18 settembre 2009

Commozione ed ipocrisia

Le tragedie molto spesso sembra che siano un tutt’uno con il ricorso alla propaganda. La tentazione al moralismo si fa strada nelle coscienze più torbide. E se sono tragedie di morti per le nostre missioni di pace, se le vittime sono militari impegnati a difendere il diritto alla libertà di uomini e donne o a difendere il mondo intero dal pericolo del terrorismo, la tragedia si avvolge attorno al finto pacifismo ed all’orrore. L’infamia ed il pregiudizio non sono però meno vili della violenza e dell’odio ideologico.
L’11 settembre 2001 a New York, con i morti delle Twin Towers, ha rappresentato l’episodio culmine della pericolosità e dell’infamia del terrorismo. Ma c’è da ricordare che è stato interpretato da tanti - così tanti da non poter essere considerati tutti solo fuori di senno - come la giusta punizione ai simboli della supremazia e del potere economico che le stesse torri, che sembravano arrampicarsi verso il cielo, rappresentavano. Dinanzi a circa 3000 morti di civili innocenti il giudizio ideologico ha tranciato la sua sentenza di condanna che è suonata come responsabilità per le vittime e che ha assolto gli spietati assassini.
Sulla stessa tragedia si è innescata una pista negazionista del terrore islamico, attribuendo la responsabilità della catastrofe ai servizi segreti di USA e d’Israele.
Si nega di tutto al mondo, perché negare non costa niente e si cattura la fantasia di tanti utili idioti. In questa negazione, però, si può comprendere quanto sia cinica e spietata l’arte della strumentalizzazione di ogni tragedia. C’è una corsa alla visibilità, al distinguo, al pronunciare parole di cordoglio miste a critiche ed intuizioni diverse. Tutti buoni, tutti lungimiranti, tutti esperti militari, tutti virtuosi, tutti commossi, tutti pacifisti. Tutti per tutto, e di tutto ancora.
Dopo ogni dramma è così: c’è sempre chi moraleggia e si scopre stratega o pensa di poter indicare la strada giusta. La verità è che non esiste una strada giusta. Non c’è una “exit strategy” che possa apparire come la soluzione migliore. L’unica guerra vinta è sempre quella non fatta, ma non sempre si sceglie di combatterla una guerra, a volte la si subisce, altre non si può fare a meno di prevenirla anche attraverso azioni militari, come accade per la missione ONU in Afghanistan.
Ma i tempi sono cambiati e se una volta si diceva che la miglior difesa fosse l’attacco, oggi diventa difficile continuare a sostenerlo. La guerriglia e la presenza di un nemico invisibile, il terrorismo che colpisce tra la gente, tra i civili, inaspettatamente senza motivo, senza un effettivo pericolo ma solo per far morti, per spaventare il nemico, per spingerlo a desistere, per vendetta, per fanatismo religioso e per destabilizzare una quadro d’insieme, per impedire la normalizzazione e la svolta democratica del proprio Paese, sono tutti elementi nuovi che impediscono di dare un senso razionale alle cose. Si vive alla giornata, senza sapere se si sta vincendo o perdendo. Si vive sperando che il nuovo giorno spunti per tutti i ragazzi lontani dalle loro case e dai loro affetti.
Sembra che la morte serva a ricordare che la vita in certe realtà non conti niente e che sia invece la cultura della insostenibilità dell’esistenza a prevalere sui sentimenti, sugli affetti, sul pensiero, sugli animi, sui diritti, sulla libertà, sulle scelte di ciascuno, sulla vita degli esseri umani.
Chi può oggi dire con serenità se sia giusto che americani, tedeschi, italiani, francesi, inglesi, olandesi, polacchi, turchi, spagnoli, danesi, rumeni, norvegesi ed australiani, sotto l’egida dell’ONU, siano impegnati in questa difficile e pericolosa missione?
Le recenti elezioni hanno visto la conferma, con brogli elettorali, del discusso Karzai a Presidente dell’Afghanistan, ma è giusto lasciarlo da solo a difendere il Paese dall’imposizione della legge coranica dei Talebani? Ma, soprattutto, è giusto lasciare la popolazione afghana sola alle mercé della vendetta degli “studenti di Dio”, fanatici assertori del fondamentalismo islamico?
Qualcosa, però, bisognerà farla! Non si può continuare in attesa della prossima tragedia. L’Italia dovrà discuterne con gli altri paesi. Bisognerà cambiare strategia, coinvolgere altri paesi ancora, snidare i finanziatori del terrorismo, ammonire chi fornisce le armi e gli esplosivi. Ciò che non bisogna fare, però, è lasciarsi trasportare dalle ipocrisie di chi sfrutta il dolore e la commozione per avere più visibilità.
Vito Schepisi

4 commenti:

dario ha detto...

caro vito,
condivido alcune cose che hai scritto anche se parli in generale, non dici CHI E' L'ARTEFICE DEL DISASTRO.
Io credo che questa guerra, come quella irakena, abbia emesso una dura sentenza: il fallimento totale della dottrina bush.
Non è possibile esportare la democrazia in paesi che non sanno cosa sia la democrazia.
Inoltre, in mediooriente gli occidentali sono mal visti dalle popolazioni, quindi prima di "aiutare" (secondo il senso che NOI attribuiamo a questa parola!)dovremmo chiederci se vogliono essere aiutati DA NOI.
Dobbiamo anche considerare che le guerre hanno un terribile effetto collaterale che i nostri media omettono di raccontare: I MILIONI DI VITTIME CIVILI, vittime che finiscono per accrescere l'odio che quei popoli hanno nei nostri confronti.
Prima di sostenere una guerra, pertanto, bisogna considerare se ci sono possibilità di vincerla, quali sono i costi sociali e soprattutto quale sarà il risultato a lungo termine (un po' come è accaduto per il bombardamento a gaza: il terrorismo ne è uscito, come sostenni allora, rafforzato).
Ancora, bisogna avere ben chiaro chi sosteniamo: karzai è un democratico oppure è soltanto un corrotto che bush ha sostenuto per i soliti miserabili interessi di parte?
E il Pakistan? Perché i media non raccontano che sostiene i talebani perché gli sono utili nella guerra con l'india? Gli usa lo sanno, ma non possono fare nulla, il Pakistan ha la bomba atomica, è necessario tenerselo amico. E qui cresce il mio disgusto per i giornalisti italiani: perché non ci hanno raccontato che la vicenda afgana non è solo afgana ma dell'intera regione? Perché non ci hanno detto fin dall'inzio che questa guerra era impossibile da vincere? E' ovvio poi che bush lo sapeva fin dall'inizio!non poteva non saperlo! Il giorno dopo l'invasione ha firmato con karzai il primo contrattone, il SUO obiettivo era raggiunto!
E, come sempre, quelli che ci rimettono sono i civili, da una parte, i militari, dall'altra. Quanto a questi ultimi sono stufo di sentir parlare di eroi, di martiri della pace ecc...A parte che la pace si porta lì dove c'è guerra (come in libano), mentre in afganistan la guerra l'abbiamo portata noi (o meglio bush). Quello che voglio sottolineare, è che i sei soldati non erano eroi, erano sei poveri ragazzi che hanno indossato la divisa per guadagnare uno stipendio! Non a caso la stragrande maggioranza dei militari è formata da giovani meridionali, spinti alla vita militare dall'enorme disoccupazione che non gli ha lasciato scelta. Dei miei amici che lavorano (già, perché la maggiorparte non lavora o lavora al nero), l'8o% indossa una divisa (tra cc, polizia e esercito), quindi so chi sono, so qual è la situazione. E ti posso assicurare, caro vito, che sono ragazzi come gli altri, ma che si distinguono per una cosa: il losco mondo della politica li ha trasformati in carne da macello! E sai poi come rimedia la politica? CHIAMDANDOLI EROI e oragnizzando funerali in pompa magna! Basta con l'ipocrisia, basta con le guerre! (segue)

dario ha detto...

Le guerre sono legittime in due casi:
1-quando in un paese si sta consumando un genocidio (oggi avviene in tante parti del mondo che politicamente non interessano!)
2-per legittima difesa da un attacco armato sferrato da un altro Stato, come il diritto internazionale insegna. E l'attacco alle torri non era un atto di uno Stato ma un atto terroristico appoggiato da uno Stato, che è cosa ben diversa.
BUSH HA FALLITO, la sua ideologia, i suoi valori, sono ormai alle spalle. Almeno questa è una buona notizia.
Via dall'afganistan e via dall'irak. Certo che oggi sarebbe una tragedia ritirarsi, significherebbe aver sacrificato milioni di civili senza motivo. Ma purtroppo la guerra è persa: ritiriamoci e si risparmierà la vita di altri morti innocenti, civili e militari.
Ti consiglio un libro: "Fantasmi" di Tiziano Terzani. Parla della guerra in indocina, in particolare in cambogia. Ebbene quella storia ricorda tanto quella attuale in afganistan e in medioriente in generale. Purtroppo dal passato non si è imparato nulla, o meglio, la politica ha fatto finta di non aver imparato nulla. Mi dispiace soltanto di una una cosa: bush ancora oggi è ricordato da alcuni come un buon presidente. Ha fallito, invece, sia in politica estera che in patria. Senza contare che il modello neoliberista del quale è stato portatore per anni, oggi è miseramente fallito, avendo scatenato la crisi ma prima ancora ingiustizie sociali insopportabili, come i paesi latino-americani neoliberali dimostrano (colombia e messico in primis). Adios bush, spero che una nuova era sia iniziata.
Saluti.
P.S.:mi scuso per la forma un po' contorta ma vado di fretta! ciao.

dario ha detto...

che i nostri ragazzi siano carne da macello l'ha confermato ieri berlusconi. Li ha strumentalizzati in modo indecoroso, dimostrando di essere (com'è stato giustamente osservato) "un comiziante della peggior specie" e un demonizzatore dell'opposizione. Quando mai l'opposizione parlamentare ha bruciato bandiere di altri stati o ha scritto -6??? A quanto mi risulta, invece, solo un parito, oggi di governo, ha bruciato una bandiera, addirittura quella italiana!!! E sai bene a chi mi riferisco....Chiamare i nostri ragazzi "eroi" conviene a molti, e lo dico tristemente...Questi politici mi fanno schifo.

Anonimo ha detto...

good start