Diciamolo subito! Così sgombriamo il campo da ogni infingimento, dalle tante ipocrisie e da tutti le possibili accuse di giustificazionismo. Diciamolo! Così ci spogliamo anche dalla tentazione del politichese, dai “ma anche” e da tutti quei ragionamenti che suonano un po’ come l’Alice nel paese delle meraviglie. Il cosiddetto “Lodo Alfano”, finalmente per legge costituzionale, servirà a cautelare il Premier dalla reiterata tentazione della magistratura politicizzata di trascinarlo dinanzi ad una sentenza di condanna penale da parte di un Tribunale della Repubblica. Più chiaro di così!
E’ una legge, quindi, che ha un chiaro riferimento “ad personam”.
Ed ora che l’abbiamo detto possiamo anche ragionarci sopra. Sosteniamo subito che è una legge con un forte imprimatur politico e che è fondamentale in un Paese così poco normale come l’Italia. E diciamo, anche, che è un provvedimento costituzionale che recepisce la volontà dei costituenti di tutelare l’agibilità politica nel Paese dalle possibili tentazioni autoritarie di corporazioni giudiziarie.
La legge recepisce sostanzialmente ciò che nel 1947 era stata la preoccupazione dell’Assemblea Costituente. Con l’art 68 della Costituzione si intendeva infatti stabilire, nell’Italia democratica e postfascista, il primato della politica. La modifica nel 1993 dell’art 68, troppo frettolosa e con la pressione del clima giustizialista e forcaiolo alimentato dalla stagione di “tangentopoli” - di cui la storia si dovrà occupare per comprenderne anche gli aspetti eversivi – ha finito con l’avvelenare il confronto tra i partiti. L’uso politico della Giustizia ha leso la sovranità popolare, contrapponendogli la cultura del sospetto e la prevalenza dei poteri burocratici e giudiziari. Sono figlie di questo clima le stagioni dei complotti e dei ribaltoni, le congetture e le trappole televisive, i tentativi di spallata extraparlamentare, le fabbriche delle calunnie e persino il gossip.
Se continuassimo a ragionare, ci sembrerebbe più grave ciò che fa richiedere la presenza di una legge che tuteli dall’aggressione giudiziaria le alte cariche dello Stato, piuttosto che la “personalizzazione” della legge. Anche la lamentela sulla retroattività apparirebbe come un mero esercizio di ipocrisia. La legge, infatti, serve a tutelare le alte cariche dello Stato dalle aggressioni giudiziarie, e non dalla responsabilità dei reati commessi. Non serve affatto a cancellare i reati!
Senza retroattività non si risolverebbe nulla. Alla magistratura anti Premier non interessa il reato, e tanto meno il momento della sua realizzazione, ma solo il Premier e la sua eventuale condanna. Un Lodo Alfano che decorra da oggi non servirebbe a risolvere i problemi del presente. Non servirebbe a consentire al centrodestra di portare avanti la legislatura senza doversi occupare dei procedimenti a carico del Premier.
Ma è persino opportuno che si prenda atto che questa legge è anche oggettiva: varrà, infatti, per tutti coloro che potranno trovarsi nelle stesse condizioni dell’attuale Premier. Con la legge approvata, nessun magistrato potrà stabilire la legittimità o meno di una coalizione o di un leader a governare. Solo Il Parlamento potrà esercitare il diritto-dovere di togliere o confermare la fiducia al Presidente del Consiglio dei Ministri.
La legge, inoltre, si riflette con le legislazioni di altri paesi democratici, europei e non. E nei paesi dove la tutela per legge non esiste, di massima accade o che la magistratura sia espressione essa stessa di democrazia, cioè è eletta dal popolo, o che sia il governo ad esercitare un controllo diretto sulla magistratura. In Italia, invece, la magistratura è autonoma ed indipendente ed è governata da un organismo di autogestione, il CSM, in cui prevale la componente togata.
Il Lodo Alfano (Lodo è un termine improprio che si riferisce ad un accordo tra le parti che, come è invece evidente, non c’è) non è che l’ultima rielaborazione di quello che partì già nel 2002 come Lodo Maccanico e che nel 2003 il parlamentare della Margherita sconfessò quando, presentato come Lodo Schifani, trovò l’opposizione pregiudizialmente schierata. La motivazione della marcia indietro, sostanzialmente politica ed ispirata dalla stessa magistratura, fu data dalla modifica dell’art 1 che prevedeva la tutela temporanea delle alte cariche dello Stato per tutta la durata della legislatura, anziché per solo 6 mesi.
La legge, approvata dal Parlamento come legge ordinaria due volte, e con la seconda dopo aver recepito le motivazione della prima sentenza della Corte Costituzionale, è stata bocciata da quest’ultima per ben due volte: l’ultima sostenendo che fosse necessaria una legge costituzionale. Eccola!
Vito Schepisi