Le primarie del partito democratico mettono in scena la madre di tutte le fiction. Anche i contendenti alla guida del partito della sinistra ulivista interpretano le parti dei protagonisti e delle comparse nello scenografia di una commedia tipicamente all’italiana. Sia sufficiente il percorso a ritroso della nascita di questa nuova entità politica per comprendere la falsità tipicamente post comunista di una esigenza strumentale, più che ideale e programmatica, di un nuovo partito che si predispone ad essere il contenitore tipico di vecchie abitudini e di strategie trasformiste che abbiamo imparato a conoscere dal dopoguerra ad oggi. Nella commedia i protagonisti hanno le stesse gambe su cui già hanno camminato le teste di uomini con idee vecchie e desuete, persino chiome imbiancate nell’esercizio di un protagonismo politico che va dagli epiloghi del fascismo all’assimilazione del neo comunismo. Trovare Scalfaro tra i protagonisti della cosa nuova della sinistra è inquietante prima che desolante. C’è chi dice che la continuità è garanzia di democrazia e condizione di un percorso della storia che adegua la politica all’esigenza dei tempi e della società che si evolve mantenendone i valori. Tutto vero! Ma qua il discorso è diverso! Nel caso del partito democratico a nessuno conviene portare bagagli di un passato imbarazzante. Non c’è tradizione e cultura in quei luoghi che meriti d’essere recuperata. Anche l’egemonia culturale del vecchio pci, a conti fatti, non è stata che la sintesi del fallimento del pensiero politico dominante nella seconda metà del secolo scorso. Era rappresentata da un ceto intellettuale che non ha saputo o voluto guardare con equilibrio e dignità le realtà che si contrapponevano alle democrazie occidentali. Una casta intellettuale che non ha saputo interpretare e promuovere le scelte economico-programmatiche che servissero a garantire sicurezza e benessere alle giovani generazioni. Uomini imbevuti di cieco furore ideologico, sfociato spesso in violenza, ed utilizzati a sostegno delle spinte corporative dei sindacati favorendo precarietà, disoccupazione, tensioni sociali e l’impoverimento del Paese. Un mondo della cultura sempre attento a gareggiare in prontezza nel sottoscrivere i richiami del regime alla condanna spesso dell’onestà, del buonsenso, della giustizia e dei principi etici e culturali di un popolo intero. Uomini spesso cinici e vili che a guisa delle tre scimmie, in cui una non guarda, l’altra non parla e la terza non sente, si rincorrevano a teorizzare alienazione e sociologia. Si indicavano i vizi del capitalismo, si demonizzava il profitto e si spacciava per arte e cultura anche l’espressione più becera purché ossequiente alle parole d’ordine di intolleranti fautori di regimi dispotici.
I giochi sono fatti ed ai neo-comunisti è stata anzitempo assegnata la guida. La scelta è caduta su Veltroni per le note difficoltà di altri notabili DS e perché era l’unico con una sua popolarità che poteva esser spacciato per nuovo. La sintesi tra Ds e Margherita rappresentata da Prodi, forte di una collocazione apparentemente autonoma ed equidistante, è venuta meno con il tracollo della popolarità del professore emiliano. Questa è la chiave di lettura di un accordo di vertice stabilito da tempo per sdoganare la trasformazione dei neo comunisti e di quanti, uniti nella Margherita, hanno perso da tempo una loro identità. E per spiegare tutto questo, già stabilito a tavolino, è stata rappresentata la kermesse del Lingotto a Torino e la competizione in atto, per la guida del nuovo partito, che si dispiega senza esclusione di colpi. Si è voluto anche il sacrificio di concorrenti alla guida del PD che hanno il compito di perdere (saranno certamente ricompensati), utili a dimostrare che si tratta di una competizione democratica, un po’ come avveniva nei paesi dell’est europeo prima della caduta dell’impero sovietico. Si è assistito persino alla discesa di candidati che vogliono solo mettersi in mostra e di provocatori un po’ patetici e comici.
Le prime pagine di giornali da mesi riportano un finto confronto in cui si dibatte del nulla e dell’uovo di Colombo. C’è già chi dice che tutti avrebbero potuto farlo ma che Veltroni l’ha fatto con impegno e serietà. Cosa non si sa! Come è sempre stato nel suo caso: un personaggio che non si ricorda per nulla di preciso ma che si pone come il contenitore di tutte le virtù. Si sa che per Veltroni servono meno tasse per tutti ( anche per Totti?), serve più ordine e più controllo nelle città, uno sguardo anche alla questione settentrionale, più flessibilità nel lavoro, dialogo con il Paese reale e persino l’adozione dello stile Sarkozy . Sembra quasi Berlusconi. Si sa che ritiene fondamentale recuperare i valori del mercato e dell’economia ma naturalmente coniugati con le esigenze del sociale; serve anche rispettare i diritti, salvaguardare le minoranze, rispondere ai bisogni, garantire i diversi ma senza venir meno ai principi dell’etica. Tutto sembra sia per immagini, proposte concrete zero. Solo immagini da buon conoscitore di fiction.
Si ha l’impressione di un gioco delle parti, di una commedia all’italiana in cui si adeguano situazioni e personaggi, ed anche la stampa, al bisbiglio della gente, con la spasmodica ricerca di assecondarne gli umori. Prodi, ormai fuori gioco, si preoccupa di motivare i concorrenti di Veltroni. Ha interesse ad indebolirlo e rallentare il processo della caduta del suo Governo. E’ consapevole che Rutelli e Veltroni, se quest’ultimo registrerà un successo personale convincente, saranno pronti a scaricargli addosso tutte le responsabilità di una stagione politica deludente e resa precaria da una maggioranza instabile. Il dramma è tutto dei cittadini italiani perché questa commedia è rappresentata sulla scena di una Nazione con tanti problemi, a discapito degli interessi e dei bisogni del Paese.
I giochi sono fatti ed ai neo-comunisti è stata anzitempo assegnata la guida. La scelta è caduta su Veltroni per le note difficoltà di altri notabili DS e perché era l’unico con una sua popolarità che poteva esser spacciato per nuovo. La sintesi tra Ds e Margherita rappresentata da Prodi, forte di una collocazione apparentemente autonoma ed equidistante, è venuta meno con il tracollo della popolarità del professore emiliano. Questa è la chiave di lettura di un accordo di vertice stabilito da tempo per sdoganare la trasformazione dei neo comunisti e di quanti, uniti nella Margherita, hanno perso da tempo una loro identità. E per spiegare tutto questo, già stabilito a tavolino, è stata rappresentata la kermesse del Lingotto a Torino e la competizione in atto, per la guida del nuovo partito, che si dispiega senza esclusione di colpi. Si è voluto anche il sacrificio di concorrenti alla guida del PD che hanno il compito di perdere (saranno certamente ricompensati), utili a dimostrare che si tratta di una competizione democratica, un po’ come avveniva nei paesi dell’est europeo prima della caduta dell’impero sovietico. Si è assistito persino alla discesa di candidati che vogliono solo mettersi in mostra e di provocatori un po’ patetici e comici.
Le prime pagine di giornali da mesi riportano un finto confronto in cui si dibatte del nulla e dell’uovo di Colombo. C’è già chi dice che tutti avrebbero potuto farlo ma che Veltroni l’ha fatto con impegno e serietà. Cosa non si sa! Come è sempre stato nel suo caso: un personaggio che non si ricorda per nulla di preciso ma che si pone come il contenitore di tutte le virtù. Si sa che per Veltroni servono meno tasse per tutti ( anche per Totti?), serve più ordine e più controllo nelle città, uno sguardo anche alla questione settentrionale, più flessibilità nel lavoro, dialogo con il Paese reale e persino l’adozione dello stile Sarkozy . Sembra quasi Berlusconi. Si sa che ritiene fondamentale recuperare i valori del mercato e dell’economia ma naturalmente coniugati con le esigenze del sociale; serve anche rispettare i diritti, salvaguardare le minoranze, rispondere ai bisogni, garantire i diversi ma senza venir meno ai principi dell’etica. Tutto sembra sia per immagini, proposte concrete zero. Solo immagini da buon conoscitore di fiction.
Si ha l’impressione di un gioco delle parti, di una commedia all’italiana in cui si adeguano situazioni e personaggi, ed anche la stampa, al bisbiglio della gente, con la spasmodica ricerca di assecondarne gli umori. Prodi, ormai fuori gioco, si preoccupa di motivare i concorrenti di Veltroni. Ha interesse ad indebolirlo e rallentare il processo della caduta del suo Governo. E’ consapevole che Rutelli e Veltroni, se quest’ultimo registrerà un successo personale convincente, saranno pronti a scaricargli addosso tutte le responsabilità di una stagione politica deludente e resa precaria da una maggioranza instabile. Il dramma è tutto dei cittadini italiani perché questa commedia è rappresentata sulla scena di una Nazione con tanti problemi, a discapito degli interessi e dei bisogni del Paese.
Vito Schepisi