24 luglio 2012

L'Italia va a gambe all'aria

Per mandare a gambe all’aria l’Italia, stiamo anche pagando chi ci prova. 
Avevamo già Fini, Casini e Bersani per fare il lavoro sporco, presi come sono dagli intrighi e dalle vendette, e avevamo anche Di Pietro e Vendola, il meglio della sciocchezza fatta sistema tra vera ignoranza e finta poesia. 
Tra i sicari della Nazione questi signori, principi dell’avventura politica, avevano già acquisito un buon punteggio. Dove, fino ad ora, hanno messo mano e bocca, hanno già prodotto il loro buon quoziente di guai. Rappresentano già, ciascuno per proprio conto, la parte più ambigua, e spesso più mortificante, della politica intesa come mestiere. 
Transfughi, voltagabbana, deliranti, imbonitori, moralisti, forcaioli, ambiziosi, intolleranti, ambigui, velleitari, ignoranti, trasformisti e poeti. 
Mancavano solo i navigatori, se avessero cooptato il comandante della Costa Concordia, drammaticamente naufragata in piena area radical-chic, sulle coste dell’isola del Giglio, sarebbero stati al gran completo. 
Il Presidente Napolitano non si fidava di questi signori neanche come titolari dell’impresa di demolizioni “sfasciamo l’Italia”? 
Temeva che lasciandoli fare avrebbero fatto fallire anche questa impresa? 
O temeva che avrebbero sparso per il Paese tutti i residui dello sfascio e tutto il pattume prodotto, infastidendo le delicate narici dei “politicamente corretti”? 
Per il Presidente Napolitano, forse, Monti ha più stile europeo e appare più cinico e freddo?
Una spiegazione deve esserci se il Presidente della Repubblica, già erede di un’ideologia politica e di un partito falliti, senza rivolgersi direttamente alla manovalanza già a sua disposizione, ha scelto il bocconiano per affossare l’Italia. 
O forse ancora temeva che anche i demolitori di lungo corso sarebbero subito entrati a loro volta in conflitto con la casta giudiziaria, a lungo ed irresponsabilmente coltivata? 
Chi tira le fila, oramai, non si accontenta più di scegliere chi può e chi non può governare in Italia. Dopo aver mandato in avanscoperta i primi emissari, e dopo aver percepito l’indifferenza del popolo alla dittatura giudiziaria, finanziaria, monetaria, lobbistica, affaristica, la casta vorrebbe scendere in campo con le sue truppe e gestire in proprio anche la funzione esecutiva e trasformare il Parlamento in un luogo di uomini timorosi, ricattati e ridotti a maschere ubbidienti dell’ipocrisia democratica. 
Per mandare a gambe all’aria l’Italia ci siamo rivolti a chi aveva già occupato lo spazio delle banche, della finanza e della burocrazia. L’aveva già occupato per traghettare il Paese nella confusione più totale, discostandolo da tutti i principi più logici dell’impresa, del mercato, dei diritti, delle libertà, dei doveri, delle garanzie e della stessa democrazia. 
L’Italia è l’unico paese europeo in cui il metodo consolidato dell’equilibrio tra i diversi interessi economici e sociali non esiste: tutto è sbilanciato. Ed è l’unico Paese europeo in cui la volontà del popolo non conta un cavolo. Non ha mai contato un beneamato cavolo di niente. Il palazzo ha sempre fatto e disfatto a suo piacimento. Ed è per questo che siamo nei guai! 
E’ anche l’unico Paese nel mondo occidentale in cui la funzione esecutiva può essere condizionata da quella legislativa e giudiziaria, oltre che da tutti i poteri istituzionali. 
Vincere le elezioni in Italia non serve a niente, se non si hanno dalla propria parte i magistrati ed i vertici istituzionali, e se non si ha nessuno strumento perché il rapporto parlamento-elettori sia corretto. Basterebbe, ad esempio, solo la sfiducia costruttiva, come in Germania, per evitare che il Parlamento si trasformi, come invece accade troppo spesso, in un “mercato delle vacche”. 
L’interprete principale di questo intrigo ci lascia una disgustosa impressione. Ma anche ciò che è successo rilascia agli italiani un cattivo insegnamento, come l’idea che contino più la violenza (che non è soltanto quella fisica), la vendetta, l’intrigo, la viltà e l’inganno, che non la democrazia ed il rispetto del popolo e delle espressioni della loro volontà. 
Per mandare a gambe all’area l’Italia stiamo anche pagando con l’incarico oneroso più anacronistico, quello di senatore a vita in un Parlamento forte già di un migliaio di deputati e senatori. 
Anche questo è un sintomo di una vita pubblica vissuta al di sopra delle nostre possibilità.
Vito Schepisi 

21 luglio 2012

Il Governo in confusione



L’impressione che si ha è che il governo sia in confusione. 
Nei giorni scorsi nella compagine governativa è emersa la proposta di sopprimere gli aiuti alle imprese, per destinare quei fondi alla riduzione del cuneo fiscale. La questione è stata accantonata perché il Governo pensa che i tagli debbano, invece, servire per evitare l’aumento dell’IVA. 
Gli aiuti di Stato alle imprese, però, sono stati cancellati. Sono fuori dal “Regolamento” europeo e sono sanzionati. Ciò che è ancora consentito è il sostegno alle PMI per gli investimenti in tecnologie e formazione. Pensare agli sgravi fiscali e rinunciare a ricerca, formazione e innovazione non mi sembra una soluzione equilibrata per favorire lo sviluppo.
Ciò non toglie, però, che la pressione fiscale sia insostenibile. Nessun Paese può pensare alla crescita, con un carico fiscale di questo tipo; mentre nessuna attività produttiva può pensare di svilupparsi contando sui consumi delle famiglie gravate da un eccessivo prelievo fiscale. 
Eppure la pressione fiscale deve allentarsi. 
Eppure il debito pubblico deve essere fermato. 
Eppure gli investimenti sono necessari. 
Eppure l’occupazione è una spina nel fianco per la pace sociale. 
Eppure il divario nord-sud, soprattutto per i servizi, deve essere colmato. 
Eppure la crescita è un requisito essenziale per un sistema economico di libero mercato. Sono troppi gli “eppure”, ma anche troppa è la “fantasia” improduttiva del governo, dei partiti e delle parti sociali. 
Se un calcolo è sbagliato l’ingegnere non ci mette una pezza per mettere in sicurezza un edificio, perché sa che quel palazzo prima o poi cederà. La “fantasia” in certe cose serve a poco. Ci vuole saggezza, responsabilità e consapevolezza. L’edificio Italia ha moltissimi difetti di costruzione. La riprova ne è che sta cedendo. 
E’ strutturato male, ad esempio. Ad iniziare dall’organizzazione complessiva dello Stato. Concepito più per impedire al popolo di contare qualcosa, piuttosto che alla democrazia di prevalere imbrigliandola, per giunta, nella burocrazia ancora più oscurantista e feudale. Quale fantasia allora? 
Torniamo a sviluppo-fisco-lavoro. La questione non è soltanto nel reperire risorse per ridurre la pressione fiscale, per altro terapia necessaria, ma anche sollecitare gli investimenti nel “made in Italy”. 
Il mercato del lavoro deve essere liberalizzato, garantendo solo regole certe e giustizia, cautelando i lavoratori dagli abusi, non dalle strategie produttive. 
La riforma Fornero lascia, invece, le cose come stavano, anzi irrita ancor più chi nelle liberalizzazioni aveva sperato: non in quella delle farmacie e dei tassisti, vero falso problema e fumo negli occhi di stampo bersaniano. 
Questo Monti che si “coccola” e scimmiotta Bersani è inguardabile! 
Cosa c’entra lui (Monti) con le cooperative ed il loro sistema di sostituirsi alle libere attività produttive e commerciali, scontando misure fiscali agevolate? 
Questo Stato, però, così mal strutturato costa tantissimo. 
Solo la sanità subisce costi (per corruzione, inefficienze, disorganizzazione e sprechi) pari a 39 miliardi di euro l’anno. Ma quanto ci costa ancora tutto l’apparato burocratico dello Stato? Quanti dirigenti e manager sono messi là solo per meriti “politici” o per fare gli interessi delle lobbies? Quanto ci costa il controllo e l’intercettazione sistematica di milioni di cittadini italiani, e quanto i controlli leciti e illeciti dei servizi? Quanto ci costano le consulenze in Italia? Quanto le società partecipate che nel passato (e nel presente?) hanno creato fondi neri per finanziare e sostenere i “padrini” politici? Quanto le megalomanie, le spese di rappresentanza, gli sprechi e i lussi dei pubblici amministratori e dei manager pubblici? Quanto ci costano le leggi fatte male che creano lunghe disquisizioni legali per la loro interpretazione e tante abilità tecniche per aggirarle? 
Mi sarebbe piaciuto per un mese prendere il posto di Enrico Bondi per tagliare (anche le mani e le gambe figurativamente) le carriere di tanti inutili personaggi. 
Penso che in Italia sia possibile da subito tagliare spese per 50 miliardi l’anno. Una tale cifra messa integralmente a disposizione per l’abbattimento del cuneo fiscale (ritorno al 20% dell’Iva, riduzione delle aliquote irpef, abolizione dell’IMU sulla prima casa, abbattimenti fiscali - 3 anni - alle nuove imprese, incentivazione a quelle costituite da giovani e da donne) sarebbe capace di far ripartire il sistema produttivo-commerciale dell’Italia. E poi, con calma, senza svendere, dismettere il patrimonio pubblico inutilizzato, per abbattere parte del debito pubblico. Il suo ammontare è, infatti, insostenibile. 
Il debito pubblico pari al 120% del PIL è, infatti, come una sindrome da mancanza di difese immunitarie: crea tempeste anche con un leggero soffio di vento. 
Vito Schepisi

10 luglio 2012

Lo sterminio delle idee e della libertà dei popoli


A volte ci capita di pensare che tutto sia ineludibile.
Non è vero!
Ci siamo cacciati in un guaio solo perché chi ci ha portati faceva parte del guaio.
Le cose cambiano a ritmo sempre più veloce, e si pensa che non ci si possa fermare.
Anche questo è falso! Bisogna solo capire cosa s’intende per fermarsi - Certo che la volontà di chi ha pensato che l'Europa fosse una civiltà da consolidare in un convergente intento socio-politico con vocazione economico-commerciale e con una complessiva visione strategica di aree d’influenza è andata delusa - Bisogna fermare l’equivoco!
La soluzione è nel capire che ci sono stati degli errori e che si è continuato a commetterli, ben sapendo che fossero errori. 
Nessuno poteva pensare che l’aumento congiunto di spesa pubblica e di debito sovrano potesse andare a vanti fino all’infinito.
I debiti si pagano!
E se non si pagano, c’è anche chi ne approfitta per speculare sul fallimento di chi non paga.

Gli speculatori finanziari colpiscono:
1) i governi deboli;
2) le politiche deboli.
I Governi incapaci, invece, dinanzi alle difficoltà, intervengono con le tasse a tamponare le falle, quando la soluzione, invece, sarebbe sviluppo e lavoro. Per tamponare le falle, invece, si taglia il superfluo e, fin dove è possibile, le spese.
Non è vero, ad esempio, che democrazia significhi mille centri direzionali, per le scelte e mille centri di spesa in più, soprattutto se producono immobilismo e se paralizzano le attività necessarie. 
La malattia di tutte le società libere è la burocrazia e l'Italia si è rivolta alla burocrazia per dar esito alle sue difficoltà (politiche).
Ora com’è possibile pensare che la burocrazia elida se stessa?
La convinzione di tanti è che questo treno su cui siamo saliti si fermi all'interno dei "campi", come succedeva per lo sterminio fisco degli ebrei e dei "diversi" ad opera dei nazisti. Questa volta lo sterminio non è degli uomini, ed in modo brutale, ma è delle idee e delle nostre libertà di popoli europei.
Questo Governo poteva giovarsi della sua ampliata forza parlamentare, non per tassare, né per stroncare i diritti dei giovani che si affacciano nel mondo del lavoro, ma per tagliare le spese, poteva farlo attraverso l'intervento di leggi anche di natura costituzionale.
Doveva, invece, provvedere a favorire gli investimenti italiani e stranieri attraverso la liberalizzazione del mercato del lavoro.
Non è stato fatto!
Questo Governo doveva andare in Europa, trovando alleanze - che ci sono - per battere i pugni sul tavolo e per gridare che non c'è spazio per i furbi e per gli eurocrati nell'Europa dei popoli.
Doveva invocare l'Europa libera delle donne e degli uomini, prima che quella dei banchieri.
Ma è capitato che questo Governo sia quello voluto dalla Merkel e da un furbo signore che ha obbedito agli ordini del suo vecchio partito di ex, post e neo comunisti per abbattere (a tutti i costi) chi da 18 anni ha impedito loro di assumere i pieni poteri in Italia.
Le complicità sono misteriose, ma ci sono state, dentro e fuori la vecchia maggioranza.
E' capitato ora che questo governo sia l'espressione delle banche, della finanza e dei burocrati, cioè di quell'apparato dominante che è contro l'Italia delle donne e degli uomini liberi.
E’ composto da quell'apparato che per egoismo, incapacità, cinismo e convenienza, con la complicità della politica lobbista e corrotta, e delle istituzioni compiacenti, ha già saccheggiato il Paese.
Vito Schepisi