cui si dibattano e si completino le proposte, senza isterismi e voglie di rivalsa.
Il Paese ha bisogno di isolare i violenti, di smascherare i falsi ed i faziosi. L’Italia ha un grande bisogno di riforme vere: quelle che stabiliscano il passaggio verso una nuova scrittura della seconda parte della nostra Costituzione, fatta di poteri che non si sovrappongano, fatta di chiarezza dei ruoli, di responsabilità istituzionale, di una magistratura che sia l’espressione della maturità democratica del Paese, un potere giurisdizionale che sia impossibile per tutti manovrare e strumentalizzare.
Quando la lotta si fa dura, scendono in campo gli uomini duri. Ma quando la politica si fa molle, cosa scende in campo? Buttiglione? Ed è stato il post democristiano, archetipo della nuova generazione fornaia, benché vecchio volto noto del funambolismo trasformista che più di altri è sembrato gioire per il gossip, per la storia di Boffo per la confusione totale nel dibattito interno del PD, per le uscite di Fini, per i contrasti tra i cattolici ed il Pdl. Gioisce anche per la presenza di una cortina di fumo che impedisce di soffermarsi sulle ambiguità dell’Udc e dei suoi uomini. Gioisce perché a parlar di escort e di abusi si finisce per dimenticarsi di altri casini.
Dovrebbero suscitare interesse le osservazioni di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, quando sostiene che ci sia una crisi profonda del PD, tanto da fargli scrivere che “La lotta precongressuale è stata aspra ma ciò non è servito a guarire la malattia di quel partito: la scarsa credibilità della sua «offerta politica» complessiva, l'assenza di un insieme di idee e di proposte potenzialmente in grado di convincere una parte rilevante di quegli elettori che, fin qui, si sono tenuti alla larga dal Partito democratico.”
Un dubbio, lo stesso che molti hanno avuto sin dal primo momento, si ripropone sul valore politico e strategico di una’alleanza che ha visto unirsi in un solo partito i post comunisti ed i post democristiani. Questo PD che non riesce ancora a livello europeo a chiarire la sua collocazione politica e che induce a pensare in Italia che molti vecchi ex e post democristiani si accingano a dover morir socialisti.
Una proposta politica che adotti l’unica strategia di aspettare la caduta del Cavaliere, anzi di provar di tutto per fomentarla, può trovare compagni di strada in Cesa, Buttiglione e Casini, ma non ha prospettive. Non c’è nel PD nessuna cultura del fare, nessuna idea da proporre, nessuna prospettiva e nessuna ragione di unire. Come così dar torto a Panebianco quando sostiene che questo Partito non sia in grado di “costruire un’offerta politica senza suscitare dirompenti conflitti interni”?
Ci mancavano le belle di notte per completare il quadro di un Paese confuso.
Si potrebbe osservare che per fortuna c’è un Governo che va avanti e che non si lascia né intimidire e né coinvolgere in questa piena di ambiguo coinvolgimento della politica col malaffare e con le vagonate di fango, come emerge, ancora una volta, dopo la Campania e l’Abruzzo, anche in Puglia. Ma non basta! Non basta perché la politica ha bisogno di un quadro di rapporti leali, di una maggioranza che si apra al confronto, anche interno, ma che sia sostanzialmente coesa.
L’Italia ha bisogno anche di una opposizione che pungoli e prema, come in tutti i paesi di democrazia parlamentare, non di una interminabile rappresentazione teatrale, come avviene da noi. Ha bisogno di un Parlamento che non sia un votificio, in cui si dibattano e si completino le proposte, senza isterismi e voglie di rivalsa.
Il Paese ha bisogno di isolare i violenti, di smascherare i falsi ed i faziosi. L’Italia ha un grande bisogno di riforme vere: quelle che stabiliscano il passaggio verso una nuova scrittura della seconda parte della nostra Costituzione, fatta di poteri che non si sovrappongano, fatta di chiarezza dei ruoli, di responsabilità istituzionale, di una magistratura che sia l’espressione della maturità democratica del Paese, un potere giurisdizionale che sia impossibile per tutti manovrare e strumentalizzare.
Quando la lotta si fa dura, scendono in campo gli uomini duri. Ma quando la politica si fa molle, cosa scende in campo? Buttiglione? Ed è stato il post democristiano, archetipo della nuova generazione fornaia, benché vecchio volto noto del funambolismo trasformista che più di altri è sembrato gioire per il gossip, per la storia di Boffo per la confusione totale nel dibattito interno del PD, per le uscite di Fini, per i contrasti tra i cattolici ed il Pdl. Gioisce anche per la presenza di una cortina di fumo che impedisce di soffermarsi sulle ambiguità dell’Udc e dei suoi uomini. Gioisce perché a parlar di escort e di abusi si finisce per dimenticarsi di altri casini.
Dovrebbero suscitare interesse le osservazioni di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, quando sostiene che ci sia una crisi profonda del PD, tanto da fargli scrivere che “La lotta precongressuale è stata aspra ma ciò non è servito a guarire la malattia di quel partito: la scarsa credibilità della sua «offerta politica» complessiva, l'assenza di un insieme di idee e di proposte potenzialmente in grado di convincere una parte rilevante di quegli elettori che, fin qui, si sono tenuti alla larga dal Partito democratico.”
Un dubbio, lo stesso che molti hanno avuto sin dal primo momento, si ripropone sul valore politico e strategico di una’alleanza che ha visto unirsi in un solo partito i post comunisti ed i post democristiani. Questo PD che non riesce ancora a livello europeo a chiarire la sua collocazione politica e che induce a pensare in Italia che molti vecchi ex e post democristiani si accingano a dover morir socialisti.
Una proposta politica che adotti l’unica strategia di aspettare la caduta del Cavaliere, anzi di provar di tutto per fomentarla, può trovare compagni di strada in Cesa, Buttiglione e Casini, ma non ha prospettive. Non c’è nel PD nessuna cultura del fare, nessuna idea da proporre, nessuna prospettiva e nessuna ragione di unire. Come così dar torto a Panebianco quando sostiene che questo Partito non sia in grado di “costruire un’offerta politica senza suscitare dirompenti conflitti interni”?
Vito Schepisi
6 commenti:
Caro Vito.
Sul mio blog http://italiaemondo.blogspot.com ho fatto una nota sull'11 settembre.
E' doveroso non dimenticare quanto è successo.
Le uscite di Fini rischiano di danneggiare il PdL.
Cordiali saluti.
Si, probabilmente lo e
quello che stavo cercando, grazie
necessita di verificare:)
quello che stavo cercando, grazie
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
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