26 agosto 2013

NO IMU sulla prima casa



Al PD non va proprio giù l’abbattimento dell’IMU sulla prima casa. Ma se non vogliono far cadere il governo prima del voto sulla decadenza di Berlusconi in Senato, devono capitolare.
Non cambiano mai! Sempre la stessa ipocrisia dei vecchi comunisti. Sempre contro il popolo e contro chi lavora ed è responsabile. Alzano cortine di fumo e di bugie, come sempre. 
Fassina dice, ad esempio, che non è giusto abbattere l’IMU sulle prime case di lusso. Ma qualcuno gli dica che già da quando l’IMU si chiamava ICI le case di lusso non sono mai state esentate dal pagamento dell’imposta.
Il PD sostiene che non ci sono i soldi, ma i quattrini (3,9 miliardi di Euro) per coprire le falle del MPS e la cattiva e colposa gestione dei suoi amministratori, nominati in gran parte dal PD, li hanno trovati.
Alla Provincia di Milano, Penati trovò anche circa 250 milioni di Euro per comprare un pacchetto di azioni della Serravalle che gli potesse consentire il controllo della Società che gestiva l’autostrada Milano-Genova, pagando le azioni per quasi il triplo del loro valore. Per farne che cosa?
Sarebbe ora che il PD la smettesse di prendere in giro le famiglie italiane.
Ci diano conto, invece, del saccheggio dell’Italia. Ci dicano come mai i loro uomini, pur colti con le mani nel sacco, non pagano mai.
La “patrimoniale” (IMU) sulla prima casa colpisce le famiglie ed è arrogante ed ingiusta. La pressione fiscale che si abbatte sugli italiani è insopportabile.
Dicono dal PD che il debito cresce e che non ci sono i soldi per finanziare gli interventi sociali.
Ebbene qualche suggerimento lo si può dare.
Il primo è: FINITELA DI SACCHEGGIARE E RUBARE!
Il secondo: I MAGISTRATI APRANO TUTTI E DUE GLI OCCHI E SIANO IMPARZIALI!
Non basta? Ci hanno portati sull’orlo del baratro?
In Italia ci sono colossi economico-produttivi che godono di privilegi fiscali perché sfruttano le agevolazioni delle cooperative, ma che agiscono come aziende private avendo perso la caratteristica dell’interesse cooperativo dei soci. Realizzano fatturati enormi su cui pagano imposte agevolate e fanno concorrenza sleale a chi invece paga le tasse per intero. Si intervenga facendo pagare le tasse a tutti, anche a chi utilizza espedienti per non pagarle e per ricavarne risorse da usare in attività parallele alla politica per canalizzare il consenso elettorale.
Si può iniziare a mettere un tetto invalicabile, con legge costituzionale, agli stipendi di manager e di dirigenti pubblici. La giungla retributiva italiana è come uno schiaffo ai bisogni di tanti lavoratori che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese.
Si può pensare di mettere un tetto alle pensioni dell’INPS. Si verifichi anche che ci siano state le contribuzioni, come accade per tutti i lavoratori italiani.
Sapere che ci siano pensionati che percepiscono 3.000 euro al giorno non si può, infatti, ancora sentire!
Ed in tema di pensioni un’altra legge costituzionale che vieti di percepire più di un trattamento di quiescenza e che abolisca i contributi figurativi sarebbe da ola dalle Alpi al Canale di Sicilia.
Eliminare tutti i trattamenti di liquidazione ed i vitalizi che contrastino con quelli dei normali lavoratori italiani, in tutti i consessi elettivi delle rappresentanze democratiche locali e nazionali, sarebbe come passare dalle dichiarazioni di intenti contro la casta ... ai fatti.
Eliminare i benefit a vita della alte cariche istituzionali, come la messa a disposizione di uffici con personale, di macchine di servizio con autista. Si elimini anche l’incarico di senatore a vita, utilizzato in gran misura per ribaltare la volontà popolare. La politica non è un mestiere e gli incarichi istituzionali sono un servizio che gratifica e dà onore, non una professione con la sistemazione a vita.
Eliminare per tutti i dipendenti e per tutti gli amministratori pubblici le doppie retribuzioni.
Eliminare i rimborsi elettorali ai partiti.
Tagliare tutte le spese di rappresentanza e tutti i fondi e i contributi destinati a finanziare manifestazioni effimere.
Creare uno standard di spesa per i servizi pubblici e uniformare allo standard tutte le amministrazioni che direttamente o indirettamente forniscono i servizi.
Ridurre il personale dei ministeri, della pubblica amministrazione e delle amministrazioni locali, uniformando il numero ad uno standard tipico di efficienza.
Cambiare il sistema fiscale italiano in modo da incentivare il rilascio degli scontrini, delle fatture e delle ricevute fiscali.
Sottrarre agli amministratori dei vari livelli politici le nomine delle rappresentanze nei consigli di amministrazione di società controllate (si può privatizzare o in mancanza la partecipazione pubblica scenda al di sotto del 50% e si affidi a privati la gestione degli enti)
Ovviamente fare una politica rigida che miri ad eliminare gli sprechi ed a realizzare economie di gestione.
Ecco il Governo ed il Parlamento facciano ciò che devono fare, e che da tempo non fanno, e lascino in pace le famiglie italiane.
Vito Schepisi

24 agosto 2013

Gli assassini della Libertà e della Democrazia



Li vedo là, allineati come un plotone di esecuzione, armati chi di penna, chi di sentenze e chi di voto. 

Li riconosco tutti, ad uno ad uno, sempre confusi e differenti tra loro, ma per l’occasione, ora uniti e compatti, addobbati diversamente, con toghe, parrucche e orecchini. 

Un insieme grigio, tenebroso, quasi disgustoso. Inguardabile. 
Donne, uomini, altri diversi: seri, scherzosi, preoccupati, beffardi, pensierosi come i personaggi di un film sugli alieni, uomini e donne che tra loro si consultano, si osservano, ridono, si salutano con atteggiamenti da persone sconfortate; alcuni si danno il cinque, come nello sport. 

Tutti recitano la loro parte migliore. Recitano se stessi: si nasce, si vive e si muore conservando sempre se stessi. 

Solo alcuni sono assenti, non possono più partecipare alle parate: sono quelli chiamati a miglior vita.
Ma certamente ci sono anche loro. 
Sembra di vederli mentre assistono dall’alto, come dai loggioni di un teatro, senza perdersi una battuta di ciò che avviene sul palco sottostante.
Altri, per un pudore ipocrita, uomini abituati a tradire, restano coperti dal solito vile riserbo, non hanno neanche più la faccia di esporsi, ma sono presenti, nascosti dietro le quinte, come tutti i traditori, come tutti i falsi e gli ipocriti, e stanno anche loro in trepida attesa.

Non è una festa strapaesana, non ciò che resta del pur genuino provincialismo italiano: mancano i banchi con i pop-corn e le noccioline, mancano le salamelle e le birre. 

E questa volta i "lor signori" non sono là schierati per farsi applaudire dalla gente a cui elargiscono promesse e favori, traendone linfa e vita, ma sottraendo loro il futuro. 

Sono là in urlato silenzio, nella sintesi delle contraddizioni di una vita consumata nell’odio e nella furbizia. 

Sono là nella piazza del Paese per godersi l’esecuzione. 

Sono là gonfi di suspense, con l’adrenalina in circolo, pregustando lo spettacolo indecoroso.

Sono là, assetati del "sangue dei vinti” come nella tradizione della storia, sono gli ignavi, gli ipocriti, i falsi, i mistificatori, i traditori, i violenti, i ladri di speranza e di ricchezze, gli imbroglioni, i truffatori, i sabotatori, gli abusivi, i servi, i mafiosi, i saccheggiatori, gli uomini tronfi di potere, i cinici, gli intolleranti ed i violenti. 

Sono là, tutti insieme e tutti accecati dall’orrore. 
Sono là tutti insieme, in collettivo, a compiere il delitto di massa della libertà e della democrazia.
Anche in questa circostanza, però,  non potrà mancare chi si porrà il pensiero se la propria assenza potrà notarsi di più della propria presenza. 

Un dilemma vero per ogni imbecille, un dubbio che tormenta da sempre la sinistra italiana.
Perché tutto per loro resti. Come era prima. 

Vito Schepisi

21 agosto 2013

Uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà…


Franco Nero mi ricorda “Il giorno della civetta”, il romanzo del 1960 di Leonardo Sciascia, uno dei pochi veri intellettuali siciliani impegnati a mettere la sua cultura d’ostacolo contro la mafia. 
Nel 1968, infatti, ne è stato tratto un film con Franco Nero che ha interpretato, in modo magistrale, il ruolo del capitano dei carabinieri Bellodi, protagonista principale del film. 
Del libro e del film è rimasta come una pietra miliare il dialogo tra il Capitano Bellodi (Franco Nero) ed il Padrino don Mariano a cui Sciascia fa dire: 
« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… ». 
Un ritaglio crudo di una scena del finale. Un dialogo che, per intensità e pregnanza etica, varrebbe da solo l’intero film. 
Indimenticabile, così come tale dovrebbe restare questa storia d’oggi, in cui l’attore Nero è chiamato a ricordare alcuni comportamenti incredibili e dai contorni inquietanti, in cui si rivela una giustizia arrogante, usata per soddisfare l’edonismo giustizialista di una categoria d’impiegati pubblici a cui la Costituzione affida compiti di estrema delicatezza e di particolare riservatezza. 
Un potere, quello giudiziario, che nelle mani di chi ha solo vinto un concorso, in mancanza di regole di trasparenza e senza obblighi di responsabilità, si può trasformare in resa dei conti, senza che se ne debba dar giustificazione ad alcuno, tantomeno al popolo a cui la Costituzione assegna la sovranità dello Stato ed in nome del quale la stessa Costituzione stabilisce che la Giustizia debba esprimersi. 
In Italia c’è una categoria di lavoratori, pagati da tutti noi, a cui non è assegnata una precisa responsabilità nel loro lavoro ed a cui sono invece assegnati poteri enormi che possono incidere in modo determinante sulla vita degli uomini, sulla loro serenità familiare e sulle loro relazioni sociali. 
Come si farebbe così a non riflettere sullo stato della nostra democrazia? 
Se nel ventennio squadristi e gerarchi s’imponevano e sottomettevano il popolo, comportandosi con arroganza e adottando metodi violenti, che dire di chi minaccia chi gli sta sulle palle dicendo pubblicamente “se mi capiti a tiro ti sfascio”? 
Mi ricorda un episodio di Di Pietro, allora magistrato di mani pulite (testimonianza del Procuratore Capo Borrelli) che riferendosi a Berlusconi sembra che a quel tempo abbia detto … “io a quello lo sfascio”. 
Vivesse ancora Leonardo Sciascia! Vivesse ancora l’intellettuale che visse da uomo libero in Sicilia e che, tra l’altro, definì “professionisti dell’antimafia” gli affannati “indignati” a tassametro, di cui l’Italia era ed è piena, come erano e son oggi piene e stracolme le categorie dei “pigliainculo” e dei “quaquaraqua”. 
Vito Schepisi

13 agosto 2013

Osservatori Internazionali in Italia



Senza garanzie di agibilità democratica e di lealtà politica, non si può pensare che questo Governo resti in carica, e che il Parlamento continui a far finta che in Italia ci sia democrazia.
C'é un golpe strisciante che in Italia dura da 20 anni.
Di fatto, Parlamento e Governo non contano più nulla. Contano solo quando acconsentono il gioco dei poteri forti locali ed europei.
Le lobbies dei poteri agiscono e funzionano a legislature alternate, per bloccare le riforme e per imbalsamare il Paese (la sinistra va al potere, blocca le iniziative riformiste e tartassa i cittadini; alle successive elezioni gli elettori “incazzati”, alla sinistra supina, sostituiscono la destra, contro cui “i poteri” sollevano una barriera di pregiudizi e sguinzagliano ogni strumento - da quello giudiziario, a quello mediatico e di piazza - che paralizza e blocca ogni iniziativa).
In Italia non c'è continuità e stabilità nell’azione legislativa ed esecutiva e, per la mancanza delle riforme, si insedia l'opacità degli apparati burocratici e si moltiplicano gli abusi.
Contano solo le caste e gli apparati del controllo e della gestione pubblica, con le istituzioni schierate, i sindacati compiacenti, la magistratura in deriva politica, l’euro-tecnocrazia ed i poteri economico-finanziari.
I partiti e gli uomini di governo rinnegano senza vergogna gli impegni presi con gli elettori e con gli alleati di governo.
La Corte Costituzionale cassa a ripetizione le leggi scomode ai burocrati ed ai poteri dello Stato, come è stato per i tagli a chi percepisce stipendi esagerati.
Le elezioni sono diventate farse e i cittadini sono solo comparse di una commedia che ha una trama sempre uguale.
I contribuenti italiani sono spremuti come limoni, a beneficio di chi vive negli agi e di chi delinque nei modi e negli spazi del "politicamente corretto".
Accade così, ad esempio, che un manipolo di pensionati - uomini ancora attivi che continuano a lavorare e ad incassare danaro per consulenze, collaborazioni e consigli di amministrazione - costi 13 miliardi l'anno dei contributi dei nostri lavoratori.
Se questo non è un Paese criminale! C'è chi arriva a percepire 91.000 euro AL MESE di pensione INPS e chi si suicida perché non ha mezzi economici per mantenere la propria famiglia o non può pagare una cartella esattoriale e l'erario gli pignora la casa.
In Italia, oggi più che mai dalla caduta del fascismo, è in discussione l'agibilità politica: è la magistratura che, spesso, stabilisce chi può candidarsi e chi può governare il Paese; ad ogni elezione si parla di brogli; il sistema del voto è da terzo mondo e si annullano i voti soprattutto di una sola parte politica.
Siamo messi davvero male!
Siamo alla fase dei prigionieri politici, come a Cuba o in Iran, come nei regimi autoritari, totalitari e repressivi. La situazione sta assumendo connotati così gravi da dover ipotizzare l’opportunità della presenza di OSSERVATORI INTERNAZIONALI, per garantire i cittadini italiani dalle manipolazioni e dai brogli.
C’è stanchezza per la politica e i pronunciamenti di democrazia e di legalità non fanno più presa, gli italiani sono così confusi e irritati da rigettarsi, senza riflettere, nelle furbizie dialettiche di un comico irriverente.  Mancano programmi precisi, corredati da provvedimenti legislativi a prova di parrucconi e di manipolatori.
Dietro chi si strappa i capelli per l'inviolabilità della nostra Costituzione, si nasconde spesso l'ipocrisia di chi continua a saccheggiarci ed a prendersi gioco di noi, e chi non vorrebbe cambiare nulla per il timore di perdere i propri vantaggi e di non poter continuare ad esercitare i propri abusi. Cambiare la seconda parte della Costituzione, invece, significherebbe solo cambiare l'architettura dei poteri e delle funzioni dello Stato, non mutarne i principi.
Senza le riforme, invece, continueranno ad imperversare quei grigi burocrati dediti solo ai propri interessi ed a trattare i cittadini italiani da sudditi idioti.
Vito Schepisi